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CRAXI, RIDARE UN'ANIMA ALL'ITALIA
Oggi vent'anni fa l'addio in esilio al rifondatore del Socialismo italiano
IL MARTIRIO DI MOLTI INNOCENTI
IN UN'ITALIA RIMASTA SENZA ANIMA


 

Nessuno dei presenti aveva il coraggio di dare ai becchini il segno di iniziare il loro lavoro.

Un folto gruppo di amici, conosciuti e sconosciuti, si assiepava attorno ai famigliari di Bettino Craxi, lui chiuso nella bara al bordo della fossa aperta nel piccolo cimitero cristiano di Hammamet, all’ombra di pini di mare e carrubi.
Si aspettava l’arrivo del prete cattolico, che tardava. Dopo mezz’ora di attesa qualcuno della casa che si era mosso alla sua ricerca, è tornato a mani vuote. 

A quel punto ci si rivolge al Presidente Cossiga che era accucciato, coll’impermeabile bianco, sotto un albero, seduto su un sasso. E gli propone: “Presidente, qui siamo tutti socialisti. Non se la sentirebbe lei di fare il prevosto ed officiare la sepoltura, almeno con una preghiera?”.
Gli avessero offerto il Nobel, Cossiga non sarebbe scattato in piedi così raggiante: “Certo, subito”. E disponendo tutti sulle proprie fila con ordine, senza calca, preso il comando dispone: “Ora recitiamo il Padre Nostro”.
E nessuno escluso: “Padre Nostro che sei nei Cieli….sia fatta la tua volontà come in Cielo, così in Terra…..Liberaci dal Male”.

Queste le due stampelle che ci hanno sorretto per vent’anni.

Abbiamo ricevuto tante lettere, fax, telefonate da Craxi. Come moltissimi altri. Non abbiamo mai apprezzato varie forme di esibizionismo fine a se stesso sulle sue spalle, né nel bene e tantomeno nel male come ancora nel giorno della commemorazione si ostina a fare -  prima della sua definitiva  cassa integrazione – Monsieur Marco Travaglio.
Ma questa lettera che trasmettiamo, immaginiamo che l’abbia scritta così come la riportiamo testualmente:

Che la mia coscienza possa essere di conforto e aiuto. E’ un’esperienza che può servire a comprendere ciò che conta, a discernere nel mondo il proprio giusto posto, qualunque esso sia. Non necessariamente in cima o in vetta, ma anche in pianura. L’importante è che il giusto posto in Terra sia in sintonia con il proprio giusto posto in Cielo. Vedi questo è il segreto delle stelle che guidavano i marinai, naviganti esperti di unione tra cielo e terra. Per trovare il punto d’approdo e la rotta guardano in alto, perché in alto trovi la mappa che ti guida a percorrere il cammino nel mondo, come un riflesso sulla terra.

Cosa accede ora?

Che l’Italia cerca il suo posto nel mondo. E dopo aver brancolato nel buio della falsa luce che acceca, socchiude gli occhi, si fa ombra colla mano e vede qualcosa che assomiglia all’orizzonte. Per ora scorge solo che esiste un orizzonte. Non mi riferisco alla vicenda politica, ma agli uomini, agli Italiani. Scorgono un orizzonte annebbiato dove ancora non si distinguono le parti disposte. Carcano lì una possibile via d’uscita dal male in cui l’Italia è stata cacciata con violenza.
Non parlo di me. La sofferenza dell’Italia è molto più acuta e profonda di quanto si creda. Non è solo sofferenza sociale, ma sofferenza dell’anima.
E per l’Italia il male dell’anima è come la morte: peggio della fame.
L’Italia senza Anima, questo non è possibile.
Da qui occorre ripartire. Dare un’Anima all’Italia”.

Mille sono stati ad Hammamet nella cerimonia dei Vent’anni. Egli lo disse chiaramente: “Ci vorranno vent’anni…Sarà un secondo Ventennio”. Non immaginava dalla sua morte.
Ma milioni hanno assistito dall’Italia. E altrettante migliaia di Maestri e nostri Eroi e Martiri si sono affacciati dal Cielo, invisibili ma realmente presenti, guardando giù. Verso Bettino Craxi e gli Italiani per vedere come adesso ce la caviamo.

Di questo occorre fare tesoro per “Restituire un’Anima all’Italia”.

Critica Sociale (la sera del 19 gennaio 2020)



Nelle pagine di Hammamet la testimonianza di non essere un fuggiasco
LASCIO' IL PAESE PER NON ESSERE UCCISO.
IN ESILIO PER CONTINUARE A PARLARE


 

Nel 1994 uscì con grande clamore il libro IL CASO C. di Bettino Craxi.

Il Libro venne distribuito in tutte le edicole italiane a sole 5.000 lire. Un prezzo politico e popolare per una maggiore diffusione. Ebbe un enorme successo: le due edizioni (parte prima e parte seconda) vendettero circa 150.000 copie, e il titolo conquistò la vetta di tutte le classifiche di vendita dei libri di quell’anno.

