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LA LAICITA' POSITIVA

Come Benedetto XVI – sostiene il Presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy - credo che una nazione che ignori il proprio patrimonio etico, spirituale, religioso commetta un crimine contro la sua cultura

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Simona Bonfante
Nicolas Sarkozy, Presidente di una Repubblica fondata sulla “laicità”, parla di Dio, di fede, di speranza. Parla di religione e stato, delle tradizioni spirituali e filosofiche cristiane nella formazione della civiltà europea.  Ne parla con inusitata determinazione per un uomo politico, accorto e temerario, eletto a capo di un paese in cui solo il 10% dei cittadini si dichiara credente ed in cui, dal 1905, la laicità delle istituzioni pubbliche è sancita per legge.
La laicità, per la République, è un valore unificante e assoluto, è il collante etico di una società che riconosce nella libertà di credere, o meglio, nell'indifferenza al fatto religioso, la virtù illuminata di una ragione pubblica che rende immuni dalle patologie del dogma. È un valore di cui andar fieri, dunque.Mettere in discussione il concetto di laicità, in Francia, può essere pericoloso. Si corre il rischio di passare per oscurantisti. Si rischia l'accusa di opportunismo, di tradimento ai fondamenti etici della Repubblica. Si rischia, insomma, di infiammare il dibattito pubblico, suscitare allarme, smarrimento, timore che lo Stato, sensibile al fatto religioso, si snaturi al punto da compromettere la solidità delle fondamenta morali che lo sorreggono.Eppure, Sarkozy lo ha fatto. Ha parlato di Dio. Ne ha parlato non in privato ma in circostanze pubbliche altamente simboliche. Lo ha fatto, per la prima volta, in Vaticano, lo scorso 20 dicembre, in occasione di un incontro in San Giovanni in Laterano con il Pontefice Benedetto XVI e le massime autorità della Chiesa di Roma.Poche settimane dopo, il 14 gennaio, la nuova occasione si offre con la visita ufficiale in Arabia Saudita, ed è innanzi ad una platea di musulmani wahabiti che il Capo dello Stato francese pronuncia un discorso in cui la parola “Dio” ricorre decine di volte, ed ogni volta è come se in quel monosillabo echeggiassero gli interrogativi della società occidentale di oggi, una società che si scopre vulnerabile, secolarizzata, terrorizzata da una diversità che, sempre più spesso, si riconduce all'atteggiamento verso la religione.“Il Dio unico delle religioni rivelate. Il Dio trascendente che è nel pensiero e nel cuore di ogni uomo. Il Dio che non asserve l'uomo ma lo libera.  Il Dio che è un bastione contro l'orgoglio smisurato e la follia degli uomini. Dio che, aldilà delle differenze, non cessa di portare a tutti gli uomini un messaggio di umiltà e d'amore, un messaggio di pace e fraternità, un messaggio di tolleranza e rispetto.”Nei due interventi, in Laterano e a Riyad, Sarkozy sembra volersi far carico di una responsabilità enorme per un uomo politico: dichiarare la fine di un'epoca in cui la misura dell'etica pubblica è la sua indifferenza agli interrogativi della fede; in cui la libertà delle istituzioni repubblicane si misura su una laicità che nega alla fede la luce della ragione rivendicata per sé. “La laicità – ragiona Sarkozy nel suo discorso in Laterano - è un fatto indiscutibile nel nostro paese (…) e nessuno può dunque oggi negare che il regime della laicità francese sia una garanzia di libertà: libertà di credere e libertà di non credere, la libertà di praticare una religione e la libertà di cambiarla, la libertà di non essere urtati nella propria coscienza da pratiche ostentate, la libertà per i genitori di dare ai propri figli un'educazione conforme alle proprie convinzioni, la libertà di non essere discriminati dalle istituzioni in virtù delle proprie credenze.”Eppure, lo scudo della laicità non sembra più garantire la protezione assicurata in passato. La laicissima società francese – nel più ampio contesto di una laica società europea - si trova infatti costretta a riflettere sulla propria indifferenza religiosa, dalla sfida lanciata ai fondamenti etici delle sue istituzioni pubbliche dalla progressiva secolarizzazione delle sue agenzie morali, e dalla crescente quota musulmana della