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DIO NON E’ REPUBBLICANO
Obama e Clinton alla caccia del voto religioso. Il New York Times attacca McCain




(pagina 2)

... agna elettorale di Michael Dukakis nel 1988. La posizione filo-abortista del Partito Democratico da allora è stata riproposta con sempre maggiore assertività, contribuendo a scavare un fossato tra l'Asinello ed i settori più tradizionali della società americana. La distanza tra i valori dei liberal e quelli dei true believers si è andata poi dilatando, senza che nella classe dirigente Democratica nascessero tentativi di imbastire una discussione per evitare che il serbatoio dei voti religiosi finisse per diventare appannaggio esclusivo dei Repubblicani. Questo processo è gradualmente progredito negli anni Novanta, mascherato appena dalla posizione centrista e dal carisma personale di Bill Clinton, ex governatore di uno Stato del Sud (e quindi tendenzialmente conservatore, giova ricordarlo). Uno Stato, l'Arkansas, più recentemente amministrato dal predicatore battista Mike Huckabee.

Alle soglie del Terzo Millennio le conseguenze dell'incomunicabilità tra credenti e progressisti apparivano piuttosto chiare. Il Grand Old Party aveva acquisito le credenziali di “Partito dei fedeli” e si preparava a raccoglierne i frutti. In un Paese dove il 90% della popolazione si dichiara credente, il 50 appartiene al protestantesimo cristiano (evangelici, battisti, metodisti etc.) ed oltre il 25 alla confessione cattolica, appare piuttosto miope rinunciare al dialogo sulle questioni attinenti alla fede. Infatti il fallimento di John Kerry nel 2004 può essere spiegato anche con l'incapacità dei Democratici di parlare all'elettorato tradizionalista, che più si è riconosciuto nel rigido ma chiaro orizzonte valoriale proposto da George W. Bush. Il famoso voto evangelico assurse all'epoca gli onori delle cronache.

Amy Sullivan, evangelica e liberal, rifiuta l'equazione religione uguale Republicans e condanna la rassegnazione con cui i progressisti d'America hanno rinunciato per anni al confronto sulle tematiche religiose, considerando persi a priori milioni di potenziali voti. Così facendo, si è permesso che i cuori e le menti delle comunità più profondamente influenzate dai valori di matrice religiosa  fossero lasciati alla mercè di aggressivi e reazionari predicatori come Pat Robertson e Jerry Falwell. I valori religiosi non sono né di Destra né di Sinistra, o almeno, non appartengono esclusivamente a nessuna parte politica. L'opposizione all'aborto e il rifiuto delle nozze gay non esauriscono la questione, come molti ultraortodossi della Destra religiosa vorrebbero far intendere. La lotta contro l'inquinamento e per la conservazione dell'ambiente naturale, la volontà di garantire a tutti l'uguaglianza davanti alla legge ed il diritto alla salute e l'opposizione di principio all'uso illecito della forza nelle relazioni internazionali sono posizioni altrettanto conciliabili con le credenze religiose predominanti in America. Un dato di fatto che i giovani attivamente impegnati nell'associazionismo cattolico o evangelico comprendono meglio di molti strapagati strateghi politici a Washington. Un recente sondaggio della rivista Time mostra come il 35% dei giovani elettori Democratici e indipendenti si dichiari born-again.

Si narra che John Kerry subito dopo la sua cocente sconfitta elettorale alle presidenziali sia stato avvicinato da un suo entusiasta sostenitore evangelico che, dopo avergli espresso la propria ammirazione, gli avrebbe ricordato che molti suoi correligionari sarebbero stati pronti a votarlo se solo il senatore del Massachusetts avesse tentato di convincerli a farlo. Kerry ottenne all'epoca 1/5 del voto evangelico, un disastro senza precedenti nella storia recente per un candidato alla presidenza. Quello schiaffo, letale per la carriera di Kerry ma salutare per il suo Partito, ha contribuito a cambiare le cose.

I Democrats hanno cambiato rotta ed hanno vinto le elezioni di midterm nel 2006 non solo attaccando l'incompetente gestione dell'economia e dell'Iraq da parte dell'amministrazione Bush, ma dando ascolto all'anima profonda e popolare dell'America, alle sue preoccupazioni spirituali e valoriali. Una svolta di Centro direbbero alcuni. Sicuramente una realistica presa di coscienza della composizione del tessuto sociale americano, spesso offeso in passato dal rifiuto delle correnti intellettualistiche Democratiche di mettere in discussione le proprie visioni progressiste ed avanzate. Un progressismo USA che ha dato spesso l'impressione di ritenere le voci e le idee dissonanti come il portato di concezione retrograde e quasi pre-moderne. Un atteggiamento culturalmente intransigente almeno quanto quello che ci si proponeva di contrastare, oltre che politicamente autolesionista.

Il vittorioso rinnovamento politico-culturale del 2006 non è rimasto un episodio isolato. Le biografie dei due candidati superstiti alla nomination Democratica del 2008 sono piuttosto eloquenti in proposito. Hillary Clinton è una convinta metodista che ha insegnato per anni nelle scuole domenicali ed ha sposato il più eminente evangelico del Partito. Barack Obama, cristiano praticante, discute di fede con profondità e naturalezza e ...



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