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EUROMED, NATO, DIFESA EUROPEA. LE PRIORITA' DELLA POLITICA ESTERA FRANCESE

Per Nicolas Sarkozy il rilancio della Unione Europea è una priorità assoluta della politica estera francese

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Simona Bonfante

Il 1 luglio prossimo la Francia assumerà la Presidenza del Consiglio europeo.
“La costruzione dell'Europa sarà la priorità assoluta della nostra politica estera” –  dichiarava a Parigi, il Presidente Nicolas Sarkozy, il 27 agosto 2007, in occasione di un seminario di preparazione della Presidenza francese. “Senza un'Unione europea forte e attiva – ragionava il Capo dello stato – la Francia non potrà fornire risposte efficaci alle sfide della nostra era. Senza un'Europa capace di assumere il ruolo di potenza, al mondo verrebbe meno uno dei poli necessari all'equilibrio.” Per Sarkozy, dunque, il rilancio della Ue è una priorità assoluta della politica estera francese. Già all'indomani dell'investitura presidenziale, in occasione del vertice europeo – ancora sotto presidenza tedesca – preliminare all'approvazione del Trattato semplificato, il Capo dello Stato giocò un ruolo decisivo al raggiungimento del compromesso tra i 27 che, poche settimane dopo, portava alla sottoscrizione del Trattato di Lisbona, con il quale è stata issata la nuova impalcatura istituzionale che la grande espansione ad est del 2004 aveva reso una priorità assoluta per il governo della grande Europa.

“Finalmente uscita dal blocco del cantiere istituzionale che durava ormai da 10 anni – osservava ancora Sarkozy – è giunto il momento di porre la questione del futuro del progetto europeo.” Per il Presidente francese, “la questione è semplice ma essenziale: quale Europa nel 2020-2030 e con quale missione?”.
Per rispondere al dilemma, la Francia propone allora l'istituzione di un comitato di saggi con l'incarico di elaborare un progetto da presentare al nuovo Parlamento ed alla nuova Commissione, che si insedieranno dopo le elezioni europee del 2009.  Se l'Europa dei 27 saprà essere in grado di definire il proprio ruolo e di darsi una missione – sosteneva, appena eletto, il Capo dello Stato - la Francia potrebbe non opporsi al proseguimento dei negoziati con la Turchia.

Superata la crisi istituzionale, all'Europa è insomma oggi affidata la responsabilità di ripensare la propria missione. Definire gli obbiettivi e le priorità strategiche della nuova UE significa tracciare il destino degli stati membri, data la sempre maggiore integrazione della politica dei singoli paesi all'interno dello spazio comune, e – più in generale – delle politiche nazionali all'interno dello spazio globale. La Francia è un anello cruciale della catena europea. Lo è sin dalla fondazione delle prime Comunità europee ed ha continuato ad esserlo, nei decenni successivi, grazie ad un asse rafforzato con la Germania che ha circoscritto ai due grandi dell'Europa continentale, il baricentro della politica e dell'economia del vecchio continente. Una leadership incontrastata, quella franco-tedesca, che si mostrata funzionale agli assetti del mondo bipolare ed ai suoi equilibri economici e politici. In questo senso, non vi è mai stata ambiguità: l'Europa ha rappresentato la frontiera dell'universo occidentale, libero e capitalista, in opposizione ad un Est euro-asiatico dominato dall'impero sovietico.
Questo assetto europeo ha avuto ragione sino al 1989.

La caduta del Muro e tutto ciò che, in termini geopolitici, ne è conseguito, ha reso necessaria la revisione dei ruoli all'interno dell'Unione europea, oltre che urgente la ri-definizione della stessa missione della Ue. Nell'ultimo decennio, tuttavia, Parigi e Berlino, sotto la guida di Jacques Chiarc e
Gerhard Schroeder, hanno preferito conservare l'Europa nella cella frigorifera della storia, piuttosto che favorirne l'evoluzione come soggetto politico capace di andare incontro ad un futuro sempre più globale e multipolare.

