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Da Cuba al Venezuela alla Cina, Mosca ridisegna i confini anti-Usa

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Simona Bonfante

In risposta all'installazione del sistema americano di difesa missilistico in Europa, la Russia sarebbe pronta a dispiegare a Cuba dei bombardieri capaci di trasportare armi nucleari. La notizia, non smentita, è stata riportata dal quotidiano moscovita Izvestia. Altro motivo di allarme, lanciato questa volta dal Washington Times, la vendita di armi al Venezuela, sancita dall'accordo siglato nei giorni scorsi a Mosca tra il Cremlino e il Presidente Hugo Chavez. Entrambe le mosse sono considerate controffensive di Mosca al sistema di difesa anti-missile che gli Usa si accingono a installare in Repubblica Ceca. Il New York Times aggiunge un ulteriore tassello al mosaico della politica estera russa, dando notizia della decisione del primo ministro, Vladimir Putin, di ripristinare l'erogazione di petrolio alla Repubblica Ceca, interrotta proprio all'indomani dell'accordo degli Usa con Praga. E ancora, mentre il Moscow Times dà la notizia dello storico accordo tra Mosca e Pechino sulla linea di confine, da sempre teatro di scontro tra i due paesi, in un commento sul Guardian, Max Hastings osserva come la collaborazione tra Occidente e Russia debba ormai essere considerata un'ipotesi irrealistica.

Sebbene alcuni esperti russi indipendenti minimizzino, notando come Medvedev e Putin siano molto più aggressivi a parole che nei fatti e come stiano adottando una mera tattica di intimidazione psicologica, i dubbi sulle reali intenzioni del Cremlino permangono. Infatti, lo scorso anno l'allora presidente Putin aveva nuovamente autorizzato i pattugliamenti su scala mondiale dei bombardieri strategici russi, decisione non revocata dal suo successore. Aerei da guerra della Nato continuano il monitoraggio dei percorsi dei bombardieri di Mosca, che si sono spinti sovente a lambire lo spazio aereo di diversi Paesi membri dell'alleanza.

L'intraprendenza russa non si ferma qui. Il 22 luglio, il Presidente venezuelano, Hugo Chavez, ha siglato a Mosca un nuovo accordo per l'acquisto di armi russe, tra cui sottomarini ed elicotteri. La vicenda, che suscita l'irritazione degli Usa, viene interpretata come una reazione del Cremlino alla presenza americana in Repubblica Ceca. Con questa mossa, i russi intendono inoltre dimostrare che esiste ormai un mondo multipolare, spiega il professor Michael Shifter della Georgetown University's School of Foreign Service al Washington Times.

Chavez sembra in particolare bisognoso di affermazioni roboanti sullo scenario internazionale, prosegue Shifter. Infatti, l'uomo che propone un'alternativa socialista all'egemonia americana in America Latina, rischia di rimanere oscurato dalla crescita economica di Brasile ed Argentina ed ha subito una sostanziale sconfitta personale in seguito alla liberazione di Ingrid Betancourt, portata a termine dalle forze di sicurezza colombiane senza il contributo, che pareva essenziale, del presidente venezuelano.Di conseguenza, la sponda russa giunge  quanto mai gradita per Chavez. Secondo la pubblicazione venezuelana El Universal, Caracas è interessata a rafforzare l'alleanza strategica con la Russia a livello politico, economico, tecnologico e militare. Il Venezuela, forte della bonanza petrolifera, aspira forse a diventare la Cuba del ventunesimo secolo per potersi muovere spregiudicatamente nel contesto di nuova Guerra Fredda?

