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IL POST COMUNISMO? UN'ILLUSIONE OTTICA

Sono molti anni ormai che la Russia di Putin sta inviando segnali più che chiari sulla sua decisione di non essere più a lungo una potenza indebolita, travagliata e dipendente dall'Occidente

Stefano Carluccio (Critica Sociale, agosto 2006)

Sono molti anni ormai che la Russia di Putin sta inviando segnali più che chiari sulla sua decisione di non essere più a lungo una potenza indebolita, travagliata e dipendente dall'Occidente come è dalla fine dell'Unione Sovietica.

L'elenco delle iniziative unilaterali di Mosca probabilmente supera quello di Washington nel corso degli ultimi sei anni. Alcuni esempi. La Russia usa il suo potere di veto nel Consiglio di sicurezza dell'ONU per sostenere la Serbia e mandare in frantumi la speranza del Kossovo all'indipendenza. Nello stesso modo è la Russia che pone dei limiti a ciò che il Consiglio di sicurezza può o non può fare contro l'Iran e la Korea del Nord.

L'elenco continua.  Il governo di Putin usa quella che è stata definita  la “pipeline diplomacy” per costringere Paesi confinanti come la Bielorussia e l'Ucraina a sottomettersi al volere di Mosca e riconoscere la loro dipendenza dalle forniture energetiche russe, così come per rendere evidente che con questi due esempi si intende mandare un obliquo e minaccioso messaggio  ai Paesi dell'Europa occidentale.

L'Estonia e la Lettonia sono state intimidite su ciò che Mosca considera iniziative anti – russe, come la rimozione del memoriale al soldato Sovietico o il trattamento verso i cittadini di lingua russa.

Le compagnie petrolifere occidentali hanno scoperto che i contratti per il controllo delle fonti energetiche non sono necessariamente considerati come obbligazioni legalmente vincolanti  dal governo russo. Ad esempio giganti come BP ed EXXON, a lungo considerati gruppi autosufficienti, sono ora letteralmente costretti ad ammettere l'indebolimento della propria posizione contrattuale.

Nelle prime settimane di agosto i russi hanno inoltre manifestato la loro nostalgia per la passata grandezza, dal Polo Nord al Mediterraneo, passando dal Caucaso..

Ai primi di agosto un bomba veniva sganciata (senza esplodere) sulla Georgia, mentre – contemporaneamente -  gli ammiragli russi facevano sapere essere per loro necessaria una presenza stabile della flotta nel Mediterraneo. Il tutto concluso – per ora – con l'annuncio del ripristino dei voli di intercettazione già in uso durante la Guerra Fredda, e dopo aver stracciato i Trattati del '90 sulla cooperazione militare in Europa.

La vicinanza tra loro degli ultimi eventi può essere una coincidenza. Ma che la Russia sia tornata ad essere “assertiva” non è in dubbio.

L'incidente in Georgia avrebbe potuto essere molto serio. I rapporti tra Mosca e Tbilisi sono stati sul punto di rottura per mesi. Non ci sono collegamenti diretti di trasporto tra le due nazioni e le esportazioni di alimentari e vino georgiani in Russia, sono vietati (naturalmente per ragioni sanitarie!). La Russia sostiene la secessione del Sud Ossetia e dell'Abkhazia che la Georgia sta provando a riprendersi e la bomba inesplosa  avrebbe potuto essere il detonatore per una situazione ormai esplosiva. La Georgia ha denunciato il fatto che la bomba sia stata sganciata da un bombardiere russo SU-24 che avrebbe così violato lo spazio aereo. Mosca è accusata di “aperta aggressione” ed è stata chiesta una riunione di emergenza dell'ONU. La Russia ha respinto le accuse indignata, sostenendo che la Georgia si sia tirata il missile da sola. Gli USA parlano prudentemente di una “provocazione” e l'Europa ha sollecitato tutte le parti a fermarsi in tempo.

L'ultima lite con la Georgia, tuttavia, non è la sola causa d'ansia per i Paesi confinanti.

Sempre in agosto il comando navale russo ha proposto di ripristinare la propria presenza permanente nel Mediterraneo con le flotte del Baltico e del Mar Nero. L' ammiraglio Vladimir Masorin ha reso noto il piano durante una sua visita a Sebastopoli. Il collasso dell'Unione sovietica ha privato Mosca dei porti chiave e le ha tolto le basi navali. Per anni la base navale russa in Siria è rimasta vuota. Il ritorno di una squadra navale russa in Siria è il sogno degli ammiragli ex sovietici ed un incubo per Israele che teme una riedizione della cooperazione russo-siriana, anche se molti analisti dicono che il panico sia prematuro, poichè la flotta russa è più sulla carta che nella realtà.

