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di Jason Epstein, Critica Sociale n.2/3

Il passaggio all' interno dell'industria editoriale del libro, dall'inventario conservato in un magazzino e distribuito ai rivenditori, ai file digitali archiviati in domini virtuali e consegnati quasi ovunque velocemente ed economicamente quanto una e-mail, è ora in atto e irreversibile. Questo storico cambiamento trasformerà ovunque in modo radicale l'editoria libraria, le culture che ne sono influenzate e da cui dipendono. Intanto, per ragioni abbastanza differenti, l'affettato mondo dell'editoria, in cui sono entrato più di mezzo secolo fa ha già i nervi a fior di pelle, dal momendo che soffre la dipendenza al rischio dello scommettitore incallito, ai best seller stagionali, molti dei quali non recuperano i loro costi, e al simultaneo deterioramento del catalogo, la rendita vitale sulla quale gli editori hanno potuto mantenere in passato stabilità anno dopo anno attraverso momenti buoni e non. La sfiducia, dell' editoria, riflette questi shock incrociati, un punto vendita super specializzato dominato da una inconsistenza ad alto rischio, e un cambio di sistema tecnologico più importante di quella decisiva evoluzione che portò dagli scriptoria dei monasteri ai caratteri mobili, comparsi la prima volta nella tedesca Magonza, città di Gutenberg
Anche se l'invenzione gutemberghiana rese possibile il nostro mondo moderno con tutte le sue meraviglie e limiti, nessuno, e meno di tutti Gutenberg stesso, avrebbe potuto prevedere che la stampa a caratteri mobili avrebbe avuto questo effetto. Anche oggi, nessuno può prevedere, se non in confini ampi e tratteggiati, il lontano e potente impatto che la digitalizzazione avrà sul nostro stesso futuro. Con la terra che trema sotto di loro, non è strano che gli editori, un piede nel passato traballante e l'altro in cerca di un terreno solido in un futuro incerto, esitino a cogliere l'opportunità che la digitalizzazione gli offre per ripristinare, espandere e promuovere il loro catalogo verso un mercato globale decentralizzato. Le nuove tecnologie, comunque, non chiedono il permesso. Sono, per usare l'inflazionata definizione di Shumpeter, dirompenti e non negoziabili quanto un terremoto. La tecnologia di Gutenberg fu il sine qua non per la rinascita dell'Occidente, come se l'alfabetizzazione , il metodo scientifico e il governo costituzionale fossero stati impliciti per lungo tempo, in attesa solo che Gutenberg premesse l'interruttore. Entro cinquant'anni, le stampanti erano in funzione in tutta Europa, fermandosi solo ai confini dell'Islam, che evitò la stampa. Forse per la stessa paura dell'effetto disgregativo dell' alfabetizzazione che allarmò l'Islam, la Cina ignorò la trascrizione fonetica degli ideogrammi, attribuita ad un Imperatore Coreano, che avrebbe potuto permettere l'uso dei caratteri mobili.
Oggi la resistenza degli editori all incalzante futuro digitale non sorge dalla paura di un' alfabetizzazione disgregativa, ma da una paura comprensibile per la loro stessa obsolescenza e per la complessità della trasformazione digitale che li attende, nella quale molte delle tradizionali infrastrutture e forse loro stessi saranno superflui. Karl Marx scrisse riguardo alle rivoluzioni nel 1848, nel suo Manifesto Comunista, che tutto quello che è solido si dissolve nell'aria. La sua visione del paradiso del lavoratore era sicuramente sbagliata a 180 gradi, il trionfo del desiderio sull'esperienza. Quello che si sciolse, presto si solidificò come capitalismo industriale, un paradiso per pochi alle spese di molti. Ma la potente immagine di Marx si adatta oggi nell' industria editoriale alla sua infrastruttura di capitale intensivo-stampanti, magazzini pieni di inventario pienamente restituibile, il suo mercato di vendita al dettaglio costretto a costose locazioni- che affronta la dissoluzione in una ampia nuvola, a cui tutti i libri del mondo apparterranno prima o poi, come file digitali, per venire scaricati istantaneamente titolo per titolo ogni volta che sulla terra ci sarà connettività, e stampati e rilegati a richiesta al punto di vendere una copia alla volta dall'Espresso Book Machine (1) al pari di un paperback comprato in libreria, o trasmessi a supporti di lettura elettronici inclusi Kindle, Sony Readers, e i loro successori multiuso, fra cui il più recente iPad dell'Apple. L'abilità senza precedenti di questa tecnologia che offre un ampio mercato multilingua, una scelta praticamente illimitata di titoli, spodesterà il sistema Gutenberghiano con o senza la partecipazione dei suoi esecutori attuali.
