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IN RUSSIA NON C'E' DEMOCRAZIA, GOVERNA IL KGB

di Sandro Orlando (Europeo)



(pagina 2)

... flot alle Ferrovie fino alle grandi banche di Stato. Le industrie strategiche vengono di fatto progressivamente rinazio­nalizzate, e i colossi come Gazprom, che vanta nel suo board ben 17 generali e colonnelli, si trasformano nello strumento della nuova politica estera del Cremlino. La militarizzazione della vita pubblica si fa sempre più estesa. Ma come sì è arrivati a Putin, l'uomo dagli occhi di ghiaccio, il rappresentante di quella élite del Kgb che da sempre aveva costituito la spina dorsale della Russia sovietica? La ricerca dell'erede di Borìs Eltsin era iniziata nel 1997, con l'ag­gravarsi delle condizioni di salute del vecchio presidente: dopo cin­que infarti e tre interventi di by-pass, gli strateghi del Cremlino ave­vano avviato il progetto "Priemnikdin", "successore uno". La crisi finanziaria dell'estate 1998 aveva accelerato gli sforzi. 11 Rublo in ca­duta libera, l'economia allo sfascio, la corruzione che impazzava: il vecchio establishment stava franando. Gli oligarchi, che con fiumi di denaro e martellanti campagne mediatiche avevano reso possi­bile due anni prima la rielezione di un vecchio ubriacone, si senti­vano ormai sotto assedio: con l'inchiesta sullo Eltsingate che mon-tava, erano apparse le prime rogatorie internazionali, i mandati di cattura, i sequestri di conti e patrimoni all'estero. Alla ricerca di una exit strategy, si decise così di ricorrere alla tradizione della "derzhavnost", la "grandezza imperiale" : ci voleva un uomo in divisa per sal­vare il vecchio ordine. Un tenente colonnello Putin arriva al Cremlino nell'esta­te del 1996. Ha 44 anni e ormai da tempo non è più un graduato: dopo una mediocre carriera nel controspio­naggio di Leningrado, e poi in quello dì Dresda, il compagno Platov - questo il suo nome in codice - ha lasciato il Kgb prima che venisse smantellato, dopo il fallito golpe del 1991 e la scomparsa dell'Urss. È entrato nell'amministrazione pubblica: prima come as­sistente del governatore di San Pietroburgo e poi, dal 1996, come vi­ce di Pavel Borodin, il tesoriere di Eltsin, l'uomo che manovra cen­tinaia di miliardi di dollari tra appalti e privatizzazioni, più relative tangenti  e monti in Svizzera. Già all'inizio del 1998 Putin diventa il vi­ce di Valentìn Jumasev, capo dello staff" presidenziale, il consiglie­re più ascoltato dal vecchio Boris. La stessa estate assume la dire­zione del Fsb, l'intelligence federale. È in questo ruolo che, nel mar­zo 1999, il tenente colonnello ferma il procuratore generale Jurij Skuratov, il grande inquisitore che sta dando la caccia agli eltsiniani, di concerto con le autorità svizzere. Un video mandato in onda contemporaneamente da tutte le re­ti di Stato mostra il magistrato nudo in un prive, assieme a due pro­stitute. Skuratov è cascato in una trappola costruita ad arte dai ser­vizi; con le sue dimissioni l'inchiesta muore. I dignitari del Cremlino non hanno bisogno di altro per convincersi: è Putin l'uo­mo che stanno cercando. Nell'agosto 1999 il direttore dei servizi vie­ne nominato primo ministro. Il 31 dicembre dello stesso anno è in­coronato presidente della Federazione. Sarà confermato qualche mese dopo dal voto popolare. Una volta al potere garantisce un sal­vacondotto a Eltsin e ai suoi. II progetto del presidente-militare era stato ispirato al mito di Jurij Andropov, il generale già al vertice del Kgb, che nei primi anni Ottanta aveva lasciato intravedere la possi­bilità di riformare il sistema dal di dentro senza distruggerlo. La scommessa degli ideologi del Cremlino era che solo se si fosse riu­sciti a far passare il successore di Eltsin per un "nuovo Andropov", il Paese avrebbe accettato di ricominciare idealmente là dove tutto aveva iniziato a sfasciarsi: e cioè con la democrazia dì Mikhail Gorbaciov. Putin aveva così cominciato ad atteggiarsi a erede del generale, celebrando Andropov con corone di fiori e targhe com­memorative, e ostentando il suo passato di "kagebeshnik". La mag­gioranza dei russi ha accettato di spostare le lancette indietro di vent'anni. La libertà di stampa, il parlamentarismo, l'indipenden­za della magistratura, le autonomie locali, l'economia di mercato: in pochi anni tutto viene sacrificato sull'altare dei vecchi e rassicu­ranti valori sovietici. Putin si è presentato così: «Già prima di prendere il diploma ave­vo deciso di lavorare nei servizi segreti. Era il mio sogno. Volevo di­ventare una spia». Era il 1968, l'anno dell'invasione di Praga, e quel­lo che un giorno sarebbe diventato il capo del Cremlino aveva 16 anni. «Per capire come si poteva diventare una spìa», continuava Putin, «una volta, addirittura all'inizio della nona classe, mi ero pre­sentato all'ufficio della direzione del Kgb. Un tipo mi accolse per ascoltare quello che chiedevo. "Voglio venire a lavorare con voi", dissi. "Splendido, ma ci sono alcune condizioni", rispose. "Prima di tutto non assumiamo persone che vengono qui di propria iniziati­va. In secondo luogo lei può presentarsi qui solo dopo aver fatto il servizio militare o dopo un corso di studi civile di tipo superiore". Ero interessato. "Che tipo di educazione superiore?", chiesi. "Qualsiasi" disse. Forse voleva soltanto liberarsi di me. "Ma qual è la più utile?", chiesi. "Legge". Da quel momento cominciai a prepa­rarmi per la facoltà di Legge all'università di Leningrado. E nessuno poteva fermarmi». Comincia così il ritratto ufficiale che il can­didato alla presidenza consegna ai russi durante la campagna elet­torale del...


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