sua popolazione.L'istanza culturale di cui si fa carico il Capo di uno stato consapevolmente laico come la Francia, nasce proprio dalla necessità di restituire senso al concetto di laicità, in un momento in cui lo scontro tra civiltà rischia di polarizzare la società non solo lungo l'asse credente-non credente, ma anche su quello cristiano-musulmano. È l'Islam, il suo apparire inedito e prepotente sulla scena religiosa e politica francese, ad aver avviato la riflessione sulla responsabilità della politica di accompagnare un processo che investe l'essenza della laicità repubblicana; un processo che Sarkozy ha reso pubblico sin dai tempi in cui, da Ministro dell'Interno, istituiva un inedito Consiglio francese del culto musulmano, affidandogli il compito di accompagnare la trasformazione della società, ritrovando nella differenza - nella cifra spirituale di quella differenza – un patrimonio da capitalizzare, non una minaccia da combattere.   La laicità di uno stato pluriconfessionale, nel ragionamento dello Chef de la République, non si onora negando alla religione il ruolo pubblico che evidentemente ad essa deriva dal suo essere agente di formazione morale, né pretendendo di affermare una laicità come alterità rispetto al fatto religioso. La laicità – la nuova laicità che nella civiltà secolarizzata e pluriconfessionale è necessario affermare - è quella che il Presidente francese definisce “laicità positiva”, ovvero “una laicità che ispirandosi alla libertà di pensiero, alla libertà di credere e di non credere, non considera le religioni un pericolo, ma una risorsa.”La laicità positiva nasce dalla ricerca razionale di una etica non relativizzata all'immanenza, una ricerca che non teme di ritrovare nella fede – nelle fedi - il nutrimento etico dell'umanità che le istituzioni storiche di per sé non potranno mai garantire.  “Se è incontestabilmente vero che esiste una morale umana indipendente dalla morale religiosa – sostiene il Presidente - la Repubblica ha tutto l'interesse a che esista una riflessione morale ispirata alle convinzioni religiose. Innanzitutto, perché la morale laica rischia sempre di smarrirsi, se non trova conforto in un'esperienza fondata sull'aspirazione verso l'infinito. Poi, perchè un'etica priva di riferimenti alla trascendenza è inevitabilmente esposta alle contingenze storiche (…)”.La laicità positiva teorizzata da Sarkozy, allora, non limita ma espande le libertà dei cittadini e si contrappone in questo a quell'altra “laicità”, la laicità “negativa”, che disconosce al patrimonio etico delle fedi il diritto a nutrire le coscienze di un popolo.Di quella laicità negativa si fanno interpreti, ad esempio,  due autorevoli esponenti del Partito socialista francese, Bariza Khiari e Jean-Pierre Michel, secondo cui “la diversità e l'accettazione dell'islam sono il test della credibilità della nostra Repubblica laica, che deve poter conciliare i termini del trittico République, laïcité, égalité. La Repubblica – scrivono su Le Monde, il 29 gennaio - non è solo un regime politico. È un insieme di principi, di valori. È soprattutto un progetto. Affermare che la Repubblica ha bisogno di credenti convinti, significa negare valore a quel progetto.”Secondo i due socialisti, insomma, “la Repubblica non ha bisogno di credenti per esistere, ha bisogno di cittadini eguali che affrontano insieme il proprio avvenire. La speranza non appartiene solo alle religioni. La Repubblica stessa è la più grande delle nostre speranze: speranza nei nostri valori e nel nostro comune progetto, speranza nella giustizia sociale, speranza in un mondo migliore, qui e subito.”C'è quanto basta, insomma, per rilanciare una sfida filosofica che la politica illuminista aveva creduto risolta una volta per tutte.“L'errore di Monsieur Sarkozy – scrive Henri Tincq, su Le Monde del 26 gennaio – è di confondere la laicità con la secolarizzazione dei costumi, dei comportamenti, delle idee. È lo stesso errore che, a modo loro, commettono gli episcopati spagnolo e italiano quando attribuiscono all'offensiva laica l'indebolimento della memoria cristiana, il declino delle pratiche religiose, la paralisi della fede nelle delizie del materialismo.