IN RUSSIA NON C'E' DEMOCRAZIA, GOVERNA IL KGB
di Sandro Orlando (Europeo)
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... ono sempre gli agenti degli organi di sicurezza. Alle politiche del 2003 il partito di Putin, Russia Unita, si aggiudica così la maggioranza dei seggi della Duma. Successo replicato con le presidenziali del marzo 2004: il capo del Cremlino viene riconfermato per un secondo mandato con il 70% dei voti. I governatori fanno a gara per lusingarlo: in Bashkiria gli attribuiscono il 92% dei consensi, in Daghestan il 94%, in Kabardino-Balkaria il 96%, in Inguscezia addirittura il 98%. Il loro destino, come ai tempi dello zar, dipende ormai esclusivamente dal presidente, che nomina e rimuove i ras locali. Ma il Cremlino determina sempre più anche le sorti di magistrati, direttori di giornali, politici, imprenditori. È un accentramento di poteri che consegna il Paese nelle mani dell'esecutivo, come ai tempi del comunismo. Anche gli oligar-chi, un tempo i veri padroni della Russia, ormai hanno capito chi comanda: almeno da quando lo stesso Boris Berezovskij e il magnate televisivo Vladimir Gusinski j sono stati spogliati di tutti i beni, giornali ed emittenti incluse, e costretti a chiedere asilo politico all'estero. Il più ambizioso di loro, il giovane e spavaldo Mikhail Khodorkovskij, il petroliere della Yukos che sognava una carriera come prossimo presidente, è stato rinchiuso in un gulag sibcriano dopo una condanna a nove anni per evasione fiscale. La lezione si è bene impressa nella mente degli altri miliardari. Tenersi lontano dalla politica, evitare di rilevare quote in società editoriali, non finanziare altri partiti al di fuori di quello di governo, assecondare ogni desiderio del Cremlino: sono le regole di base per sopravvivere. Sono princìpi che anche le imprese straniere, lentamente, cominciano ad afferrare. La Shell ha accettato di rivedere a proprio sfavore alcuni accordi per lo sfruttamento dei giacimenti di SakhaliUj per evitare di incappare in un'inchiesta per presunti danni ambientali. Il banchiere Bill Browder, il gestore a capo del fondo Hermitage che ha investito più di 4 miliardi di dollari in aziende quotate sulla borsa di Mosca, ha osato invece contestare la gestione Gazprom: si è visto negare per sempre il visto d'ingresso in Russia. Laddove l'uso della magistratura, dei mezzi d'informazione e delle altre "risorse amministrative" a disposizione del Cremlino non basta, si ricorre a metodi più rozzi e sbrigativi. Nel febbraio 2004, alla vigilia delle presidenziali, uno degli sfidanti di Putin, il liberale Ivan Rybkin, è sparito misteriosamente. Rybkin ha commesso l'errore di minacciare in pubblico il capo dello Stato, con l'allusione ad alcuni documenti compromettenti in suo possesso. Dopo settimane di ricerche, il candidato viene ritrovato a Kiev in stato confusionale. Non sa cosa gli sia successo, ricorda solo una casa di riposo fuori Mosca. La versione ufficiale parla di un ricovero per sovraffaticamento. La clinica è di proprietà dell'amministrazione presidenziale. I sintomi, spiegano da Londra Oleg Kalugin e Aleksandr Litvinenko, fanno pensare che a Rybkin sia stato somministrato un potentissimo psicofarmaco, lo Sp-117, messo a punto dal Kgb per far parlare i prigionieri e cancellare poi ogni ricordo. Rybkin ritira la propria candidatura, eliminando l'unico serio ostacolo a una riconferma del presidente Putin. Ancora: l'agente Litvinenko non è il solo a denunciare la presenza dei servizi dietro gli attentati del 1999. Dopo le stragi del 9 e 13 settembre, un'altra carneficina viene evitata solo per un puro caso: a Ryazan, il 22 settembre, un inquilino avverte la polizia dopo aver visto alcuni sconosciuti che scaricano sacchi nel suo scantinato. Gli investigatori descriveranno nei dettagli gli esplosivi e detonatori ritrovati. Ma gli uomini dei servizi fermano l'indagine: e il nuovo capo del Fsb, Nikolai Patrushev, altro sodale del presidente dai tempi del Kgb di Leningrado, va in tv a raccontare che è tutta una messa in scena per testare la vigilanza dei cittadini. È una versione che non regge. Almeno cosi la pensa un altro ex ufficiale dei servizi, che nel frattempo è diventato l'avvocato di alcuni parenti delle vittime degli attentati. Milkhaìl Trepashkin ha seguito una pista diversa e ha scoperto che ad affittare il locale in cui era stato collocato l'esplosi-vo che ha polverizzato uno degli edifici di Mosca erano stati gli organi di sicurezza. Ma è un fatto che non è stato mai presentato nel processo sugli attentati che si è aperto il 22 ottobre del 2003: Trepashkin è stato arrestato prima, processato per direttissima e condannato a quattro anni di reclusione. Il reato? Divulgazione di informazioni coperte dal segreto militare. Alla fine del 2006 sarà sempre Trepashkin a fornire la chiave per l'omicìdio di Litvìnenko. Con una lettera fatta uscire di contrabbando da un carcere degli Urali, l'ex ufficiale avverte l'amico in esilio a Londra: stai attento, l'Fsb ha organizzato una squadra speciale per eliminarti. Il messaggio però arriverà al destinatario quando è ormai troppo tardi. L'avvocato Trepashkin è comunque un uomo fortunato. Jurij Shchekochìkhìn ha avuto invece la sventura di morire per una rarissima forma di allergia ai far-maci, la "sindrome di Kelly". Questa almeno è la versione ufficiale. Il parlamentare era il vicedirettore della Novaya Gazeta, il settimanale su cui scriveva anche Anna Politovskaya, la coraggiosa giornalista ammazzata nell'ottobre 2006 da due sicari per le sue denunce sui crimini commessi in Cecenia. Ne...
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