Intervista a Fernando Mezzetti, consulente dell'ISPI, giornalista e già corrispondente da Pechino, Mosca e Tokio
di Francesca Morandi«Lo scudo anti-missile è diventato una questione della Nato e non più un progetto soltanto americano». È questo, secondo Fernando Mezzetti, giornalista e già corrispondente da Pechino, Mosca e Tokio, il grande risultato che il presidente George W. Bush ha raggiunto al vertice dell'Alleanza Atlantica a Bucarest nel corso del quale «la Nato ha imposto il rinvio sull'adesione di Ucraina e Georgia ma ha fatto proprio lo scudo spaziale che non è più un problema tra Usa, Polonia e Repubblica Ceca da una parte, e Russia dall'altra, ma è diventato un piano dell'Alleanza Atlantica secondo la quale il sistema anti-missile contribuirà alla sicurezza e alla difesa di tutti i Paesi alleati».
«Lo scudo è stato originariamente concepito da Washington e negoziato bilateralmente non in sede Nato ma tra Stati Uniti e Repubblica Ceca e tra Stati Uniti e Polonia - spiega Mezzetti, grande conoscitore della realtà russa e cinese - L'Alleanza Atlantica è stata a lungo fuori da questo progetto che, da alcuni Paesi membri è stato anzi guardato con scetticismo. Oggi invece tutta la Nato riconosce che dall'Iran potrebbe giungere una minaccia e lo scudo è una necessaria difesa».
Come spiega le divisioni che hanno portato al rinvio dell'adesione alla Nato di Ucraina e Georgia?
«Sulla questione dell'adesione di Ucraina e Georgia sono emerse chiaramente diversità di posizioni tra il membro più importante della Nato, gli Stati Uniti e diversi altri Paesi, come Germania, Francia, Gran Bretagna e l'Italia. Fino all'ultimo Bush ha insistito sull'ingresso dei due Paesi ex sovietici nell'Alleanza Atlantica ma gli Stati che si opponevano hanno addotto ragioni di opportunità e di tempistica».
Ce ne parli ...«Le ragioni di opportunità erano legate ai problemi che i due Paesi vivono al loro interno e la cui adesione avrebbe acuito provocando forti tensioni con Mosca. L'Ucraina è spaccata al suo interno e metà della sua popolazione, intensa come etnia e mentalità, è russofona. La Georgia era pronta invece per entrare nella Nato. Ma, per qualche motivo, i membri dell'Alleanza Atlantica avrebbero dovuto andare a cacciarsi nel nido di vipere del Caucaso? Le Georgia vive infatti una situazione di profonda instabilità a causa dell'Ossezia del Sud e della Abkhazia, due regioni che erano state unite alla Georgia all'epoca dell'Unione sovietica e che, quando Tblisi si dichiarò indipendente nel 1991, si staccarono dalla Georgia dando origine a conflitti e esodi. Oggi la questione si è cristallizzata in un limbo. Ossezia del Sud e Abkhazia si dichiarano oggi indipendenti dalla Georgia che tuttavia le considera parte del proprio territorio ma di fatto Tblisi non esercita alcuna sovranità sulle due province che vorrebbero unirsi alla Russia. Finora Mosca ha deciso di non aprire le sue porte a Ossezia del Sud e Abkhazia, sebbene le abbia sempre sostenute. In seguito alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, la Russia ha però tolto molte restrizioni ai suoi rapporti con le due regioni indipendentiste. Se queste ultime dovessero indire un referendum per unirsi alla Russia e il risultato fosse a favore di Mosca, il Cremlino potrebbe indicare il Kosovo come precedente e proseguire nel cammino di inclusione delle due regioni all'interno delle sue frontiere. Tra l'altro il presidente georgiano Mikheil Saakašvili ha spesso ribadito che non permetterà mai l'indipendenza di Ossezia del Sud e Abkhazia, lasciando spesso intendere un possibile intervento militare. Gran parte dei Paesi Nato erano quindi ben consapevoli che sarebbe stato pericoloso toccare una tale situazione di tensione che avrebbe pesanti ripercussioni a livello internazionale».