Ben consapevole della necessità “storica” di rifare l'Europa e, attraverso essa, dare alla Francia la chance di ritornare a farsi attore globale strategico, il Presidente Sarkozy ha investito sulla rilancio dell'Europa. Le parole chiave di questa piattaforma geopolitica sono Difesa e Unione mediterranea.
La traiettoria che la Francia intende impartire alla nuova Europa passa imperativamente per la costruzione di un sistema di difesa europeo, autonomo ma sinergico alla Nato, dunque agli Usa. “Per la Francia - spiega il Primo Ministro francese, François Fillon - una Nato rinnovata è compatibile con un'Europa della difesa rinforzata.”. “A Bucarest, sotto l'impulso di Nicolas Sarkozy – continua il Premier all'Assemblea Nazionale, convocata l'8 aprile scorso, all'indomani del vertice dell'Alleanza Atlantica, per il voto sulla mozione di sfiducia promossa dall'opposizione socialista - la Nato e gli Stati Uniti hanno riconosciuto, per la prima volta, l'apporto che rappresenterebbe una difesa europea più forte ed efficace. La Francia si batte per una Nato più leggera, più flessibile, la cui forza militare possa essere mobilitata dall'Unione europea. In quest'ottica – prosegue Fillon – la Francia contribuisce alla redazione di una piattaforma strategica che sarà discussa nel corso del prossimo vertice Nato, organizzato congiuntamente da Francia e Germania nel 2009, a Strasburgo e Kehl.”

A dieci anni dagli accordi di Saint-Malo che posero le basi dell'accordo europeo sulla difesa, l'Unione ha dimostrato di poter giocare un ruolo cruciale per la sicurezza mondiale, impegnando le proprie forze in diverse aree di crisi, dall'Africa, al Vicino Oriente, all'Asia. “Questi interventi – ragiona Sarkozy innanzi agli ambasciatori di Germania e Francia – provano che non c'è competizione, bensì complementarietà tra Nato e Unione.” Tuttavia, se la difesa europea non è divenuta un sistema integrato ed autonomo, la ragione è semplice “e non è nuova” – conviene il Capo del governo francese. “Per i principali partner europei – osserva Fillon – un passo avanti verso l'Europa della difesa, è un passo indietro dalla Nato. È questa preoccupazione che ha impedito sino ad ora di progredire.” È proprio per questo che il Presidente della Repubblica ha deciso di riformulare la piattaforma della politica estera francese sulla linea di un'integrazione tra difesa europea e Alleanza Atlantica. “Ed è su questa linea che - ragiona ancora il Capo dell'esecutivo francese – il Presidente si è sforzato di creare le condizioni di una partnership più stretta con il Regno Unito, e di presentare al vertice Nato di Bucarest un impegno concreto: la Francia rinnoverà la sua relazione con la Nato a condizione che la difesa europea faccia seriamente dei progressi.”

Il concetto-chiave della teoria francese del rilancio della difesa europea, è la responsabilità che gli europei devono imparare ad assumersi per garantire la propria sicurezza e la stabilità nel mondo. “Per questo - insiste Sarkozy – abbiamo bisogno prioritariamente di rafforzare la nostra capacità di pianificazione e di gestione delle operazioni; di sviluppare nuovi programmi e razionalizzare gli armamenti di cui già l'Europa dispone; e che ciascuno, in Europa, si assuma il proprio compito per la sicurezza comune.” In sostanza, è necessaria una “nuova strategia europea della difesa”. Ed è questo uno degli obbiettivi che si pone la prossima Presidenza francese del Consiglio europeo. Da parte sua, la Francia contribuirà al progetto con l'elaborazione di un “libro bianco” che costituirà la base dei negoziati tra i partner europei.

Ma la partita sulla difesa può in parte considerarsi già vinta. Nella visita di stato compiuta a Londra lo scorso marzo, Sarkozy ha incassato l'ok del Primo Ministro, Gordon Brown, che rappresenta lo stato europeo che, con la Francia, conta i due terzi del budget totale della difesa europea. Con la Gran Bretagna e la Germania, la Francia si pone dunque l'obbiettivo di vincere le resistenze degli Usa ottenendo la disponibilità ad avallare il rilancio della difesa comune, “per la sicurezza del mondo occidentale”. “Sono convinto – ha dichiarato Sarkozy - che gli Usa siano ben consapevoli che è loro interesse che l'Unione europea unisca le proprie forze, razionalizzi le sue capacità, in breve, che organizzi la propria difesa.”

È per allentare le riserve degli Usa, di cui la Francia è “innanzitutto amica, alleato indipendente, e partner libero” (secondo la definizione data dallo stesso Presidente della Repubblica nel suo intervento al Congresso degli Stati Uniti, il 7 novembre 2007), ovvero per dimostrare la capacità della Francia di assumersi fino in fondo la responsabilità di impegnarsi sul terreno militare, anche sui teatri più ostili, che Sarkozy ha approvato l'invio in Afghanistan, nell'area di Kabul, di un contingente di 700 militari francesi che, dalla prossima estate, affiancherà i 1600 soldati francesi e le forze canadesi già presenti nel sud del paese. Un impegno, questo, che il Presidente si è assunto, nonostante la promessa fatta in campagna elettorale per il ritiro del contingente, e la contrarietà di parte della sua stessa maggioranza, dell'opposizione socialista e di una fetta rilevante dell'opinione pubblica nazionale.
“Dalla fine del 2006 – ha tuttavia spiegato il Primo Ministro all'Assemblea nazionale – la situazione in Afghanistan si è aggravata. Si sono allora moltiplicate le sollecitazioni dei nostri alleati per dare supporto al dispositivo militare.”

