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EST-OVEST - I DUE SESSANTOTTO
I rivoluzionari del Maggio e l'indifferenza per il '68 democratico della Primavera
di Carlo Ripa di Meana



(pagina 4)

... n vi fu ascolto neppure per i dissidenti che venivano da una storia personale comunista, Bahro, Sacharov, Havemann, Pljusc, Biermann, Pelikan. Diverso, molto diverso, fu l'atteggiamento di quella minoranza coraggiosa che voglio ricordare nei nomi di Alberto Moravia, Enzo Bettiza, Goffredo Parise, Leonardo Sciascia, Eugenio Montale, Carlo Bo, Roberto Calasso, Pier Paolo Pasolini, Lucio Colletti e pochi altri, allora molto giovani. Sono le parole dure e chiare rivolte da Leonardo Sciascia a Giorgio Amendola, che lo aveva attaccato, a riassumere la loro diversità dal conformismo del tempo: "Chi dentro un partito comunista ha attraversato senza scendere da cavallo lo stalinismo e l'antistalinismo, una giustificazione del suo restare a cavallo deve pur darsela e dare" (L'Espresso, n. 23, 1977).
Il secondo risultato del lavoro del nostro autore che qui segue con le sue pagine, è di aver, senza dirlo e teorizzato, consegnato ai lettori e poi agli storici futuri la graduale discesa verso la violenza e il restringimento di orizzonti della contestazione italiana, che si ibridava con il terrorismo.
Sono passati nove lunghi anni da quando la contestazione da Berkeley a Nanterre, da Roma a Berlino, si era aperta sospinta dal pensiero di Theodor Adorno, Max Horkheimer, Herbert Marcuse, Jean-Paul Sartre, Jürgen Habermas. E gli studenti, seduti sui prati dei campus, seguivano la sera sul grande schermo Fragole e sangue di Stuart Hagman, e tutti si passavano il libro fatale di quegli anni, L'uomo a una dimensione di Marcuse. E risuonavano a Parigi gli slogan della "città del sole", l'"immaginazione al potere", e si organizzavano cortei contro la guerra nel Vietnam, per riportare alla democrazia la Grecia, la Spagna, il Portogallo, e da Praga, dall'Università Carolina, giungevano buone notizie. Si erano infatti aperti anche a Praga alcuni spazi in quel lontano 1968.
Paragonato al 1977, con la banalità del suo spunto iniziale, la Circolare del ministro Franco Maria Malfatti che introduceva dei vincoli alle scelte tematiche per gli esami di gruppo, e cresciuta a Roma la violenza che aveva impedito a Luciano Lama di parlare all'Università "La Sapienza", macchiata a Bologna dalla morte dello studente Francesco Lorusso di Lotta continua, tornata a Roma con le violenze nelle strade per tutto il 12 marzo, e poi estesa a Milano e Torino con omicidi e gambizzazioni a motivazione politica, con il giornalista RAI Emilio Rossi, con Montanelli a Milano atterrato di fronte all'Hotel Manin, con l'appello distillato a Parigi da Sartre, Foucault, Deleuze, Guattari, Barthes, Macciocchi contro la repressione in Italia; con la requisitoria di Enzo Bettiza contro i contestatori italiani che immaginavano Roma, Parigi, Berlino e Londra accerchiate dalle guardie bianche della reazione e non aprivano bocca su Praga, Varsavia, Mosca e Budapest, quel 1968 era in verità lontano anni luce. Il 1977, l'anno in cui canticchiando Bologna, oh cara si percorreva in lungo e in largo l'Italia, sospinti da slogan cupi e minacciosi, "Colpirne uno per educarne cento", "Lo stato borghese si abbatte e non si cambia", "Poliziotto fai fagotto, arriva la compagna P38", "Pagherete caro, pagherete tutto", e guida la scena Franco Berardi, detto Bifo, inventore di Radio Alice, e cadono in una pozza di sangue nuove persone innocenti. Il 16 novembre, il giorno dopo l'apertura della Biennale del Dissenso, a Torino Carlo Casalegno, vicedirettore de La Stampa, viene ferito con due colpi di pistola. Cade e muore dopo nove giorni di agonia. Un storia terribile anche perché anni prima, nella contestazione, suo figlio Andrea che milita in Lotta continua venne incriminato e condannato per divulgazione di pubblicazioni che incitavano alla violenza. Tutta la violenza delle parole e delle armi è girata all'interno della situazione italiana. Neppure nei tre libri pubblicati l'anno scorso in ricordo del terribile 1977, dopo trent'anni (Stefano Cappellini, Rose e pistole, Sperling & Kupfer; Concetto Vecchio, Ali di piombo, Rizzoli; e il libro già citato di Lucia Annunziata, 1977, l'ultima foto di famiglia, Einaudi), non c'è una sola citazione né sulla Biennale di Venezia e tutta, come si è detto, la battaglia diplomatica, politica, internazionale che l'ha preceduta, né sui suoi protagonisti, diretti e indiretti, Sacharov, Kolakowski, Glucksmann, Susan Sontag, Jirí Pelikan, Arthur London, Marshall McLuhan, Iosif Brodskij e via e via, né sulla Conferenza di Belgrado che verifica l'applicazione degli Accordi di Helsinki, né su Charta '77, né sulle tensioni in Polonia, sul giro di vite in corso a Mosca e Leningrado a proposito dei dissidenti. Ma tutto, invece, è tragicamente girato sul proprio ombelico italiano, con il Governo Andreotti della "non sfiducia" a Roma, in attesa del compromesso storico vagheggiato da Aldo Moro per il 1978.
Un anno, il 1977, appunto, ricordato oggi in Italia da chi si è "girato dall'altra parte" per non sapere del Dissenso nei paesi comunisti, come un anno di solo piombo. Ma in verità altri, nei paesi già comunisti, lo ricor...


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