La digitalizzazione rende possibile un mondo in cui chiunque può diventare editore e chiunque può definirlo- o definirla un autore. In questo mondo i filtri tradizionali evaporeranno e solo l'ultimo filtro-l'umana incapacità di leggere ciò che è illeggibile-rimarrà a vagliare cosa è degno di restare in un mercato virtuale dove gli usignoli di Keats convivono nello spazio elettronico con gli haiku di Zia Maria. Il fatto che il contenuto delle librerie di tutto il mondo possa essere praticamente accessibile da qualsiasi luogo con il click di un mouse non è solo una benedizione. Un altro click potrebbe cancellare questi stessi contenuti e portare la civiltà ad una fine: una questione opprimente, sempre ne serva una, per i supporti fisici nell'era digitale.
In mezzo al caos letterario del futuro digitale, i lettori saranno guidati da indicazioni di editori rispettabili, distinguibili su scala mondiale, annuari multilingua, una funzione che Google sembra pronto a dominare-si spera che con la cooperazione delle grandi librerie universitarie e nazionali e i loro esperti bibliofili, sotto standard di copyright mondiali rivisti nell'ottica del web globale. I titoli saranno anche postati sui siti web degli autori e editori e su affidabili siti dedicati dove le biografie di Napoleone o i manuali di allenamento dei cani saranno valutati da critici competenti e scaricati direttamente dall'autore o dall'editore e per finire dall'utente mentre i software distribuiscono appropriatamente il prezzo d'acquisto, superando le formule tradizionali. Con la spesa dell'inventario, la spedizione e i ritorni elimitati, i lettori pagheranno meno, gli autori guadagneranno di più e gli editori librari, liberi dalle oziose infrastrutture, sopravviveranno e potrebbero prosperare.
Questo futuro è una prevedibile conseguenza della digitalizzazione nel suo stadio attuale di sviluppo negli Stati Uniti, i suoi dettagli ampiamenti discussi nella blogsfera, da sostenitori dei vari scenari, inclusa la fantasia utopica di un futuro digitale in cui il contenuto sarà gratuito e di autori non avranno di che sfamarsi. La digitalizzazione incoraggerà senza precedenti una diversità di nuovi contenuti specializzati in lingue diverse. Il più adattabile fra gli editori oggi sopravviverà alla ridondanza delle tradizionali infrastrutture ma la digitalizzazione ha già iniziato a produrre editori che occupano svariate nicchie composte da piccoli gruppi di editori dello stesso pensiero magari non nello stesso ufficio o nello stesso paese, così come le aziende dei software anch'esse decentralizzate con staff in California che collaborano online con colleghi a Barcellona e a Banglore.
Il difficile e solitario lavoro della creazione letteraria, comunque, richiede un talento raro e individuale e nella narrativa non è quasi mai collaborativo. I social network potranno esporre i lettori a questo o quel libro ma violano la solitudine necessaria per creare mondi artificiali con persone reali al loro interno. Finchè non è pronto ad essere mostrato a un amico fidato o a un editore, il lavoro di uno scrittore è estremamente privato. Dickens e Melville scrissero in solitudine su carta con penne; eccetto l'uso di macchina per scrivere e computer così hanno lavorato centinaia di autori con cui ho lavorato nel corso di molti anni.
Nelle culture pre-letterarie, le grandi saghe e l'epica erano necessariamente creazioni di gruppo affidate alla memoria tribale e cantate sotto la supervisione dei sacerdoti per generazioni. Con l'invenzione del alfabeto, gli autori non dipendono più dalla memoria collettiva ma fissavano il loro lavoro su pietra, papiro, o carta. In tempi moderni, i progetti comuni sono limitati maggiormente a complessi lavori di consultazione, dei quali Wikipedia è un esempio. Quantunque i social network non produrranno un altro Dickens o Melville, il web è una straordinaria risorsa per gli scrittori, fornendo comodamente online una grande varietà di materiale di consultazione aggiornato, dizionari, giornali, e così via istantaneamente e ovunque, disponibile per abbonamento o, come Google search e Wikipedia, gratuitamente. Le consultazioni più mutabili non avranno più bisogno di essere stampate e rilegate.
