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... ati presi a bersaglio. Sarkozy ha dichiarato di approvare il rapporto nella sua essenza, ma si è riservato di decidere, insieme al Governo, in merito alle singole proposte. La cautela mostrata, insolita per un temerario come lui, non deriva però dalla paura di perdere il favore delle corporazioni coinvolte, quanto dalla preoccupazione di creare adeguati contrappesi normativi ad una così vasta “americanizzazione” del sistema francese. Nel caso della Class Action, ad esempio, Sarkozy ha espresso la perplessità che una misura giusta in principio possa rivelarsi pericolosa in pratica, se implementata senza garantire alle imprese un’adeguata protezione dal rischio di abusi.
Insomma, spregiudicato si, ma con lucidità.
Sarko, oltretutto, non si è certo risparmiato neppure sulla scena internazionale. A poche settimane dal suo ingresso all’Eliseo, si aggiudicava già la partita europea del Trattato semplificato sottraendo, ad una Merkel in difficoltà diplomatiche con il revanscismo polacco, il ruolo di regista dell’accordo. Poco tempo dopo, negli States, incassava l’ambito riconoscimento di “best friend of America” con un discorso al Congresso che gli ha conquistato ammirazione e stima da entrambi i fronti dell’arena politica americana, come la recente attestazione di Obama conferma.
Si è imposto, poi, sui fronti medio-orientale e nordafricano, con una invero fallimentare iniziativa diplomatica in Libano affidata al Ministro degli Esteri, Bernard Kouchner, ed una spettacolare soluzione umanitaria al caso delle infermiere bulgare, liberate dalla condanna inferta dalle autorità libiche, grazie alla salvifica mediazione dell’ex consorte, Cecilia.
Protagonista della scena mediatica, anche per il burrascoso andazzo della sua vita privata, il Capo dell’Eliseo non incarna solo un modello di leadership vincente, ma anche la cifra di una filosofia politica emancipata dalla anacronistica dicotomia destra-sinistra. È questa immagine che colpisce all’estero, soprattutto in quei paesi con un forte deficit di autorevolezza politica.
Eppure, dopo il culmine di popolarità raggiunto l’estate scorsa, Sarkozy è oggi in calo drammatico di popolarità. I sondaggi – l’ultimo pubblicato su Le Figaro, mercoledì 30 gennaio – parlano di una fiducia per il Presidente pari al 41%, 8 punti in meno rispetto al mese di dicembre. Persino il Primo Ministro, lo sbiadito François Fillon, con il suo 43% supera in popolarità il visibilissimo Sarkozy.
Ebbene, c’è da chiedersi perché.
Perché, nonostante un’azione di governo in linea con le promesse elettorali, nonostante lo slancio per quel cambiamento che i francesi gli chiedono, nonostante la coerenza con cui va declinando oggi il progetto politico proposto in campagna elettorale, perché nonostante tutto ciò, ai francesi Sarkozy piace sempre meno?
Per alcuni, la causa del declino è la stessa che ne ha consacrato il successo, l’iper-attivismo. Il protagonista, tuttavia, non sembra affatto concordare con tale chiave di lettura: “Quanti sostengono che ho avviato troppe riforme nello stesso tempo – ha dichiarato alla presentazione del rapporto Attali - io rispondo che non hanno capito niente. È proprio avviando tutte le riforme contemporaneamente che si ha la possibilità di portare a compimento il processo di cambiamento. Quello che si deve fare, piuttosto, è assegnare loro la giusta priorità.”
Ebbene, per i francesi le priorità sono chiare: il rincaro dei prezzi, la disoccupazione e il potere d’acquisto. Problemi non di facile soluzione, si converrà. Eppure, Sarkozy non si è certo sottratto dall’affrontarli. Anzi, con ambiziosa determinazione, il Presidente ha inteso proprio arrivare alle cause profonde, alle distorsioni strutturali del malessere sociale, riuscendo in alcuni casi a conseguire già dei primi risultati.
La detassazione degli straordinari, ad esempio, ha portato, nel solo mese di ottobre, a 20 milioni di ore di lavoro supplementari, che sono diventate 40 nel mese di novembre. Dati che Sarkozy definisce “eccezionali”. Nel mese di ottobre, il 40% delle imprese con più di 10 dipendenti è ricorsa all’orario straordinario. A novembre, la quota saliva al 50%. “L’idea, insomma, funziona. Ed è in questa direzione che intendo proseguire – ha dichiarato il Presidente, lo scorso 23 gennaio, innanzi all’autorevole parterre della squadra Attali.
Ciononostante, i francesi appaiono sempre meno fiduciosi. Secondo un sondaggio di Le Monde della fine di gennaio, il 68% degli intervistati non si limita alla sfiducia per il presente, ma dichiara il suo pessimismo per il futuro, dicendosi convinta cioè che le cose siano destinate a peggiorare.
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