La Francia tuttavia non rinuncia a porre condizioni precise al rafforzamento della sua partecipazione sul terreno di guerra. Lo ha fatto, lo scorso 26 febbraio, lo stesso Presidente della Repubblica, in una lettera inviata agli alleati della Nato, in cui si legge che la Francia subordina la propria partecipazione alle operazioni di guerra a: “l'adozione di una strategia politica condivisa; la conferma, da parte degli alleati, della loro determinazione a mantenere le proprie forze nel tempo; un maggiore coordinamento delle forze civili e militari sul campo; il rafforzamento della formazione delle forze di sicurezza afghane al fine di permettere una vera “afghanistanizzazione” della sicurezza del paese, che disegni l'autonomia dello stato afghano e dunque l'orizzonte del nostro ritiro.”  
Ecco allora che la Francia nella Nato diventa non solo un segnale di avvicinamento agli Usa, ma una risorsa per il rinnovamento dell'Alleanza, con l'obbiettivo di restituirle il ruolo di strumento del diritto internazionale e non di mezzo per la legittimazione dell'interventismo unilaterale. È una Francia che ambisce a porsi alla guida di un nuovo euro-atlantismo, quella che si accinge ad inaugurare la Presidenza del Consiglio dell'Unione europea. L'iniziativa internazionale francese - elaborata sulla base di una strategia di ri-definizione del suo ruolo di attore globale – contribuisce a rendere il semestre che avrà inizio il primo luglio prossimo una fase decisiva per gli orientamenti futuri dell'Europa. Della strategia francese, infatti, l'Europa rinnovata e forte è un asset cruciale.

In questo senso, le priorità della Presidenza francese sono state concentrate in quattro aree: l'immigrazione, l'energia, l'ambiente e la difesa. Nel corso del semestre, Sarkozy rinnoverà presso gli alleati europei l'idea di un “patto europeo per l'immigrazione” fondato sul principio del contrasto all'immigrazione di massa e dell'armonizzazione delle politiche nazionali sulla concessione del diritto d'asilo. Per quanto riguarda la questione energetica e l'obbiettivo dell'autonomia, la Francia sosterrà la promozione del nucleare, anche nell'ottica della riduzione delle emissioni nocive delle fonti convenzionali. Coerentemente, sul fronte ambientale, la Presidenza francese sosterrà la promozione di misure attive per lo sviluppo della ricerca e delle tecnologie ambientali, favorendo al contempo l'implementazione di politiche fiscali che premino le scelte ecologiche. Sul piano della difesa, il semestre francese si focalizzerà sulla revisione, al rialzo, del budget europeo destinato alle forze militari comuni, ed il rafforzamento del dialogo con i paesi emergenti e i partner dell'Unione mediterranea.

Tra i dossier che la Francia ha l'ambizione di riaprire, il più sensibile è quello che riguarda la PAC. Per Sarkozy è rischioso attendere il 2013 (il rinvio della revisione della Pac fu il compromesso raggiunto sotto la Presidenza di Tony Blair), per riprendere in mano la riforma del sistema di finanziamento della Politica Agricola Comune. La Presidenza francese intende allora porre all'attenzione dei partner europei la necessità di intervenire subito, alla luce dell'emergenza alimentare scoppiata così vistosamente negli ultimi mesi, e delle priorità ambientali condivise dagli Stati membri.

Resta da capire come la Francia intenderà gestire la crisi sino-tibetana, divenuta “scottante” a seguito delle manifestazioni contro la fiamma olimpica organizzate dalle organizzazioni umanitarie parigine, a cui la Cina ha reagito con il boicottaggio delle imprese francesi. La questione è all'attenzione di Parigi proprio in queste ore. Ma la cautela – come si dice in questi casi - è d'obbligo. Sarkozy, infatti, non può permettersi oggi di assumere nei riguardi di Pechino una posizione non condivisa dai partner europei. Rischierebbe infatti di pregiudicare il buon esito della Presidenza francese cui, in gran parte, sono invece legate le ambizioni della Francia come nuovo attore globale.






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