La scrittura critica ben informata di alta qualità su temi generali sarà tanto rara quanto mai necessaria e sopravviverà come ha sempre fatto in stampa e online per i lettori competenti. Il lavoro di genio emergerà da parti del mondo dove il libri sono a malapena penetrati in passato, come certi lavori dopo Gutenberg emersero spontanei dai bui e silenziosi angoli d'Europa. La stampa di Gutenberg, comunque, non diede all'Europa, con i suoi stretti legami culturali, una lingua comune. La digitalizzazione potrebbe produrre una conseguenza in qualche modo diversa dando all'esposizione globale testi letterari e fondamenti scientifici nelle principali lingue: Rome redux, mentre i traduttori avranno sempre molto lavoro.
Il costo d'ingresso per i futuri editori saranno minimi, richiedendo solo il mantenimento del gruppo editoriale e il suo immediato servizio di supporto ma senza le spese di una struttura di distribuzione tradizionale e di una direzione stratificata. I piccoli editori già si appoggiano su un servizio esterno di gestione economica, legale, di accounting, design, copyediting, pubblicitaria e così via, mentre Internet fornisce opportunità di pubblicità virale della quale YouTube e Facebook sono precursori.
I fondi per gli anticipi degli autori potranno venir forniti da investitori esterni nella speranza di un profitto, come viene fatto per film e spettacoli teatrali. Il decentramento dal complesso, da una direzione centrale a unità editoriali semi autonome è già evidente all'interno dei conglomerati (ad esempio, Nan A. Talese alla Random House e Jonathan Karp alla Hachette) una tendenza che si rafforzerà mentre le case madri svaniscono. Poiché i conglomerati resistono all'esorbitante domanda degli autori di punta dei quali i libri ovviamente dominano la lista dei best seller, questi autori, con l'aiuto degli agenti e dei manager d'affari, diventeranno gli editori di se stessi, conservando tutta la rete di profitto dal digitale cosi bene come nella vendita tradizionale. Con la Espresso Book Machine, librai al dettaglio intraprendenti potrebbero diventare loro stessi editori, come i loro predecessori dell'800.
I tradizionali diritti locali diventeranno superflui e una convenzione di copyright su scala mondiale, uniforme sarà essenziale. Proteggere il contenuto da file sharers non autorizzati rimarrà un problema irritante che solleva questioni serie sulla capacità di sopravvivere del diritto d'autore, perché senza protezione gli autori faranno la fame e la civiltà declinerà, un prospetto riconosciuto dalla Costituzione degli Stati Uniti, che richiede al copyright di sostenere gli scrittori non principalmente per ragioni d'equità ma per il bene assoluto del chiarimento comune.
Alcuni musicisti recuperano la percentuale sugli utili dando concerti, vendendo magliette o partecipando a pubblicità. Per gli autori non c'è una simile soluzione. Il miglioramento dei software di gestione dei diritti digitali oggi, progettati per bloccare i file sharing, sarà in continua competizione con chi scarica i file e evade il pagamento per se stesso e per i propri amici, spesso in nome della perversa idea che "il contenuto vuole essere libero"-così come i software antivirus sono sempre impegnati a lottare contro gli hacker. I file sharing non autorizzati saranno un problema secondo me non serio, forse al pari delle librerie e lettori che hanno sempre condiviso i libri con gli altri.
Queste e altre soluzioni emergeranno opportunamente in risposta ai bisogni, come fanno solitamente fanno. E' futile al primo stadio, comunque, anticipare il nuovo panorama editoriale in ogni dettaglio o specificare l'andamento dell'evoluzione, che sarà sporadica e complessa, o il ruolo futuro degli editori tradizionali mentre la digitalizzazione avanza lungo un fronte vario e frastagliato, mentre gli editori, scrittori e lettori si adattano di conseguenza. Il tempo sarà evidente solo in retrospettiva.
