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Stratfor, 8 aprile 2010,

Il secondo trimestre del 2010 sarà caratterizzato da tre tendenze globali di fondo. Gli Stati Uniti cercheranno un nuovo approccio verso l'Iran e dimostreranno una maggiore determinazione nelle dispute economiche che li vedono contrapposti alla Cina. Dal canto suo, la Russia insisterà nel tentativo di ripristinare la sua sfera di influenza regionale nelle aree dell'ex impero sovietico, mentre l'Europa sarà impegnata nel preservare la stabilità delle fondamenta stesse della sua unione economica e politica.

All'inizio dell'anno, Stratfor, oltre a una particolare attenzione alle ripercussioni della crisi economica globale, aveva concentrato le sue analisi su due trend: l'espansione dell'influenza russa sulla sua periferia e la potenziale esplosione di una crisi intorno alla spinosa questione del nucleare iraniano.  Nei primi tre mesi del 2010, l'assertiva politica russa è proseguita, mentre una serie di eventi hanno fatto sì che le principali potenze rimandassero un serio confronto con l'Iran. Nel frattempo, le sfide per due giganti geopolitici come Europa e Cina sono cresciute di complessità.

Non più tardi di tre mesi fa, Israele sembrava aver esaurito la pazienza nei confronti dei tentativi iraniani di diventare una potenza nucleare e gli Stati Uniti parevano ampiamente d'accordo con l'alleato storico sulla necessità di imporre devastanti sanzioni all'Iran o addirittura di infliggere un colpo militare in grado di arrestare il programma nucleare di Teheran. In questo momento, Washington dimostra meno determinazione rispetto alle opzioni prefigurate e valuta la possibilità di prendere ancora tempo. Ciò non significa che l'Occidente si sia rassegnato a un Iran nucleare, quanto piuttosto che gli Stati Uniti non sono pronti ad accettare i rischi di un'altra guerra in Medio Oriente. Israele, da par suo, si sta rassegnano alla realtà dei fatti, ossia che non può fare completo affidamento sul suo principale alleato.

L'Iran si trova così in una posizione di forza, di fronte ai continui rinvii della comunità internazionale, ancora indecisa sulle proposte di nuove sanzioni. Nei prossimi tre mesi, gli Usa lavoreranno gomito a gomito con gli alleati regionali per isolare Teheran, pur continuando a mantenere aperta la porta del negoziato. L'Iran sa quanto sia difficile ottenere il suo obbiettivo geostrategico di fondo (ossia la decisione americana di "ritirarsi" dal Medio Oriente), ma sa anche di avere un vantaggio rispetto a Washington, dovuto alla sua abilità nell'influenzare pesantemente le dinamiche afghane e irachene. In queste condizioni, è difficile convincere l'Iran a fare delle concessioni. La crisi iraniana è lungi dall'essere finita e al momento non pare destinata ad avere una soluzione militare.

Le peripezie mediorientali non hanno distratto la Russia dal suo intento decennale: ricostruire la sua sfera di influenza nello spazio un tempo dominato dall'Unione Sovietica. In primo luogo, Mosca ha eliminato le barriere commerciali ed economiche con Bielorussia e Kazakhstan. Inoltre, le elezioni ucraine hanno formalmente portato al potere un governo filo-russo, permettendo a Mosca di estendere la sua influenza su un territorio considerato parte integrante del suo sistema di sicurezza nazionale. In questo modo, la Russia potrà procedere con maggiore tranquillità al consolidamento della sua influenza in Kazakhstan, Bielorussia e Ucraina, senza tralasciare la Georgia e altri Stati dell'ex blocco sovietico, tentando nel frattempo di recidere i legami tra gli occidentali e i paesi baltici. Queste preoccupazioni orienteranno il gioco diplomatico tra russi, tedeschi, francesi, polacchi e turchi nei mesi a venire. Obiettivo di Mosca è ottenere il tacito assenso di questi Stati rispetto alle sue mire politiche.

In Europa la crisi finanziaria ha innescato un'impasse politica che promette di avere profonde e durature ramificazioni. La proposta di salvare la Grecia dal default debitorio è una soluzione temporanea, ma ha nondimeno ridotto i rischi di un collasso finanziario a breve termine. Ciò significa che gli altri Stati mediterranei, che non versano certo in una situazione ottimale, non verranno risucchiato nel buco nero greco, almeno a breve.

In maniera più inquietante, nel momento di affrontare la crisi greca è emersa una evidente mancanza di coerenza interna all'Unione Europea, con pesanti conseguenze di natura psicologica. In breve, il caso greco ha dato un saggio di quali lotte intestine legate a interessi contrapposti gli Stati della Ue dovranno affrontare qualora in futuro si presentassero delle difficoltà; difficoltà legate o alle grane finanziarie di un membro come nel caso di Atene o a minacce esterne alla sicurezza come quelle che potrebbero venire da una Russia sempre più convinta dei propri mezzi.

I membri dell'Ue stanno comprendendo che l'ultimo trattato posto in essere, il  Trattato di Lisbona, benché presentato come uno strumento di coesione, finirà per rafforzare ulteriormente il predominio della Germania e della Francia. Una brutta notizia per quegli Stati membri che si oppongono all'idea di un direttorio franco-tedesco o che sono incapaci di reggere, se lasciati a sé stessi, il confronto con la Russia. E' pertanto presumibile che nel futuro prossimo i paesi europei, già lacerati da problematiche politiche ed economiche interne, continueranno a difendere interessi incompatibili fra loro e a dividersi sulle linee di fondo che dovrebbero ispirare politiche comunitarie condivise.

Anche la lotta della Cina per uscire completamente dagli effetti della crisi economica globale sta acquisendo una rilevanza centrale per gli affari globali. In questa fase, a Pechino basterebbero i grattacapi interni, dovuti all'incertezza in merito alla gestione dei massici stimoli economici decisi per favorire la ripresa economica. Le autorità temono di causare una destabilizzante battuta a vuoto nella impetuosa crescita pluriennale del paese. La Cina deve invece fronteggiare anche l'aspro criticismo internazionale. Molti partner commerciali accusano il Dragone di operare ai danni delle loro stesse prospettive di ripresa economica e chiedono con forza un cambiamento di rotta.

La brutta notizia per Pechino è che gli Stati Uniti sono in prima linea nelle proteste, data la stretta interconnessione tra le due economie. I leader americani non ritengono vi sia più alcun beneficio nel permettere che un'economia che vale ormai 5 miliardi di dollari rimanga estranea alle regole internazionali. Cinesi e americani avranno molte occasioni per negoziare nelle settimane a venire, ma Washington ha già reso chiara la sua intenzione di irrigidire le proprie posizioni nel caso Pechino continuasse a respingere le richieste americane. La Cina, d'altronde, non può permettersi di dimostrarsi debole o arrendevole. Così, al di là delle formule diplomatiche di rito e cortesia, la tensione è destinata a salire.

 

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