Ma l'uscita sul ritorno nelle basi navali mediterranee è stata – come si diceva - contemporanea all'uscita di Putin sul Polo Nord, mentre il Presidente russo riceveva al Cremlino, il 7 agosto, Arthur Chilingarov . L'esploratore  aveva guidato due mini- sottomarini sotto la crosta artica per piantare la bandiera russa sul Polo e come accadde a Ivanov Papanin nel 1937, un simbolo della scuola di esplorazione russa, che venne ricevuto da Stalin settantanni prima, anche a Chilingarov è accaduto di ricevere le congratulazioni presidenziali con cui il capo della Russia ha dichiarato che la “generazione di oggi degli esploratori polari continua la gloriosa tradizione degli eroici pionieri artici”.

La rivendicazione di una continuità geologica del Polo Nord con la piattaforma oceanica su cui poggia la Russia, oltre ad essere un'assurdità, è tuttavia un fattore di destabilizzazione nell'ambito del diritto internazionale sull'esplorazione  e sulla ricerca delle fonti energetiche sottomarine.

In ultimo la denuncia unilaterale dei Trattati sulle armi in Europa sottoscritto alla fine della Guerra Fredda e l'annuncio della imminente ripresa dei voli di intercettazione anche fuori dallo spazio aereo.

Le lancette della storia sembrano dunque portate indietro ai tempi del comunismo sovietico.

Secondo Paul Kennedy, direttore del centro di Studi sulla Sicurezza Internazionale dell'Università di Yale, “non c'è nella storia della Russia, sin dai tempi di Ivan il Terribile, nulla che ci dica che Putin stia facendo qualcosa di nuovo”. Le sue azioni erano prevedibili, sostiene lo studioso americano, che aggiunge come Putin abbia trovato la porta spalancata dalla dipendenza del mondo dal petrolio e, soprattutto, per la “distrazione” degli USA impegnati nella lotta al terrorismo e nella guerra in Iraq e Afganisthan.

Un fattore di crisi internazionale di lungo termine di cui il Presidente russo si è (indirettamente) finora avvantaggiato ai danni della sicurezza nell'Occidente e dei diritti umani nel mondo islamico.

Sotto questa prospettiva colpisce la concomitanza tra l'opposizione agli USA all'ONU sull'Iraq assieme alla Germania di Scroeder e la nomina della stesso Scroeder al vertice di Gazprom una volta perse le elezioni dall'ex Cancelliere tedesco, come un modo per ripagare direttamente i propri “alleati”.

E colpisce che la ripresa di ruolo internazionale come potenza, avvenga non sulla base di un  vero cambiamento di regime e di un vero rilancio economico del Paese, ma su una ripresa del confronto duro con l'Occidente e della corsa al riarmo, verso cui finisce investito il denaro proveniente dalla vendita di gas e petrolio, messa in ombra agli occhi dell'opinione pubblica occidentale dalla più immediata minaccia dell'aggressione terroristica islamista.

Ma separare le cose tra loro, forse è un modo per non capire la trama sottostante l'evoluzione internazionale in corso dopo la fine dell'impero sovietico.

Negli anni della Guerra fredda, infatti, il mondo arabo era apertamente spaccato ma intimamente unito nell'affidare a Mosca la rappresentanza delle proprie vetenze con l'occidente e con gli USA. Con la fine dell'URSS questa rappresentanza è andata in crisi, e le spaccature nel mondo arabo sono riemerse con la forza della minaccia islamista verso le corti al potere. La "vertenza" con l'occidente è gestita direttamente dal terrorismo islamico che punta a destabilizzare il mondo arabo attraverso la guerra ai "crociati", secondo un disegno di natura imperialista nell'area lasciata scoperta dal crollo dell'URSS.

Di qui l'ambivalenza di Mosca. Se da un lato il Cremlino deve tutelarsi e contenere il disegno islamista, dall'altro esso costituisce "un'occasione che capita una volta nella vita" per aprirsi dei varchi nel mondo a discapito dell'occidente per ripristinare la sua antica "grandeur" zarista.

Di qui una domanda concreta: che fine hanno fatto risorse, quadri, arsenali dell'ex-URSS? A diferenza della fine del nazismo, per la fine del comunismo non ci sono state Norimberga o pubbliche inchieste, nè indipendenti, nè russe.

