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LE LEZIONI CHE HO APPRESO

Dalle colonne dell’Economist, Tony Blair ripercorre i suoi dieci anni da Primo Ministro e riflette sulle lezioni apprese dal 1997 ad oggi

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LE LEZIONI CHE HO APPRESO

Dalle colonne dell'Economist, Tony Blair ripercorre i suoi dieci anni da Primo Ministro e riflette sulle lezioni apprese dal 1997 ad oggi

Negli ultimi dieci anni mi sono reso conto di questo processo. Certo, nel 1997 ero consapevole di dovermi confrontare con il terrorismo, ma pensavo che le minacce più insidiose sarebbero giunte dai repubblicani irlandesi. I confini tra questioni interne ed esterne stanno sfumando. Il cambiamento climatico rappresenta un problema centrale dell'azione politica delle nazioni sviluppate, che può essere affrontato efficacemente soltanto tramite un approccio globale. Ciò che accade oggi in Pakistan ha ripercussioni sulla vita delle città inglesi. Le migrazioni di massa possono essere gestite solo in minima parte dalle politiche nazionali. Le economie sono modellate dalle forze della globalizzazione.
Nella nostra epoca la politica estera non è un interessante passatempo che permetta di distrarsi dal duro lavoro richiesto dalle riforme interne. La politica estera di un paese lo rappresenta internazionalmente, forma la percezione che ne hanno gli altri stati e la stessa considerazione che una nazione mantiene di sé.
In base a questa analisi, ho sviluppato le seguenti riflessioni:

Nell'ultimo decennio la Gran Bretagna ha fatto la sua parte. Non vi è stato dibattito internazionale che ci abbia visto meno coinvolti di quanto avremmo dovuto essere.
Per questi motivi noi dovremmo essere pronti ad intervenire, se necessario militarmente, per evitare i genocidi, l'oppressione, le ingiustizie troppo spesso inflitte ai deboli. Negli ultimi dieci anni la Gran Bretagna è intervenuta quattro volte: in Kosovo, Sierra Leone, Afghanistan e Iraq. In tutti queste circostanze, regimi efferati sono stati rimossi.
Passando al Darfur, siamo realmente convinti che senza un nostro intervento la violenza possa cessare ai confini del Sudan? Nei primi anni Novanta esitammo prima di intervenire in Bosnia. Ci vollero ben 250.000 morti per convincerci che non avevamo scelta.
Ad ogni modo, il punto cruciale è che noi, britannici, dovremmo impegnarci nelle suddette questioni perché, in ultima analisi, esse incidono sul nostro futuro. A tal proposito, la nostra agenda dovrà comprendere i valori in cui crediamo: libertà, democrazia, responsabilità vero gli altri, ma anche giustizia ed equità.

Ho il fondato timore che sulle due sponde dell'Atlantico vi sia, in certi settori, indifferenza, se non ostilità, nei confronti di un'alleanza che ha un valore fondamentale per il nostro futuro, così come l'ha avuto per il nostro passato. Non mi riferisco soltanto al montante anti-americanismo di una parte della sinistra che è, in un certo senso, relativamente facile da contrastare.
In Europa ci si interroga: è desiderabile continuare ad appoggiarsi agli Stati Uniti? Faremmo meglio a domandarci se i leaders americani considerino ancora l'Europa come il loro interlocutore privilegiato.
 