Fino ad adesso ho cercato di prevedere il futuro digitale in termini fondamentali. C'è anche una dimensione morale, per la quale siamo una specie problematica con una lunga storia di autolesionismo. L'industria che Gutenberg lanciò rese infine possibile l'ampia distribuzione di Montaigne, Shakespeare e Cervantes, per non dire di "Babar l'Elefante", "Il gatto nel cappello". Questa tecnologia ci ha anche dato "I protocolli dei savi di Sion", il "Mein Kampf", e l'assurdità che trasformò a Parigi Pol Pot da un semplice pazzo a un omicida di massa. La digitalizzazione amplificherà la nostra migliore natura ma anche il suo diabolico opposto. La censura non è la risposta a questi mali.
Il contenuto digitale è fragile. Quindi il solido mantenimento, dei libri fisici al sicuro da ficcanaso elettronici, dai predatori, e dagli azzardi depositi virtuali è essenziale. L'arbitraria recente cancellatura di Amazon di "1984" di Orwell su richiesta del suo editore dagli utenti di Kindle che l'avevano scaricato suggerisce la facilità con cui i file possono venire cancellati senza avviso o permesso, un rischio inevitabile della distribuzione elettronica. In Danimarca la musica scaricata per abbonamento si autodistrugge quando il contratto scade. Così come il mio annuale abbonamento al "Oxford English Dictionary" se non lo rinnovo. Molti altri materiali di consultazione che solitamente mutano per esigenze temporali e per queste ragioni non vengono mai stampate e rilegate sono già vendute con abbonamenti rinnovabili. Se io fossi un editore oggigiorno considererei un modello rinnovabile di prestito per tutti i downloads su e-book- la tecnica della "libreria a prestito" del periodo della Grande Depressione- che più accuratamente riflette il rapporto condizionato, rafforzato dalla gestione dei diritti digitali, tra distributore del contenuto e utente.
Vorrei aggiungere alcune parole a propositodell'evoluzione del mio personale interesse nella digitalizzazione. Sin dall'inizio della mia carriera, sono stato ossessionato dal mantenimento e distribuzione del catalogo- i libri pubblicati in precedenza, ancora in stampa, che sono indispensabili componenti della stabilità dell'editore e aggregano il patrimonio civile. In questo senso, è giusto dire che l'editoria è molto più che un affare. Senza il contenuto delle nostre librerie- i nostri cataloghi collettivi, la nostra memoria culturale- la nostra civiltà collasserebbe.
Verso la metà degli anni Ottanta ho preso coscienza della grave erosione dei cataloghi editoriali come secca in un periodo poco piovoso ma allo stesso tempo titoli vitali venivano eliminati ogni mese. C'erano due ragioni per questo: una modifica della legge fiscale che non permetteva più di scaricare l'inventario in giacenza come spesa; ma più importante, la scomparsa, mentre gli americani lasciavano le città per i sobborghi, di centinaia di librerie cittadine indipendenti, e il sorgere di catene di punti vendita nei centri commerciali fuoricittà, che pagavano lo stesso affitto del negozio di scarpe per lo stesso spazio ridotto e richiedevano lo stesso riciclo.
Lo spostamento demografico ha portato l'industria del libro a uno sconvolgimento in quanto i dettaglianti, incapaci di conservare un catalogo importante, chiedevano un ricambio veloce, spesso per titoli effimeri. Gli autori più venduti, la cui lealtà ai propri editori è sempre stata una norma, erano fiches in un casinò ad alto rischio: una benedizione per autori e agenti, con le loro irrecuperabili garanzie di ferro, un incubo per gli editori che sostenevano tutto il rischio ed erano fortunati se pareggiavano. Nel frattempo, il catalogo continuava ad assottigliarsi. Le piccole case editrici, incapaci di prendere questi rischi, si fusero con le più grandi e le più grandi infine caddero nelle mani dei conglomerati odierni.
Per controbilanciare il declino del catalogo ideai, a metà degli anni Ottanta il Reader's Catalog, una libreria indipendente in forma di catalogo da cui i lettori potevano ordinare oltre 40,000 titoli catalogo dal telefono. Internet esisteva ma non era ancora stato commercializzato. Il Reader's Catalog fu un immediato successo, confermando la mia fiducia in un ampio mercato globale per i titoli di catalogo. Ma sottovalutai il costo di gestione dei singoli ordini e stimai, con i miei soci, che se avessimo continuato le nostre perdite sarebbero diventate insostenibili. Il mercato online era ora diventata una realtà accessibile. Coraggiosamente Amazon ne aveva approfittato e nei primi tempi ha subito le perdite che avevo previsto. Ma a questo puntom cominciai a sentir parlare di digitalizzazione e della sua popolarità, priva di intermediari, il che significava che gli editori potevano adesso guardare al mercato con cataloghi illimitati senza inventari fisici, spese di spedizione e copie invendute restituite per credito. I clienti avrebbero pagato in anticipo per i loro acquisti. Di conseguenza anche i magazzini di spedizione automatizzati di Amazon sarebbero stati superati, prima o poi, dall'inventario elettronico. Questo avvenne 25 anni fa. Oggi la digitalizzazione sta rimpiazzando l'editoria fisica nel modo in cui avevo previsto.