Una continuità col precedente regime, quindi, non può essere esclusa a priori. E il calcolo politico legittima il dubbio che un patto scellerato ed un sostegno occulto di Mosca al terrorismo (di gruppi o di stati) possa esserci ed essere concretamente sostenuto, soprattutto attraverso le enclaves contese e fuori legalità, ai confini caucasici della Russia. In questa ipotesi la vicenda cecena potrebbe essere letta anche in chiave inversa, ovvero come il terreno su cui un accordo si è raggiunto.

Sono ipotesi che si alimentano di due fattori: la ripresa del nazionalismo assertivo russo e la guida dello Stato da parte delle ex forse armate sovietiche liberatesi dal fardello costoso e controproducente del PCUS e dei suoi elefantiaci "boureau".

Contariamente al principio arisotelico del "tertium non datur", in politica di solito "il terzo se la gode". Come escludere, in mancanza di atti politici che smentiscano,  che al pieno sostegno russo all'occidente delle dichiarazioni pubbliche, ma non in pratica impegnandosi in Iraq, non scorra nel sottosuolo un parallelo pieno sosetegno all'islamismo? Al contempo il vantaggio tra i due contendenti sarebbe infatti duplice: indebolire e impegnare gli USA (spaccando l'Europa), candidarsi a tutelare gli stati arabi. A quel punto il monopolio dell'energia mondiale passerebbe da Mosca.

In questo quadro, da indagare, il post-comnismo nelle relazioni concrete internazionali, non sarebbe che un'illusione ottica che cela la medesima sostanza deile ambizioni imperialiste  del Cremlino comunista. 

Che tutto questo non sia solo una combinazione tattica e momentanea lo fa ben capire Paul Kennedy che rivela come le odierne edizioni dei testi scolastici di storia siano tutte orientate a magnificare la passata grandezza della nazione russa, comunista o meno che fosse, e come sia sostenuto dal governo il movimento giovanile “Naschi” (che tradotto significa “Noi”) che propaganda nozioni come “America imperialista”, “Cecenia terrorista”, “Estonia ingrata”. Questo movimento organizza campi estivi, attività ginniche e sportive.

Numerose centinaia di giovani sono state recentemente mobilitate contro l'Ambasciatore Britannico ed Estone.

 “Come storico – dice Kennedy – sono sempre annichilito dall'idea che l'educazione debba essere approvata da qualche ministero”.

Dunque il dietro-front di Putin e l'irrigidimento internazionale russo sembrano intenzionati a coprire la prospettiva anche delle generazioni venture. Purtoppo per tutti noi quando la storia è propaganda, non  può essere “magistra vitae” e la Democrazia sembra destinata a rimanere un privilegio dell'Occidente ancora per lungo tempo.

s.car.

 

 .

 
N.B. Che fine hanno fatto somme colossali di denaro esplose nel mondo all'indomani dello scioglimento dello Stato sovietico? Quali canali hanno percorso per finanziare le cosiddette "privatizzazioni"? Canali anche criminali? C'entra anche la mafia siciliana e in che anni?Dove le armi di ogni tipo? I quadri militari? Nessun ruolo in rapporto alla riorganizzazione delle forze militari in quella parte del mondo che negli anni della guerra fredda delegava all'URSS le proprie vertenze nei confronti degli USA e dell'occidente? Qual è il confine con il "terrorismo islamista"? La Cecenia?.
Sono domande lecite se, come afferma Andrei Piontkovsky, direttore del Centro per la Ricerca Strategica di Mosca in "East or West?" una pubblicazione del Foreign Policy Centre di Londra: "Sotto la presidenza Putin la politica estera russa ha assunto un tono chiaramente antiamericano. L'obiettivo principale è di "contenere" gli Stati Uniti su tutti i fronti, non ultimo con l'abrogazione dell'accordo siglato tra Gore e Chernomirdyn per la fine della vendita di armi all'Iran". Oggi la Russia è paese leader nella vendita di armi, all'Iran in particolare. Per Piontkovsky fa parte del programma di contenimento degli USA "anche l'idea di un patto con la Cina".
Il nocciolo autoritario ed egemonico non è dunque scomparso con il comunismo, ma persiste all'interno e rimonta all'esterno.
Anja si occupava di Cecenia ormai permeata di islamismo. Ma ha scritto: "Terrorista ormai è un'etichetta buona per ogni oppositore, basta affibbiarla". Come era per l'accusa di "trotzkismo" negli anni ‘30. Ha detto Putin solo due anni fa, nell'aprile del 2005: "La fine dell'Unione Sovietica è stata la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo. Il popolo russo l'ha subita come un grande dramma".
Certe anime sono marchiate per sempre.


Data: 2006-08-22







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