A conferma dell'impressione che lo spirito ottimistico del vertice Nato tenuto in aprile a Bucarest si stia progressivamente affievolendo, si riaccende la polemica tra Usa e Russia sul sistema di difesa missilistico in Europa. L'8 giugno il segretario di Stato Condoleezza Rice è volata a Praga per concludere un accordo sulla difesa anti-missile con la Repubblica Ceca.  Il giorno dopo le forniture russe di petrolio alla Repubblica Ceca sono state sensibilmente ridotte a causa di un “problema tecnico”. Un livello di erogazione che si è mantenuto costante per oltre un mese, sino a quando il premier russo Putin ha deciso di dare istruzioni perché venisse ripristinato il flusso normale. L'episodio è solo l'ultimo di una lunga serie di ricatti energetici a fini politici messi in atto dal Cremlino rispetto agli ex satelliti recalcitranti. Praga, relativamente indipendente dalle forniture russe, ha sinora saputo fronteggiare le pressioni schierandosi con decisione nel campo occidentale.Diversa la situazione della Polonia. I colloqui polacco-statunitensi rimangono in stallo. Gli Usa cercano di premere sulla Polonia perché accetti l'installazione della base radar anti-missile, ed è per questo che hanno ventilato l'ipotesi di un'alternativa lituana. Ma a Mosca questa prospettiva non piace. I russi accusano Washington di amplificare ad arte la minaccia iraniana per avere il pretesto per costruire un sistema anti-missilistico in Europa, in grado di controbilanciare il deterrente nucleare di Mosca. Washington replica fermamente, ribadendo che non spetta al Cremlino porre il veto alle scelte strategiche degli Stati Uniti e degli alleati.

Mentre le tensioni crescono sul fronte occidentale, la Russia regola le sue vertenze orientali con la Cina, riferisce The Moscow Times. Un passo coerente con la volontà dei due Paesi di trovare un modus vivendi che potrebbe presto trasformarsi in una convergenza strategica vera e propria. Mosca e Pechino hanno infatti siglato, il 21 luglio scorso, un patto di demarcazione dei 4300 km di confine comune alle due potenze eurasiatiche, un tema che per oltre tre secoli è stato causa di tensioni diplomatiche e di scontri militari .La Cina ottiene la restituzione di un'isola, nei pressi di Khabarovsk, ma secondo gli analisti è la Russia a ricavare dall'accordo benefici sostanzialei, poiché si assicura il rafforzamento dei confini orientali.

Del resto, il regolamento delle pendenze territoriali appare contestuale al cambiamento del tenore generale dei rapporti sino-russi negli ultimi anni. Dopo esser state caratterizzate da un aspra rivalità durante la Guerra Fredda, le relazioni tra Mosca e Pechino sono sensibilmente migliorate negli anni della presidenza Putin, in quanto le due potenze hanno scoperto di condividere un cruciale obbiettivo di politica estera, ossia contrastare l'influenza americana a livello globale ed in Asia Centrale in particolare.

In un commento per il Guardian, Max Hastings offre un'interpretazione realistica dell'evoluzione in atto, sottolineando come il grave vulnus del mondo occidentale verso la Russia sia l'incapacità di comprenderne sino in fondo le dinamiche interne. Molti analisti, politici e semplici osservatori continuano a ritenere che se vi fosse più democrazia la Russia sarebbe un paese migliore e meno ostile nei confronti di Washington e Bruxelles. Ma in realtà è proprio la democratica volontà popolare che rende forte la leadership di un uomo come Putin. Egli seguita a godere del supporto di una vastissima maggioranza della popolazione, proprio perché incarna le ambizioni ed il sentire profondo dei russi. Ambizioni difficilmente conciliabili con gli interessi a medio-lungo termine di Europa e Stati Uniti. Il cambio al vertice alla Casa Bianca non modificherà in alcuno modo lo stato delle cose. Anche se Barack Obama divenisse presidente, con la sua promessa di rottura con la stile dell'amministrazione Bush, è improbabile che l'epidermica ostilità dei russi verso l'America possa improvvisamente convertirsi in amicizia.

La speranza nella possibilità di cooperazione degli anni novanta, l'epoca della diplomazia dei sorrisi di eltsiniana memoria, deve ormai considerarsi definitivamente tramontata. Tutto ciò al quale si può aspirare ottimisticamente è una relazione costruttiva. Più realisticamente, si preparano decenni di tensione, come naturale conseguenza di interessi geostrategici divergenti. A dar forza a Mosca, la disponibilità di attori emergenti (la Cina in primis) pronti a condividere con il Cremlino l'obbiettivo di edificare un contrappeso politico, economico e strategico alla decadente superpotenza americana ed ai suoi ondivaghi alleati europei. Il progetto dell'asse Mosca-Pechino, corroborato da puntelli regionali come Caracas e, forse, Teheran e concepito per erodere la traballante egemonia globale degli Stati Uniti, appare minaccioso sin dalla sua fase embrionale ed ha la forza propulsiva per sovvertire rapidamente gli equilibri che reggono l'ordine mondiale dalla fine della Seconda Guerra mondiale.







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