“La secolarizzazione trionfa in Europa, frutto di storie nazionali complesse e di uno sfaldamento dei valori fondati sul cristianesimo. Ma, in nome della “laicità positiva”, che suona “neoclericale” sulla bocca di Sarkozy, spetta forse allo Stato – si chiede Tincq - colmare la perdita di pertinenza e capacità di convincere del discorso religioso?”Per Régis Debrais, il discorso pronunciato da Sarkozy in Laterano non è che una “falsificazione dello stato civile” francese. “Radicato nell'istituzione pubblica – scrive lo scrittore in un editoriale apparso ancora su Le Monde il 24 gennaio    il progetto repubblicano di emancipazione ha una sua nobiltà. Ha un codice di libertà pubbliche, ma la Fraternità non è data per legge. È un fine in sé, che si può definire trascendente, sul quale vanno regolati pensiero ed azione.”Non spetta alla politica, insomma, cercare la Verità, e non è certamente tempo per la politica di far sponda su una sorta di nuovo messianesimo che nulla ha a che vedere con il dovere che le è proprio, ovvero quello di occuparsi non delle anime ma del benessere materiale dei cittadini. Non è compito di un Capo di Stato, dunque, “rimettere ai detentori di una Verità unica il monopolio del senso e della dignità”, poiché – conclude Debrais – tra la “high-life” e la “vita consacrata, c'è il civismo”.Traslare sul piano metafisico la responsabilità di agire e risolvere le complessità del presente, come si ritiene voler fare Sarkozy, non sarebbe altro che un atto di cinismo politico, un astuto tentativo di “sostituire all'oppio dei poveri, l'alibi dei ricchi.”Per l'ortodossia laica, riconoscere nella trascendenza una componente essenziale ed unificante dell'essere umano equivale a confinare la morale laica in una posizione filosoficamente subordinata alla morale religiosa che si alimenta alla sorgente della Verità. Un'etica non generata nel patto repubblicano, ma rivelata nelle sacre scritture. E questo significherebbe pretendere di scontornare i confini tra il piano dell'agire politico e quello dell'agire religioso. Tuttavia, non sembra affatto questa l'aspirazione del Presidente.“Nella Repubblica laica – conviene infatti Sarko - l'uomo politico non deve decidere sulla base di considerazioni religiose, ma è cruciale che la sua riflessione e la sua coscienza siano illuminate dai consigli di chi si ispira a norme e convinzioni libere dalle contingenze immediate.”All'uomo politico tocca operare laicamente, assumendo la norma morale religiosa non come imperativo giuridico delle istituzioni pubbliche, ma come stimolo a valorizzare il portato etico dei credenti nella società. In fondo, non è certo il compiacimento alle autorità ecclesiastiche ad aver indotto il Presidente a prendere provvedimenti per semplificare la procedura del divorzio.Ecco allora che la traduzione politica degli interventi “religiosi” di Sarkozy è il progetto di riforma della legge sulla laicità che, ad esempio, interdice gli istituti scolastici confessionali dal riconoscimento pubblico del titolo di studi da essi impartito. Su questo fronte il governo si è già messo al lavoro, istituendo due gruppi di studio, composti da eminenti personalità del mondo laico, con il compito, tra l'altro, di sviluppare le proposte avanzate dalla commissione Machelon sulla revisione della legge del 1905.Un'iniziativa che i laici non sembrano in realtà aver particolarmente gradito. I primi a dolersene sono stati i massoni, seguiti e corroborati dall'offensiva intellettual-tecnocratica dei custodi della coscienza repubblicana.Per il Grand'Oriente di Francia, ad esempio, quello del Presidente Sarkozy non è che “un inquietante ritorno alla religione”, mentre il Comitato nazionale di azione laica, che associa le più potenti federazioni degli insegnanti pubblici, ha scelto la via della burla: inviando al Presidente l'augurio di un “nuovo anno laico”, gli si ricorda, tra l'altro, che i soli valori che il capo dello stato deve preoccuparsi di onorare sono “i valori della Repubblica”. A turbare la coscienza laica francese, insomma, è il mettere in discussione i presupposti filosofici di una laicità che si riconosce nell'indifferenza al fatto religioso e dunque nega legittimità all'interrogativo sulla capacità dell'etica laica declinata nelle istituzioni repubblicana di rispondere ai bisogni della complessa società di oggi.