Gli strumenti multiuso relativamente a buon mercato adatti con applicazioni per la lettura espanderanno il mercato per l'e-book e potrebbero incoraggiare nuove forme letterarie, come i romanzi-telefonino giapponesi. Le neonate rivoluzioni spesso incoraggiano fantasie utopiche fino a quando le esigenze della natura umana non si riaffermano. Benchè i bloggers anticipano una diversità fra i progetti collettivi e nuove forme d'espressione, le forme letterarie sono rimaste decisamente conservative lungo la loro storia, e sebbene l'atto di leggere ripugna la distrazione, come quelle basate su orpelli tipici del Web- accompagnamento musicale, animazione, commento critico, e altri metadata-che alcuni profeti dell'era digitale vedono come vantaggiosi accompagnamenti ai distributori di contenuti.
La più radicale di queste fantasie prevede che i contenuti della nuvola digitale si fonderanno o verranno fusi-si sovrapporranno- a formare un singolo, collettivo, autonomo organo, un complesso unico, un singolo libro o una mente collettiva che riproduce elettronicamente su scala universale la sinergia che occorre spontaneamente tra le menti individuali. Disdegnare una nuova ipotesi-la sfericità della terra, la sua rotazione intorno al sole- è sempre un rischio, ma qui il rischio è minimo. Il nichilismo- il noncurante disprezzo per i testi-implicita in tale brutta fantasia è nondimeno inquietante come evidente impoverimento culturale, più offensiva del relativo presupposto che i massimalisti dell'e-book che gli autori, che passano mesi e anni alla loro scrivania non chiederanno copie fisiche come risultato delle proprie fatiche e non aspireranno alla posterità.
Il grande, globale mercato di contenuti digitali, comunque, non è una fantasie. Sarà molto largo, molto diverso e molto sorprendente: il suo impatto culturale non può essere immaginato. E-books sarà un fattore in questo futuro incerto, ma i libri attuali stampati e rilegati continueranno ad essere un insostituibile miniera della saggezza collettiva.
Devo dichiarare il mio pregiudizio. Le mie stanze sono talmente stipate dal pavimento al soffitto di libri che devo pensare due volte a dove metterne un altro. Se per un inimmaginabile incidente tutti questi libri dovessero svanire nell'aria lasciando i miei scaffali vuoti con solo una commemorativa lista di file digitali al loro posto vorrei svanire anch'io perché i libri sono la mia vita. Lo dico così voi conoscerete il pregiudizio con cui celebro l'inevitabilità della digitalizzazione come un imprevedibile, potente, ma anche infinitamente fragile miglioramento dell'alfabetizzazione da cui tutti - lettori e non - dipendiamo.

(traduzione di Ilaria Calamndrei)


NOTE DELL'AUTORE

Un progetto che ho contribuito a fondare. Vedere anche i recenti tentativi di Amazon di bloccare la vendita di libri di una major editoriale per dispute sui prezzaggio. Per un rapporto su questa opinione, vedi Jaron Lanier "Non sei un gadget: un manifesto" (Knopf, 2010),pp. 26,46.


JASON EPSTEIN

Nato nel 1928, comincia la sua carriera alla Random House, dove sarà direttore editore per quarant'anni, responsabile dei Vintage paperbacks su cui sono stati pubblicati autori come Norman Mailer, David Rudomin, Vladimir Nabokov, E.L. Doctorow, Gore Vidal, Itai Guttman e Philip Roth. Nel '52, editore alla Doubleday, ha creato la collana Anchor Books, la prima collana di paperback.
Nel 1963, durante lo sciopero dei giornali newyorkese, fonda con la moglie Barbara Epstein, Elizabeth Hardwick e Robert Lowell la "The New York Book of Review".
 

Data:





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