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IN RUSSIA NON C'E' DEMOCRAZIA, GOVERNA IL KGB

di Sandro Orlando (Europeo)



(pagina 3)

... la primavera 2000. La chiamata alle urne è stata del resto una formalità. Le élite che contano hanno già deciso. Dopo gli at­tentati di settembre e lo scoppio della seconda guerra cecena, l'im­magine di un presidentemilitare ha fatto presa sulle masse. La biografia autorimata dì Putin, distribuita gratui­tamente agli elettori, non è che una variazione della leggenda del "buon celtista", depurata da tutti gli orro­ri e crìmini dello Stalinismo. Nel racconto non c'è traccia di purghe, gulag e dissidenti. «Non ne sapevo un granché», taglia corto il presidente, che omette anche di ricordare gli anni del suo esordio alla Lubjanka: la sua attività di "seksot", informatore se­greto dei servizi, nel perìodo dell'università; la preparazione all'Accademia del Kgb, e il corso all'Istituto Bandiera Rossa di Mosca, la scuola del controspionaggio estero; la successiva asse­gnazione al Quinto Direttorato, la famigerata sezione specializza­ta nella lotta al dissenso e all' Intelligencija. È qui, nella Leningrado della seconda metà degli anni Settanta, che Putin incontra alcuni dei fedelissimi che lo accompagneranno nell'ascesa al Cremlino. Il Quinto Direttorato era stato creato dopo la repressione della Primavera di Praga dallo stesso Andropov, dal 1967 all'82 capo su­premo del Kgb, che l'aveva dotato di un'arma raffinata: l'uso del­la psichiatria criminale nella repressione di ogni devianza ideolo­gica. Ecco come li ricorda il colonnello Oleg Gordievskij, altro uf­ficiale del Kgb poi fuggito in Inghilterra: «Invece di venire sotto­posti a processi raffazzonati come quello a Sinjavskij e a Daniel, i dissidenti venivano rinchiusi in manicomi dove gli psichiatri al servizio del Kgb, come l'infame dottor Danil Lunts del moscovi­ta Istituto Serbskij di psichiatria legale, diagnosticavano "schizo-frenia strisciante" e "illusioni riformiste paranoidi". «Una volta dichiarati infermi di mente, i dissidenti perdevano quanto restava dei propri diritti civili e venivano riempiti dei far-maci che Lunts e i suoi compari decidevano di prescrivere. L'uso scorretto della psichiatria posava comunque su basi ideologìche più che opportunistiche: la convinzione, generata unilateralmente dallo Stato monopartitico, che non esistevano valori legittimi al di fuori di quelli del partito, e che da quei valori potevano dissentire solo "le menti anormali che avevano bisogno di essere rieducate", per dirla con le parole di Vìtalij Fedorcuk, successore di Andropov alla presidenza del Kgb». A pagarne il prezzo sarebbero stati più di un migliaio di scrittori e artisti, accademici, sindacalisti, da Lech Walesa a Vladimir Bukovskij, da Aleksandr Solzenicyn ad Andrei) Sacharov. Tutti perfettamente sani di mente, ma rinchiu­si nelle cllniche per pazzi. La repressione in stile Kgb: è al Quinto Direttorato che Putìn ha modo di conoscere il tenente colonnello Sergei Ivanov, all'epoca responsabile dell'addestramento, che lo se­guirà al Cremlino nelle vesti di ministro e poi primo vicepremier. Ed è sempre nello stesso reparto che incontra il generale Viktor Cherkesov, il capo degli investigatori che affiancherà Putin in tut­ta la sua carriera successiva: prima come direttore dell'ufficio di in-tellìgence di San Pietroburgo, poi come inviato presidenziale per la regione del Nord Ovest» infine come responsabile della nuova agen­zia federale per la lotta al narcotraffico. Cherkesov era lo sbirro che si occupava degli interrogatori e lavaggi del cervello. Nel 1988, in piena "perestrojka", il generale ha fatto arrestare l'ultimo dissiden­te incriminato sulla base del famigerato articolo 70, "propaganda antisovietica". E ha continuato a costruire capi d'imputazione con­tro giornalisti, militanti di Ong e scienziati, anche quando il comu­nismo e il Kgb non esistevano più. Quando Putin diventa direttore dell'intelligence, è lui il suo vice: fa riaprire il caso di Alexander NUdtìn, un ambientalista accusato di spionaggio dopo che ha denunciato come la flotta russa si sbarazza delle scorie radioattive nel Pacifico, Per la stessa accusa il giornalista Grigorij Pasko si è pre­so anni di lavori forzati. È sempre Cherkesov ad arrestare Valentin Danilov, il fisico poi condannato a 14 anni di galera per una ricer­ca a contratto su alcune tecnologie satellitari, condotta con una università cinese. Sono seguite decine di condanne analoghe. Fino al caso limite di Igor Sutyagin, il ricercatore punito con 15 anni di carcere per una pubblicazione accademica sull'industria bellica. Nella paranoia degli uomini della Lubjanka, il segreto di Stato arri­va a coprire anche le statistiche economiche. Una volta nominato capo della nuova agenzia per la lotta al nar­cotraffico, il generale se l'è presa pure con i dentisti e i veterinari: e ne ha fatti processare a dozzine per l'uso dì anestetici non autoriz­zati. Anche il semplice possesso di libri sulla marijuana si è trasfor­mato in un reato passibile di arresto. Si torna dunque ai metodi del­lo stalinismo: nella Russia di Putin riappaiono le tecniche di mani­polazione del consenso care a Breznev e Andropov: si distruggono carriere politiche con campagne stampa diffamatorie e dossier fal­si, si piegano imprenditori e banchieri con ispezioni fiscali e indagini pilotate. Alle elezioni parlamentari del dicembre 2003 ben 700 candidati vengono eliminati grazie a espedienti burocratici e for­malità. Al resto ci pensano le commissioni di scrutinio che dipen­dono direttamente dall'amministrazione presidenziale, mentre a vigilare sui seggi s...


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