SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA- 11 giugno di Critica Sociale
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... nal Change We Can Believe In Is All Around Us Brian Wesbury L'ansia di cambiamento che sembra pervadere la società americana nell'anno elettorale 2008 è in un certo senso preoccupante. Entrambi i candidati parlano di cambiamento. Obama naturalmente, ma anche McCain invita gli elettori a distinguere tra “cambiamento giusto e cambiamento sbagliato.” Certo, se il cambiamento riguarda la decisione di essere in guerra o meno, le opinioni di chiunque sono rispettabili, ma quando si parla di economia bisogna fare attenzione. Viviamo un risorgente populismo, che rimanda alla sfida presidenziale tra Theodore Roosevelt e Bryan di circa un secolo fa. Il populismo politico di allora fu una reazione alla seconda rivoluzione industriale ed ebbe l'effetto di introdurre regolamentazioni eccessive e di accentuare l'invadenza dei poteri pubblici nell'economia. Una situazione ribaltata solo negli anni ottanta da Reagan. La svolta neo-liberista reaganiana ha dimostrato la superiore efficienza del libero mercato nel garantire il funzionamento complessivo del sistema. Speriamo che i due candidati non se lo dimentichino.
La guerra contemporanea si combatte con i più moderni ritrovati tecnologici, nel campo degli armamenti, delle comunicazioni e della logistica. Tuttavia, una risorsa preziosissima rimane l'elemento umano, soprattutto per gli Stati Uniti, impegnati su due aspri terreni di battaglia: l'Iraq e l'Afghanistan. L'esercito americano è sottoposto così a sollecitazioni continue, che negli ultimi cinque anni hanno costretto migliaia di soldati a turni massacranti ed a vivere in un continuo stato di tensione e sollecitazione psico-fisica. Le conseguenze, benché spesso nascoste, si stanno per molti rivelando devastanti. I dati contenuti nell'Army's Fifth Mental Health Advisory Team Report segnalano che il 12% dei militari Usa impegnati in Iraq ed il 17% di quelli schierati in Afghanistan sono costretti a fare uso di anti-depressivi e di pillole per favorire il sonno. In particolare, la situazione afgana desta preoccupazione, per gli effetti sull'equilibrio psichico dei militari, spesso impegnati in missioni isolate e rischiose per contrastare la recente escalation di violenza nell'area.
I recenti sviluppi internazionali, la persistente tensione tra Israele ed Iran, condita dalla minacciosa retorica di Teheran e dal procedere del programma nucleare iraniano, e la scoperta della collaborazione della Corea del Nord alle ambizioni atomiche della Siria, sottolineano quanto risulti difficile per gli Stati Uniti ed i loro alleati limitare la proliferazione degli armamenti nucleari. Presto potrebbero sorgere piccoli, ma pericolosi, arsenali atomici nazionali, che permetterebbero ad alcuni attori regionali di muoversi con maggiore spregiudicatezza ed irresponsabilità. Alcuni studiosi, verificata la fallibilità dell'approccio della deterrenza, ripropongono alcune suggestioni in voga negli ambienti militari Usa durante la guerra fredda. I comandi strategici e gli apparati militari americani, ed occidentali in genere, dovrebbero prepararsi per tempo per poter essere in grado di gestire guerre atomiche limitate ed escalation militari controllate. Questo potrebbe essere lo scenario in un futuro caratterizzato da una pluralità di arsenali nucleari nazionali.
La crisi dell'economia mondiale si riflette sulla stabilità politica di una delle “tigri” del miracolo asiatico. Il presidente sud-coreano Lee Myung Bak fronteggia la più grave minaccia alla sua giovane ed impopolare amministrazione. Decine di migliaia di persone hanno inscenato una dimostrazione di protesta per le strade di Seul contro la decisione governativa di ripristinare le importazione delle carni americani e contro un ampio ventaglio di altre misure adottate dall'esecutivo. La protesta rimanda, per intensità e dimensioni, alle manifestazioni contro la dittatura militare degli anni settanta ed ottanta. Le scelte del governo in tema di sanità e di istruzione, la cr...
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