Secondo il filosofo Jean-Claude Monod, “la legge del 1905 non è “positiva” né “negativa” rispetto alle religioni, ma neutra”. “Fondata sul principio dell'eguale libertà di coscienza – scrive il filosofo della Scuola normale superiore su Le Monde del 29 gennaio – essa garantisce a tutte le religioni il libero esercizio di culto, escludendo del tutto la possibilità che lo Stato finanzi le religioni e che i sacerdoti partecipino all'insegnamento pubblico, garantendo altresì il diritto delle coscienze atee o agnostiche di non subire il proselitismo religioso da parte dello Stato, come quello dei credenti di non subire la propaganda dello Stato in favore dell'atesimo.”
L' impianto accusatorio contro il Presidente si fonda, in sostanza, sul “reato” di confessionalizzazione del discorso politico, ovvero il tentativo di deresponsabilizzare la decisione pubblica dei doveri sociali che ad essa invece si impongono. Il cortocircuito politica-religione scatterebbe allora con la presunta rinuncia ad onorare i valori repubblicani che si compiono nella eguaglianza dei cittadini e nella neutralità delle istituzioni pubbliche. “Come ha fatto con gli imam all'epoca degli scontri nelle banlieu, nel 2005 – sostengono i senatori socialisti Khiari e Michel - Nicolas Sarkozy predica la presenza delle religioni nel campo politico per pacificare le tensioni sociali aggravate dalla sua politica. Dopo aver tentato di etnicizzare la questione sociale, adesso prova a confessionalizzarla.” “Gerarchizzando il monoteismo – scrivono i due – [Sarkozy] istilla un fermento di divisione supplementare, come ha già fatto tra francesi e immigrati, e tra dipendenti pubblici e privati. (…) Sostenendo che, nell'apprendimento dei valori, l'insegnante non potrà mai sostituire il pastore o il curato (…) [come ha detto il Presidente nel discorso a Riyad] - il capo dello Stato tenta di discreditare la laicità e la scuola repubblicana, suo luogo di espressione storico. Questo conduce ad affermare la superiorità della fede sulla ragione.”“Questa deriva – continuano Khiari e Michel - deve essere categoricamente respinta. Fede e ragione riposano su due ambiti distinti. È questa l'intuizione fondamentale della laicità. I valori repubblicani trasmessi dall'insegnante sono la condizione del vivere insieme. Eredità dei lumi, la morale laica è una tappa essenziale nella costruzione di un individuo autonomo e di un cittadino libero e consapevole.”“Come Benedetto XVI – ammette invece Sarko - credo che una nazione che ignori il proprio patrimonio etico, spirituale, religioso della sua storia commetta un crimine contro la sua cultura, contro l'insieme della sua storia, della tradizione, dell'arte e delle tradizioni popolari che impregnano così profondamente il suo modo di vivere e pensare. Smarrire le proprie radici equivale a perdere il senso di sé, a indebolire le fondamenta dell'identità nazionale, infliggere un colpo letale ai rapporti sociali che hanno così bisogno di simboli della memoria.”Il dibattito in Francia è appena cominciato.






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