EST-OVEST - I DUE SESSANTOTTO
I rivoluzionari del Maggio e l'indifferenza per il '68 democratico della Primavera
di Carlo Ripa di Meana
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... rghissima riprovazione nell'URSS… È questa negazione, fattasi sempre più cieca, che ha segnato la condanna di un'opera come quella di Solzenicyn… Una visione deforme dell'Unione Sovietica, un tentativo di negare l'originalità e la peculiarità irripetibile della grandiosa vicenda sovietica". Per gli anni seguenti, quelli del '75-'77, di nuovo oltre le diverse nuances del dibattito interno, rimangono i seguenti fatti: dalla riunione della Direzione del PCI del 17 febbraio 1977, fino alle riunioni riservate della Segreteria del partito, tenute il 21 settembre 1977, l'11 ottobre e il 16 novembre di quell'anno, dunque l'ultima di queste riunioni il giorno successivo all'inaugurazione della Biennale del Dissenso, riunioni di Segreteria organizzate, del resto, su richiesta sovietica per monitorare da vicino fino all'ultimo la fase preparatoria del programma di Venezia, risulta in modo certo, con i recentissimi ritrovamenti in archivio di Francesco Caccamo (cfr. A proposito della Biennale del 1977 e del dibattito sul Dissenso in Italia), che in quell'anno i Comunisti italiani cercarono prima di contenere, per poi cedere invece, senza riserve, alla Ordinanza segreta del Comitato centrale del Partito comunista dell'Unione Sovietica (Prot-4407, Sit/6S, 27.IX.1977, e in Carlo Ripa di Meana - Gabriella Mecucci, L'ordine di Mosca, Liberal edizioni, Roma 2007, p. 209), boicottando e poi screditando l'iniziativa della Biennale di Venezia. Del resto l'ultima uscita fervida e trionfalistica a favore dell'Unione Sovietica, incurante il PCI dell'eurocomunismo del tempo e delle presunte distanze dall'URSS, l'aveva assunta il 19 marzo 1975 su L'Unità il Segretario Enrico Berlinguer con queste parole: "La crisi italiana è parte e momento di una crisi che investe tutti i paesi a regime capitalista. È una nuova fase della storia del mondo. Sono a regime socialista ormai quattordici Stati, il cui territorio copre un terzo della superficie terrestre e dove abitano più di un miliardo e duecento milioni di uomini. Si pensi a quali risultati potrebbe portare una cooperazione mondiale rivolta a scoprire e utilizzare le inesauribili risorse di energia che possono venire non solo dall'uranio, e forse più ancora dal sole, dagli oceani e dalle profondità del mare. Ricordiamo che Lenin ha detto che anche i sogni possono avere valore rivoluzionario". Non sorprende, dunque, che azioni diversive siano state imbastite quell'anno, l'indimenticabile 1977, dai quartieri comunisti italiani. Il Comune di Roma, guidato dal Sindaco Giulio Carlo Argan, ne fu, in parte, retrovia. Dopo aver attaccato frontalmente la Biennale su L'Espresso del 27 febbraio, intenta a preparare "una specie di originale Solzenicyn's parade con zelo da crocerossina", pensò bene di raggiungere Mosca nell'ottobre di quell'anno a capo di una delegazione. Rinnovò l'attacco alla Biennale del Dissenso che in novembre-dicembre si sarebbe svolta a Venezia, e offrì alle autorità sovietiche, in gesto di riparazione, una grande "mostra dell'avanguardia artistica russa" (degli anni Venti), l'anno successivo a Roma. Poco dopo, esattamente a metà novembre, in coincidenza con l'apertura della Biennale, arrivò a Berlino-Est l'Assessore alla cultura e all'estate romana, "il teorico dell'effimero", Renato Nicolini, con l'Archeologo Andrea Carandini e lo Storico dell'arte contemporanea Maurizo Calvesi che attaccarono a Pankow la Biennale del Dissenso di Venezia. Espressero, invece, il loro plauso per la vitalità della cultura contemporanea nella DDR, dove Primo Levi, dopo tre vagli della censura tedesca orientale nel '59, nel '68 e infine nel '78, nonostante avesse dato il suo assenso ad alcuni tagli ai testi dei suoi libri, attenuando così le affermazioni che mettevano in cattiva luce i detenuti comunisti e i militari dell'Armata rossa, non riuscì mai a pubblicare Se questo è un uomo e La tregua (cfr. Magda Martini La cultura all'ombra del muro. Relazioni culturali tra Italia e DDR (1949-1989), Il Mulino, Bologna 2007, pp. 205-304). Concludo con due considerazioni: Paolo Sensini ha fornito le basi conoscitive per ricostruire una lunga stagione culturale e politica, la contestazione in Italia, molto promettente al suo inizio e via via tradita dalle reticenze, dalle esclusioni ideologiche, dalla egemonia che su di essa ha esercitato la cultura classista, operaista, leninista, "l'alto sovietismo" come la definì Roberto Calasso. Si trattava di amplissimi settori della intellighenzia italiana. Desidero qui citare solo i nomi maggiori, già allora, degli oppositori coraggiosi, estranei o divenuti estranei a quella maggioranza del tempo, omettendo la contrapposizione con la pletora sterminata degli "intellettuali organici", che accettando pavidamente la formula gramsciana della "obbedienza del singolo al bene comune" praticarono in concreto il silenzio. No alle questioni che poneva, tra le altre, il Dissenso in URSS e negli altri paesi comunisti: i diritti individuali, il Dissenso religioso, quello nazionale, quello scientifico. No alla revisione della teoria classista e della dittatura del proletariato. Così decidendo no...
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