Essere chiari rispetto al terrorismo globale
Siamo consapevoli del fatto che l'estremismo si manifesta con modalità differenti nelle varie aree di conflitto. Ci si concentra, ad esempio, sull'assurdità storica dei legami tra elementi iraniani ed i Taliban. Soprattutto, ci si sofferma sul fatto che le armi e le risorse dei fondamentalisti non sono lontanamente paragonabili a quelle in nostro possesso.
Il nuovo terrorismo ha un'ideologia ed è basato su di una perversa e totalitaria interpretazione dell'Islam. Esso cerca di sfruttare il senso di vittimizzazione e di  frustrazione diffuso nel mondo musulmano. Tanti non sono d'accordo con i suoi metodi, ma molti altri condividono i sentimenti di disagio che il fondamentalismo vuole sfruttare. Il fondamentalismo ha una visione del mondo completamente reazionaria, ma è capace di comprendere l'importanza strategica del terrorismo e della sua forza nell'era della globalizzazione.
Il terrore ha bloccato il progresso in Iraq, ha impedito la pace tra israeliani e palestinesi, ha reso instabile la democrazia in Libano. Questi risultati sono di per sé significativi, ma ancor più efficace è il modo in cui i terroristi sono riusciti a deformare la nostra stessa percezione di ciò che e accaduto e perché. Essi ci hanno indotti ad accusare noi stessi dei loro misfatti.
La realtà è che il conflitto in Iraq si è radicalizzato a causa degli stessi fattori con cui dobbiamo confrontarci altrove. Una buona parte, forse la più gran parte, dell'opinione pubblica occidentale ci invita a ritirarci. Questo è dovuto all'eclatante risultato che il terrorismo ha ottenuto: intaccare la nostra capacità di giudizio. Di chi è la colpa della mancanza di progressi nella questione palestinese? Dell'Occidente. In Libano, una crisi provocata, di nuovo, dalle ben note forze, di chi è la responsabilità? Di Israele.
Solo nelle ultime settimane siamo stati testimoni di attacchi terroristici in Marocco, Algeria, Pakistan, India e di arresti in Arabia Saudita. Nessuna delle grandi nazioni europee può ritenersi immune dalla minaccia. In Sudan, in Somalia ed anche in Nigeria, dove musulmani e cristiani vivono insieme, il terrorismo si mantiene attivo.
 
Non dobbiamo transigere rispetto ai nostri valori
Una lotta intellettuale che potrà essere vinta solamente tramite la promozione dei nostri valori e la loro orgogliosa difesa. Non vi è nulla di più ridicolo del tentativo di descrivere “democrazia” e “libertà” come concetti tipicamente occidentali che, erroneamente, cerchiamo di trasmettere a nazioni e popoli che li avvertono come elementi estranei. Può darsi che esistano governi che considerino inaccettabili quei concetti, ma non altrettanto le popolazioni. Chi può preferire la dittatura o la polizia segreta alla democrazia ed alla libertà di espressione?
Un simile concetto, se riaffermato con decisione, potrebbe avere una forza dissuasiva dirompente. Proprio su questo punto cruciale ho sempre ritenuto la classica dicotomia destra-sinistra come un impedimento all'azione. La destra politica ha le sue ragioni quando riafferma la necessità di usare tutti i mezzi, anche militari, per difendere la libertà, mentre la sinistra ci ricorda giustamente quanto sia importante il concetto di giustizia.
Stiamo fronteggiando una minaccia che deriva da una visione del mondo ben precisa. Abbiamo bisogno di una nostra concezione del mondo, non meno complessa di quella islamista ma, a differenza di quella,  basata sui grandi valori nei quali crediamo.L'importanza dell'agenda politica che dobbiamo costruire risiede nel fatto che essa dovrà permetterci di dare forma ad un sistema di valori condiviso. É auspicabile che esso sia alla base del mondo del prossimo futuro, che vedrà all'opera nuovi poteri ed interessi diversificati. L'edificazione di un sistema valoriale condiviso rappresenterebbe un baluardo contro l'estremismo, ma costituirebbe soprattutto una forza civilizzatrice in un futuro nel quale l'Occidente avrà un peso politico ed economico inferiore rispetto ad oggi. Necessitiamo di fondamenta solide, basate sulla perseverante difesa dei nostri valori. Principi fondamentali da proporre al resto del mondo come fonte d'ispirazione per l'agire politico.

Nel frattempo, occupiamoci di casa nostra
Questo articolo si rivolge ad una platea globale e si concentra dunque sulle grandi tematiche internazionali, ma non posso dimenticare gli insegnamenti appresi dagli affari politici interni.