In occasione del Ventesimo anniversario della morte di Bettino Craxi, IL CASO C. torna in ristampa per iniziativa di Critica Sociale, già editrice della prima edizione del 1994.

La nascita della prima edizione fu avventurosa. Ritirato il manoscritto ad Hammamet e infilato in fondo alla valigia, giunti in Italia molte tipografie si rifiutavano di stampare il libro. In un importante stabilimento della provincia di Milano, quando sembrava ormai fatta, la proprietà ci chiamò per riconsegnarci il manoscritto: il Consiglio di fabbrica a maggiorana ex Pci aveva minacciato uno sciopero se l'amministrazione avesse accettato di farsi carico del lavoro.

Diffidando ormai di tutti, Craxi ci consigliò di andare fuori dal Paese: si decise per Lugano (patria naturale dei perseguitati) dove fu composto il testo e  prepate le pellicole di stampa in tutta sicurezza, senza lasciare i fogli dell'originale in mani italiane. Le stesse pellicole vennero consegnate per la rotativa solo dopo una dichiarazione di presa in carico del titolare sulle condizioni del materiale affidato.

Per la seconda parte del CASO C., invece, venimmo ospitati da un ex proto di Porta Ticinese (a Milano) che stampò nella tipografia che dirigeva in una zona extraterritoriale, di competenza Vaticana, vicino Bari.

Anche il distributore di Torino non volle utilizzare i suoi abituali magazzini, ma affittò altri locali per contenere i bancali dei libri ed organizzare le macchine per la distribuzione partendo da un punto sconosciuto.

Gli ormai celebri discorsi di Craxi in Parlamento sono precedenti al volume. Indicano il quadro di riferimento storico e politico del finanziamento illecito ai partiti e la natura “eccessiva” e illegale della procedura inquisitoria per le conseguenze devastanti sulla tenuta democratica, in rapporto ad un fenomeno, quello dei modi di finanziamento della politica, noto a tutti e da sempre.

Il Libro IL CASO C. è la continuazione di quei discorsi Parlamentari e li approfondisce. Non si limita, infatti, a descrivere il quadro generale dei fatti, ma li puntualizza nel dettaglio, accusando chi ha beneficiato dei finanziamenti illegali e, allo stesso tempo, ha anche goduto di un occhio di riguardo da perte della magistratura inquirente.

Stefano Carluccio 

 



La Procura ignora informative su attentati e referti medici
"FUORI LEGGE E ASSASSINI"
Due brani tratti da IL CASO C.


di Bettino Craxi

"Fuori dalla Legge" ( da Il Caso C. Capitolo 3)

Per potermi consentire di deporre di fronte al Tribunale di Milano in qualità di teste, in condizioni di sicurezza, la mia difesa si era trovata nella necessità di concordare una procedura eccezionale e speciale, così come procedure speciali erano state concordate con organi di polizia.

Ciononostante, all'ingresso di Palazzo di Giustizia, un agente della scorta che mi proteggeva direttamente le spalle è stato colpito da un violento "calcio di punta".

La ferita riportata gli ha comportato un ricovero ospedaliero e prolungate cure successive. Del resto in quegli stessi mesi, i membri della mia famiglia, che vivono abitualemtente a milano, sono stati fatti oggetto a più indirizzi di gesti di ostilità ed offesa ed io stesso mi sono trovato nella impossibilità di frequentare liberamente la citta nella quale sono nato e nella quale sono sempre vissuto. Sovente sono stato costretto a recarmi altrove per incontrare i miei familiari a causa di ragioni di sicurezza (....)

Tutto ciò era la conseguenza di un clime di faziosità, di intolleranza e di odio, suscitato deliberatamente e strumentalmente da settori vari e aizzato dalle stesse dichiarazioni dei magistrati.
A Milano il Procuratore capo rilasciava delle dichiarazioni fortemnte polemiche contro il sottoscritto, nonostante che - citato come teste - non mi ero avvalso della falcoltà di non rispondere, ma avevo risposto in modo esauriente a tutte le domande che erano state poste e avevo confermato di voler collaborare con la giustizia.

Il dottor Borrelli di fronte ad una vasta eco favorevole che aveva fatto seguito alla mia deposizione testimoniale, dichiarava: "Lo inchioderemo". Ed altri magistrati lo seguivano con dichiarazioni del medesimo tenore....Giornali largamente diffusi a Milano si sono scagliati letteralmente sia contro di me che contro alcuni magistrati nell'intento di contrastare gli effetti positivi della mia deposizione pubblica trasmessa televisivamente, pur di mantenere sempre alto un clima di pregiudizio, di ostilita, di tensione (....)

In questo contesto e dopo l'episodio increscioso verificatosi a Palazzo di Giustizia, dovendo comparire di fronte a un tribunale in veste di imputato, ho fatto presente la mia impossibilità a presentarmi nelle condizioni esistenti, per ragioni di sicurezza.

