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ANCHE IL NYT ABBANDONA LA CLINTON?
La lunga marcia di Barack verso la nomination prosegue. Hillary, provata, prepara la rivincita in Texas e Ohio. McCain duella con Obama e attende l’incoronazione



Il vento del rinnovamento soffia forte sulle rive del Potomac. Barack Obama sconfigge ancora, e sempre più nettamente Hillary Clinton. Ora conduce nel computo dei delegati elettivi per 1116 a 989. Lo stesso New York Times, che aveva concesso una manciata di giorni fa il proprio convinto endorsement alla Clinton e che in passato aveva accusato Obama di aver falsificato agiograficamente la sua biografia, comincia a ricredersi. Il giovane senatore ha le carte in regola per rompere gli schemi, per far saltare il banco e per  convincere l'elettorato democratico a seguirlo in massa. Grazie alla sua verve comunicativa ed alla sua energia, può ottenere ciò che molti ritenevano impossibile: convincere gli elettori della sua eleggibilità, indurli a fidarsi di lui, a riconoscersi nel suo messaggio, ad identificarsi nei suoi valori. Nei principi progressisti che costituiscono la vera sostanza del sogno americano. Ebbene l'impresa sta riuscendo. Hillary Clinton deve prendere atto che la competenza tecnica, la precisione nell'esporre i programmi di governo e l'esperienza delle “cose di Washington” sono in questa fase argomenti perdenti.

Del resto, alla vigilia del trittico del fiume Potomac la Clinton aveva implicitamente ammesso le sue difficoltà, operando un avvicendamento significativo all'interno della sua squadra elettorale. E' stato dato il benservito a Patti Solis Doyle, sostituita da Maggie Williams, braccio destro dei Clinton ai tempi della Casa Bianca. Mossa che non poteva certo dare risultati nel breve termine. Tuttavia, la mazzata elettorale subita dalla moglie di Bill in Virginia, Maryland e Washington DC è andata ben oltre le più cupe previsioni del suo entourage e dei sondaggisti.

L'ex first lady continua ad incassare colpi durissimi, anche se spera di rientrare in corsa nel mese di Marzo, quando si voterà in Ohio e Texas e verrà assegnato un numero di delegati veramente cospicuo. La Clinton si appresta a giocare le sue carte, puntando sulla working-class dell'Ohio, dove la popolarità di suo marito Bill presso gli iscritti ai sindacati e gli elettori di colore potrebbe giovarle, e sugli ispanici del gigante texano. E' questa la scommessa di Hillary: resistere ai rovesci di Febbraio, che presumibilmente proseguiranno il 19 in Wisconsin e nelle Hawaii (dove è nato Obama), per poi sferrare l'uno-due da KO che la rilanci. Obama sembra un pugile giovane, elegante e veloce che mette a segno una marea di colpi che stordiscono l'avversario, Hillary un maturo campione che incassa e rimane in piedi con orgoglio, sperando di risolvere il match a suo favore con un potente uppercut.

Nel frattempo, il senatore dell'Illinois conquista la fascia del Potomac (Virginia, Maryland e Distretto di Columbia) sfruttando sì la composizione demografica dell'area (larga presenza di afro-americani), ma intaccando anche la base elettorale della rivale. Non si spiegherebbe altrimenti l'amplissimo vantaggio ottenuto nei tre Stati. Questa volta per Obama non hanno votato solamente i neri, i giovani ed i benestanti, ma anche una larga fetta della classe media bianca ed un buon numero di donne. Se Barack continuasse ad erodere l'elettorato di riferimento della Clinton, un buon risultato in Texas e Ohio non dovrebbe essergli precluso. Questo è dunque l'obbiettivo di Obama: vincere in scioltezza gli appuntamenti che lo separano dal 4 Marzo, nell'intento di motivare ulteriormente i suoi entusiasti seguaci e di demoralizzare, disilludere e al limite conquistare la base clintoniana. In quel caso la rimonta della Clinton, ora superata di slancio da Obama nel conteggio dei delegati, si rivelerebbe oltremodo complicata. Hillary è infatti indietro di circa centotrenta delegati elettivi e, secondo le stime, le tocca inseguire anche nel computo complessivo dei grandi elettori democratici. Un dato calcolato considerando il voto di quei superdelegates che si sono già informalmente espressi a favore dell'uno o dell'altro candidato. Non bisogna inoltre dimenticarsi della manciata di voti controllata da Edwards, che in un testa a testa a Denver potrebbero anche far saltare il banco. Vi è in altro aspetto interessante. Clinton ha stravinto in Florida e Michigan, due Stati che non assegnavano delegati perché puniti dal Partito Democratico per aver anticipato la data delle consultazioni. Il voto della Florida potrebbe però decidere a Novembre il nome del prossimo inquilino della Casa Bianca, come avvenne nel 2000. Ha senso non tener conto, nella scelta del candidato democratico, dei rappresentanti di uno Stato così importante? E' vero che Obama non si è impegnato nella campagna per la Florida, ma la presenza elevata di ispanici e di over 50 connota lo Stato in senso fortemente clintoniano. Per la cronaca, Hillary distanziò Obama di 17 punti percentuali.

 

I CLINTON PREPARANO LA RIVINCITA
Nelle fila clintoniane  serpeggia una certa preoccupazione, diffusa tra i sostenitori, i donors e gli stessi superdelegati filo-Hillary. Molti c...



  
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