 
  1. Il ruolo dello Stato sta cambiando. Lo Stato oggi deve essere ripensato e riprogettato, incoraggiando una stretta partnership con i cittadini e favorendo la condivisione dei diritti e delle responsabilità. Le implicazioni di questo ragionamento sono profonde. Il servizio pubblico deve passare attraverso lo stesso processo di cambiamento professionale, culturale ed organizzativo che ha già investito il settore privato.
    Il vecchio e monolitico concetto di servizio pubblico deve essere rinnovato completamente. L'utente deve avere più potere e le sue preferenze ed esigenze devono essere assecondate. Il sistema deve prevedere incentivi e ricompense. L'obbiettivo di fondo è che il servizio pubblico sia in grado di gestirsi autonomamente e con flessibilità, senza continui interventi dal centro. Inoltre, non si deve consentire che i sindacati del pubblico settore influenzino in maniera eccessiva la struttura ed il ruolo dei servizi al cittadino.
    In Gran Bretagna si è investito molto nei servizi  pubblici, ma si è anche favorita l'apertura del sistema sanitario al privato ed al terzo settore, premiando l'efficienza, creando competizione e favorendo forme di auto-gestione delle strutture ospedaliere. Le nuove accademie  e le nuove scuole avranno la libertà di svilupparsi, in quanto istituti indipendenti ma non a pagamento, in partnership con privati, università e associazioni caritatevoli e di volontariato.
  2. Legge ed ordine sono questioni più complesse di quanto comunemente si creda. Solitamente, i progressisti rifiutano ogni forma di pregiudizio e discriminazione e sostengono che il comportamento criminale sia determinato soprattutto da fattori sociali. I conservatori ritengono che la propensione a delinquere sia legata alla responsabilità individuale e che le campagne contro la discriminazione siano troppo politically correct. L'opinione pubblica, che ha una visione prevalentemente liberale quando si parla di libertà di scelta nella vita privata, assume atteggiamenti piuttosto rigidi quando ci si confronta con la criminalità e con le sue cause. Vi è chi difende i diritti degli omosessuali, ma si dimostra durissimo verso il crimine. Sono posizioni che scompaginano la tradizionale contrapposizione destra/sinistra e sulle quali riflettere attentamente.
  3. Infine, i partiti politici dovranno cambiare radicalmente il loro modus operandi. Contrariamente ai luoghi comuni, i partiti politici non stanno morendo; l'attenzione del pubblico verso la politica è viva come non mai. Le recenti elezioni in Francia sono state emblematiche: se il confronto elettorale è sentito ed appassionante, la gente se ne interessa e va a votare.
    Tuttavia, la politica è soggetta alle forze del cambiamento, come ogni altro settore. La netta divisione in fazioni si attenuerà, la gente sarà sempre più interessata dalle singole questioni più che dalle ideologie, le organizzazioni politiche rigidamente connotate verranno gradualmente emarginate e nasceranno nuove e diverse modalità di comunicazione politica. Soprattutto, i partiti devono andare incontro alla società civile e coinvolgere la gente. I partiti non potranno più ritenersi delle organizzazioni ristrette ed aperte soltanto alla partecipazione di pochi eletti.
    Insomma, la partecipazione dovrebbe essere più libera, l'azione politica più ampia e rappresentativa, l'uso di internet e degli strumenti multimediali la norma. Apriamoci a tutte queste opportunità.

    A voi
    Questo è solo un semplice estratto delle lezioni che ho appreso. Non ho la presunzione di dispensare consigli al mio successore. Personalmente, ho avuto la fortuna di ricevere molto raramente dei suggerimenti pubblici da coloro che mi hanno preceduto.
    Il lavoro da svolgere è gia di per sé complicato ed essendone consapevole non ho altro, se non il mio sostegno, da offrire a chi verrà dopo di me.

  







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