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WAITING FOR TEXAS
Bloomberg rinuncia, Nader corre, Clinton spera ancora




(pagina 2)

... -Qaeda è in Iraq.” La risposta dall'Ohio non si è fatta attendere: “Ho delle novità per John McCain. In Iraq non esisteva nulla di simile ad al-Qaeda prima che Bush e McCain decidessero per l'invasione… è in Afghanistan che al-Qaeda sta invece diventando sempre più forte”. La polemica fra i due front-runner sembra rispecchiare, nota il Newsweek, la spaccatura sempre più evidente all'interno dei vertici militari Usa, divisi su come allocare al meglio le truppe nei teatri iracheno ed afgano. Se il senatore dell'Arizona prende le parti del comandante in capo in Iraq David Petraeus, Obama pare difendere la posizione di quanti concordano con il capo di Stato Maggiore George Casey, che si oppone al surge in Iraq e ritiene che la gestione delle risorse militari americane sia sbilanciata e squilibrata. Joe Biden, ex candidato Democratico alla presidenza e plausibile segretario di Stato in caso di vittoria sia di Obama  che di Clinton, mette in guardia rispetto all'avanzata taliban in Afghanistan e alla trascuratezza con la quale l'amministrazione Usa sta gestendo quel delicatissimo teatro. I Repubblicani si fanno forti dei buoni risultati conseguiti in Iraq in seguito all'incremento delle truppe ivi stanziate. Trascurando per un attimo i contenuti dello scontro sull'Iraq, che comunque torneranno presto d'attualità nella campagna presidenziale di McCain, appare comunque significativo che il candidato del Grand Old Party attacchi in modo così precoce Obama. Che lo preferisca come contender, ritenendolo più debole di Hillary? Che lo consideri già investito della nomination Democratica?Del resto, in questa fase delicatissima, i numeri sono tutti dalla parte del senatore dell'Illinois. Obama ha sinora raccolto 155 delegati in più della rivale ed ha ottenuto il voto di quasi undici milioni di americani, sopravanzando la Clinton di oltre trecentomila unità. I sondaggi (media nazionale calcolata da Real Clear Politics) lo danno in lieve vantaggio in Texas (risultato impensabile sino alla metà di febbraio) ed in decisa rimonta in Ohio. Obama non perde una primaria o un caucus del 5 febbraio, elemento psicologico da non sottovalutare quando si tratta di prevedere le decisioni degli indecisi dell'ultima ora. E' il meccanismo delle primarie; chi si ferma è perduto. Rudolph Giuliani si è bruciato agognando  per settimane il riscatto in Florida, la Clinton teme di trovare la sua disfatta nell'attesa infinita del voto in Texas. 

E' FINITA?
La columnist del New York Times, Maureen Down, sembra farsi beffe della Clinton, notando come sia possibile che la prima donna con serie credenziali per la Casa Bianca venga estromessa da un uomo che le si fa preferire per la sobrietà, la compostezza e l'eleganza con cui si pone. Doti tipicamente femminili. Tralasciando le considerazioni sul machismo perdente della Clinton, il notista di Real Clear Politics, Jay Cost, si dedica ad un'analisi strutturata e puntuale sulla situazione e sulla prospettiva dei due rivali Democratici.La Clinton è fuori? Cost sostiene che Obama sia favorito e che possa chiudere la partita con un'affermazione il 4 marzo. In caso contrario i giochi si riaprirebbero con Hillary che potrebbe guardare con sollievo al successivo appuntamento di rilievo, la Pennsylvania, dove si voterà il 22 aprile e dove saranno complessivamente in palio quasi duecento delegati. Un fatto è comunque certo. A meno di un successo inequivocabile di Obama in Texas e Ohio, nessuno dei due candidati potrà conquistare la nomination con le proprie forze. Il ruolo dei super-delegates sarà decisivo. Costoro sono totalmente svincolati da ogni forma di costrizione e possono decidere in totale autonomia. E' piuttosto complicato entrare nella testa di ciascuno dei 795 maggiorenti del Partito che a Denver saranno chiamati a pronunciarsi.Qualche tentativo di previsione merita di essere esperito. I super delegati che fossero senatori o deputati potrebbero essere tentati di seguire l'umore prevalente del loro elettorato di riferimento. I senatori rispecchierebbero quindi il voto espresso dal loro Stato di appartenenza, mentre la questione per i deputati si porrebbe nei seguenti termini: esprimersi in accordanza con il proprio Stato o con il proprio distretto? Il risultato finale cambierebbe, e non poco: a netto vantaggio della Clinton nel primo caso, di Obama nel secondo.Un altro criterio altrettanto valido mirerebbe ad individuare la personalità più adatta a confrontarsi con John McCain. Gli argomenti non mancano ad entrambi i candidati. Obama è in grado di suscitare entusiasmi tali da mettere in crisi ogni avversario in un testa a testa elettorale, può contare su una mobilitazione straordinaria di volontari e si è dimostrato impareggiabile nella raccolta fondi. Chi ...


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