Valevano per questo non solo i fatti che erano accaduti, MA ANCHE NUOVI ELEMENTI CERTI E PROVATI, CONFERMATI DA ORGANI COMPETENTI, RESPONSABILI E QUALIFICATI, CHE MI ERANO STATI SEGNALATI

(Qui Craxi si riferisce ad informative riservate circa attentati contro la sua vita che erano in preparazione, poi si è compreso meglio, con una logistica che si appoggiava al territorio francese. Informative di cui lo stesso Craxi, come scrive in una lettera pubblicata nel Caso C. dà notizia alla Procura di Milano. Il libro PARIGI - HAMMAMET che sarà tra poco in libreria per Mondadori, racconta in forma romanzata fatti ed episodi reali, celati allora poichè chi teneva informato Craxi era necessario fosse tenuto al riparo. Ora alcuni sono morti. Si tratta di esponenti al vertice della Polizia di Stato e dei Servizi Militari. Di questo i magistrati erano stati messi al corrente dai legali. S.car.)

Ma il Tribunale di Milano non ha invece ritenuto di poter giudicare fondate le mie preoccupazioni e mi ha dichiarato "contumace" trovandomi in Tunisia, mentre giacevo in un letto d'ospedale, ricoverato d'urgenza e sottoposto ad un trattamento intensivo di farmaci, al fine di suerare una situazione di crisi. Le mie condizioni di salute erano note e documentate.Nessuna "ordinanza" di tribunale può dal punto di vista del diritto e dal punto di vista umano spostare la realtà delle cose, e men che meno una realtà fisica che i medici avevano definita "seria".... Io sono posto a scegliere tra il giudizio dei medici che mi impongono di stare dove sono, di non viaggiare, di continuare le cure in loco, di non sfidare la tensione degli oneri processuali e che dichiarano che di fronte a un mio diverso comportamento declinano ogni loro responsabilità, e - d'altro lato - la posizione dei giudici che non credono ai medici e fanno una diagnosi tutta loro (il "Fruncolone" secondo Di Pietro, S.car.) radicalmente diversa senza neppure aver disposto un proprio accertamento medico.(....)

Un giudice dichiara la mia "irreperibilità" e dà incarico all'Interpol di scovarmi. L'Interpol avrebbe dichiarato di non avermi individuato in Tunisia dove tutti sanno dov'è la casa che è della mia famiglia da vent'anni, dove per settimane si sono sbizzarriti ad assediarmi gornalisti, fotografi, cineoperatori, da dove rilascio interviste e dichiarazioni e dove, quando posso, rispondo regolarmente al telefono.

La vera ragione è che si vuole limitare la mia libertà di movimento e allo stesso tempo infliggere una violena che apre la strada ad altre violenze (....) Sulla richiesta di arresto presentata al giudice per le indagini preliminari da un magistrato di Roma, ho sentito il bisogno e il dovere di fare la seguente dichiarazione: "Una persecuzione che non conosce limiti avanza, proprio come prevedevo, in mezzo ad una sistemaica violazione delle leggi e dei diritti dei cittadini".

"Il Teorema e la Persecuzione" (da Il Caso C. - Capitolo 4):
Lettera a
lla Procura della Repubblica di Milano del 15 luglio 1994

"Che io non abbia e non abbia mai avuto intenzione di fuggire lo dimostra il mio comportamento di totale collaborazione nella fase delle indagini e la mia cura a rendere noto il mio domicilio reale. Fugge chi fa perdere le proprie tracce. Io ero legittimamente nella casa di famiglia ad Hammamet dove mia moglie risiede, prima che la misura (dell'arresto) fosse disposta e dove vi ero, colpito da crisi il cui accertamento ha evidenziao lo stato grave delle malattie.

All'atto della disposizione della misura, tramite i miei difensori, avevo comunicato l'intenzione di consegnare il passaporto mediante incaricato. Avevo la predetta intenzione di poterlo consegnare inviandolo da luogo dove mi trovo, in attesa che le condizioni di salute mi consentano di tronare in Italia dove ho intenzione di esercitare ampiamente il mio diritto alla difesa"

( La misura dell'arresto perchè "irreperibile" non segue una condanna, ma è nelle indagini preliminari nel corso delle quali come è documentato, Craxi non si è mai sottratto ad interrogatori e confronti, tra i quali tre incontri con Di Pietro a cui consegnò una dettagliata memoria sui finanziamenti illegali al Pci per i quali il Pm dichiarava di non poter oltrepassare la porta di Botteghe Oscure. Una misura illecita a cui Craxi ha reagito dichiarandosi pronto ad ogni interrogatorio presso il suo domicilio tunisino, senza alcuna opposizione di natura diplomatica, quando e come i magistrati inquirenti avessero voluto fissare le date. Cosa che non è mai avvenuta. Questa è la sostanza della cosiddetta "latitanza", ma anche la causa della sua morte. Dall'ospedale di Tunisi non esitò ad incaricare chi gli stava accanto, di diffondere una dichiarazione in cui definiva i Pm di Milano "assassini". S.car.)



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