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Barbagallo UIL sul dopo Coronavirus
Per affrontare la crisi economica indispensabile il ruolo dello Stato per gli investimenti e le opere pubbliche
NIENTE SARA' PIU' COME PRIMA

 

di Carmelo Barbagallo

Il lavoro è alla base della nostra Costituzione ed è l’unica ricchezza di cui disponiamo per risollevare il Paese. Lo si è visto chiaramente anche in questa tragica vicenda del Covid-19, che ha sconvolto la nostra quotidianità e ha stroncato la vita di migliaia di nostri concittadini. È solo grazie al lavoro, talvolta eroico, di tante categorie di lavoratori se stiamo evitando il tracollo. E sono tanti anche coloro che, con le innovative tipologie contrattuali, stanno continuando a dare il proprio contributo anche dalle proprie case. Il lavoro resta il pilastro per la crescita del Paese. Faremo di tutto, dunque, per evitare che si perda questo patrimonio, che i lavoratori restino senza la propria attività e senza garanzie e che chiudano le imprese. Pertanto, dovranno essere messi in campo, per tutto il tempo necessario, gli ammortizzatori sociali necessari ad assicurare una continuità di reddito, ma anche una prospettiva di ripresa produttiva, indispensabile per rilanciare il Paese. Noi crediamo che quella che stiamo affrontando sia una guerra, del tutto insolita, ma pur sempre una guerra. Dunque, sarà necessario approntare un sistema economico coerente con uno scenario post bellico. Sono convinto che il nostro Paese abbia le potenzialità per vivere una stagione di ricostruzione, come accadde negli anni Cinquanta e Sessanta. In questo quadro, sarà necessario definire anche un nuovo modello fiscale che privilegi il lavoro e che riduca le tasse ai lavoratori dipendenti e ai pensionati. Se infatti, queste categorie avranno le risorse necessarie per acquistare i beni e i servizi prodotti dalle nostre imprese, anche queste ultime potranno dare continuità alla loro attività. 

 

L’obiettivo prioritario, ora, è quello di uscire, tutti insieme, da questa drammatica situazione di emergenza sanitaria ed anche economica, ribadisco un convincimento e una proposta che sosteniamo da anni. Noi pensiamo che la leva più efficace per risollevare l’economia sia quella degli investimenti pubblici e privati in infrastrutture materiali e immateriali. Tutte le altre opzioni rischiano di essere solo dei palliativi. Questa impostazione vale per tutto il Paese, ma in particolare per il nostro Sud, che deve trasformare le proprie potenzialità in un’opportunità di crescita a vantaggio dell’intera nazione. A questo proposito, vorrei ricordare che il periodo in cui il gap tra Nord e Sud si è maggiormente ridotto è stato quello in cui ha operato la Cassa per il Mezzogiorno. Poi, emersero fenomeni di corruttela e decisero di porre fine a quell’esperienza. Purtroppo, però, hanno eliminato lo strumento, ma la corruzione è rimasta. Non sono un nostalgico di quella fase, ma penso che si debba provare a rilanciare una sorta di Cassa per il Mezzogiorno 4.0 . Lo si chiami come si vuole, l’importante è che si attivi un piano di interventi straordinari che ridia slancio all’economia del Sud e del Paese. In questo quadro, è fondamentale utilizzare, sino all’ultimo centesimo, i finanziamenti che ci pervengono dall’Unione europea. Oggi, purtroppo, molta parte di quelle risorse vengono perdute: è inaccettabile. 

Le battaglie fatte in questi ultimi anni hanno impedito che fosse smantellato del tutto il sistema dei diritti conquistati nel corso dei decenni. Siamo riusciti a porre un argine a uno sfrenato liberismo espresso, in particolare, da alcune multinazionali che scorrazzano nel mondo, facendo il bello e il cattivo tempo. Ma, purtroppo, la lotta è davvero impari. Lo stesso articolo 18, anche se fosse reintrodotto nella sua formulazione originaria, non sarebbe sufficiente a fermare le dismissioni di massa operate da quelle multinazionali. Contro i rischi di licenziamenti collettivi, oggi servono strumenti ancora più incisivi. Ad esempio, a chi volesse trasferire all’estero la propria produzione, bisognerebbe richiedere la restituzione di tutti gli aiuti economici ottenuti a qualsiasi livello: bisogna, insomma, colpirli nel portafoglio e nei loro interessi. 

