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Vanessa Rossi, Chatam House, 22 maggio 2009,

Da quando la crisi ha investito il sistema finanziario globale, i media e gli uffici statistici delle maggiori organizzazioni internazionali hanno insistito nell'indicare l'economia britannica e la sterlina come le vittime principali del dissesto. Una percezione diffusa, che nessuno (nemmeno a Londra) si è preoccupato di contestare, sebbene non sia affatto rispondente alla realtà delle cose. Alla stragrande maggioranza degli osservatori internazionali non sembra interessare che altri Paesi stiano vivendo difficoltà analoghe alla Gran Bretagna e che la sterlina, dopo essere crollata, si stia lentamente risollevando.

Secondo le ultime rilevazioni, relative al Giappone e alla Germania per esempio, risulta evidente come la Gran Bretagna abbia abbandonato l'ultima posizione nelle varie classifiche che misurano le performance economiche nazionali. Ma queste nuove evidenze vengono perlopiù ignorate. Il fatto più sorprendente, ripetiamo, è che all'interno del Paese non si faccia nulla per contrastare una percezione diffusa, ampiamente falsa e soprattutto pericolosa. Così facendo si mette a rischio il rating (valutazione AAA) di Londra sui mercati finanziari. E tutto questo mentre gli altri Paesi investiti dalla crisi lottano (comprensibilmente) per salvaguardare la propria immagine, snocciolando ad arte dati economici edulcorati e tentando di celare le debolezze e le fragilità del loro sistema creditizio e produttivo. Il ragionamento è semplice: non aggiungere motivi di inquietudine ad una situazione oggettivamente precaria, con l'obbiettivo di rilanciare la fiducia e l'ottimismo.

Pur riconoscendo la gravità e la profondità della recessione nella quale il Paese è sprofondato, è tempo di delineare un quadro più realistico delle condizioni in cui versa l'economia britannica. La vulgata che raffigura Londra come il grande malato d'Europa deve essere confutata nell'interesse dell'accuratezza delle analisi economiche e della stessa ripresa europea e mondiale.

La verità  è che la Gran Bretagna è entrata nella spirale recessiva con un debito pubblico tra i più bassi tra quelli delle economie avanzate (Usa, Germania, Giappone e Francia). Quest'anno il governo britannico deve fronteggiare un deficit nel settore pubblico pari al 10-15% del Pil nazionale, paragonabile alla situazione statunitense. Un disavanzo grave, ma non clamoroso se paragonato alla media europea. Con questo non si vuole sostenere che le finanze britanniche siano stabili e solide in termini assoluti. Dobbiamo considerare che stiamo attraversando una recessione di dimensioni globali che prefigura una ripresa economica lenta e dolorosa. Appare più ragionevole giudicare la Gran Bretagna in termini relativi: su queste basi le prospettive britanniche, sia per quanto riguarda la crescita del Pil che lo stato delle finanze pubbliche, invitano ad un moderato ottimismo.

Nel breve termine, insistere sull'imminente crollo del sistema britannico potrebbe far comodo a qualcuno, ma sul lungo periodo, demolire la credibilità di Londra non converrà a nessuno. Il ridimensionamento della City potrebbe creare un vuoto difficile da colmare nel cuore del Vecchio continente. Non vi è che da augurarsi che questa consapevolezza si diffonda sia a Downing Stereet che nelle altre capitali europee.
 

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