 

Nonostante le enormi difficoltà e alcune contraddizioni, il nostro sistema sanitario nazionale ha risposto con eccezionale efficacia. Medici e infermieri si sono prodigati al limite dell’eroismo, pagando anche con la propria vita il loro servizio. Quando questa pandemia sarà sconfitta, nulla potrà più essere come prima. Bisognerà battersi perché prevalga davvero l’idea di una visione sociale dell’economia. Che non ci siano più tagli indiscriminati alla sanità, al welfare, all’assistenza. Non solo. Tutti quei lavoratori che vengono indicati come eroi ogni volta che si verificano eventi che li vedono protagonisti, dai vigili del fuoco alle Forze dellordine, dai medici agli infermieri, non potranno essere ringraziati semplicemente con una pacca sulla spalla e poi dimenticati. Si pone, cioè, una questione complessiva di valorizzazione del lavoro. Ecco perché chiederemo, per via contrattuale, condizioni economiche decisamente più gratificanti per i lavoratori dipendenti che meritano questi riconoscimenti in vita e non solo a futura memoria.

 

Sul fenomeno degli anziani lasciati morire negli ospizi è un fatto di una gravità inaudita. Confidiamo nell’operato della Magistratura per fare piena luce su questa tragedia. Gli anziani sono la parte più debole della popolazione e, in questa vicenda, sono stati i più colpiti. Dal punto di vista psicologico, ciò rappresenta un peso spesso difficile da gestire. Già di per sé la loro condizione genera incertezze e, talvolta, paure. Peraltro, moltissimi hanno assegni pensionistici ai limiti della sussistenza. Ecco perché avevo proposto di sospendere la rata mensile dell’eventuale “quinto” della pensione: può essere un segnale di tranquillità che vale la pena mettere in campo, senza particolari costi aggiuntivi. In questo periodo sono stati previsti aiuti per così tante categorie che sarebbe un’ingiustizia non estenderli anche ai pensionati, veri e propri “ammortizzatori sociali” del Paese, spesso pronti a intervenire per dare un piccolo sostegno ai propri familiari in difficoltà. La battaglia contro il virus e, poi, per la ripresa dell’economia, la si vince tutti insieme, restando uniti e non creando dannose contrapposizioni che non avrebbero alcun senso.

 

In questo quadro per entrare in Europa, abbiamo fatto mille sacrifici: non vorrei che fossimo costretti a farne il doppio per uscirne. Non è questa l’Europa che vogliamo consegnare ai nostri figli. Ma per cambiarla, bisogna starci dentro. Dobbiamo costruire un’Europa sociale, del lavoro, dei diritti e per lo sviluppo e sconfiggere la politica del rigore che ha messo in difficoltà tutti gli Stati membri, in particolare il nostro Paese. Questa è l’unica strada da seguire per rinverdire il sogno dei nostri Padri fondatori dell’Europa e per dare una prospettiva di crescita al vecchio Continente e, dunque, ai nostri figli e nipoti. 

Desidero concludere con le parole di Papa Francesco che ha dato indicazione precise:

"Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti”. Quando fu eletto Papa Francesco, disse che avrebbe voluto una Chiesa povera per i poveri. E allora pensai: i poveri aumenteranno. Così è stato. Nel mondo, i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più numerosi e poveri. Non c’è dubbio, dunque, che è necessario recuperare l’esperienza del welfare state in forme sempre più rinnovate e, dunque, anche con sostegni al reddito che consentano di salvaguardare la dignità delle persone. C’è però da mettere in atto una politica che provi a risolvere il problema alla radice, preventivamente: bisogna evitare cioè che le persone diventino povere. E questo è possibile - e qui ci ripetiamo - solo si valorizza e si crea lavoro con forme di investimento pubblico e privato e con una più equa redistribuzione della ricchezza, agendo sulla leva fiscale.

 

Segretario nazionale dell UIL

 

(dichiarazioni raccolte da Giuseppe Sarno. Una sintesi dell'intervento è stata pubblicata sull'Avanti! del Primo Maggio) 

 

 

 

 

 

 

 

 



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Rivista fondata nel 1891 da Filippo Turati
Alto Patronato della Presidenza della Repubblica

Direttore responsabile: Stefano Carluccio

Reg. Tribunale di Milano n. 646 del 8 ottobre 1948
edizione online al n. 537 del 15 ottobre 1994

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