E riguardo alle ragioni “tempistiche”, cosa ci dice?«I problemi di tempistica erano invece legati al recente insediamento del neopresidente russo Dmitri Medvedev e alla considerazione, da parte dei Paesi della Nato, che creare frizioni con Mosca prima ancora di aver a che fare con il nuovo capo del Cremlino non era conveniente. A fronte anche del fatto che il presidente Vladimir Putin ha ribadito più volte che l'allargamento a Est dell'Alleanza Atlantica sarebbe considerato come una minaccia per la Russia. Il mese scorso l'attuale primo ministro russo aveva affermato che se l'Ucraina fosse entrata nella Nato, Mosca avrebbe puntato i missili contro il territorio ucraino».
Di fronte a questi ostacoli, per quale motivo Bush ha promesso, fino a 48 ore prima del vertice, che Kiev e Tblisi, sarebbero entrate nella Nato?«Perché è stato il suo ultimo vertice, sono gli ultimi mesi nelle vesti di presidente degli Stati Uniti e voleva lasciare il segno come il presidente che allarga il “cerchio della libertà”. Sul problema di Ucraina e Georgia la posizione della Nato è stata dunque il rinvio all'adesione che potrebbe avvenire magari già al prossimo vertice. Si è dunque preso tempo, come avviene nelle migliori tradizioni diplomatiche, in vista che cambino i rapporti globali con la Russia, la quale in futuro potrebbe non considerare più l'espansione della Nato verso i suoi confini come una minaccia».
Questo crede che sarà possibile sotto la presidenza di Medevev?«In un prossimo futuro non mi aspetto da Medvedev nulla di diverso da quello che è avvenuto finora».
Neppure con il prossimo presidente americano?«Azzardo l'ipotesi che il prossimo presidente Usa sarà John McCain, un presidente repubblicano favorevole alla guerra in Iraq, che quindi potrebbe essere guardato con sospetto da Mosca. È comunque è difficile fare previsioni».
Ma torniamo al vertice della Nato, non c'è stato un accordo sullo scudo anti-missile. Come ha pagato la strategia di Bush?«Ha pagato in una maniera eccellente perché la Nato ha fatto proprio lo scudo spaziale».
Innanzitutto, chiariamo brevemente cosa si intende per “scudo spaziale”?«È un sistema anti-missilistico che si basa, secondo il piano di Bush, su di un enorme radar, collocato nella Repubblica Ceca, e su dieci missili intercettatori basati in Polonia. Innanzitutto ritengo che si parli impropriamente di scudo spaziale. Sarebbe più corretto parlare di uno “scudetto”, in quanto si tratta di un progetto assai più limitato di quello al quale mirava l'ex presidente Ronald Reagan che pensava a uno scudo spaziale globale che, tramite intercettori basati nello spazio, fuori dall'atmosfera, avrebbero intercettato missili in arrivo e li avrebbe distrutti. E, secondo il piano di Reagan, la copertura sarebbe stata globale. Sebbene il piano di Bush sia di entità ridotta rispetto a quello originario, emerge l'antica ossessione russa dell'accerchiamento. Mosca è infatti convinta che il sistema anti-missile sia diretto anche contro i suoi confini».
È vero oppure no?«Da un punto di vista militare dieci missili intercettatori non basteranno mai a neutralizzare l'arsenale russo che è composto da centinaia di missili e migliaia di testate».
Ritiene quindi che lo scudo non sia una minaccia concreta per la Russia, ma sarà efficace contro eventuali missili di Teheran, che, secondo Washington è il vero avversario?«Si prevede che l'Iran prima o poi arrivi ad avere missili intercontinentali ma non si prevede che possa procurarsene centinaia di missili come hanno russi. Si presume quindi che lo scudo, così come concepito da Bush, possa bastare per distruggere quei due o tre missili che Teheran potrebbe lanciare. Per capire tuttavia la posizione della Russia bisogna tornare alle posizioni della Guerra Fredda. A fronte dello scudo globale di Reagan i russi affermavano, non senza ragione, che gli Stati Uniti avrebbero potuto lanciare un attacco rimanendo al riparo dietro allo scudo. In Occidente Reagan era considerato un guerrafondaio oppure un folle da coloro che considerano il progetto dello scudo globale come irrealizzabile. Chi prese sul serio Reagan furono invece i sovietici perché essi stessi avevano fatto quegli stessi studi e sapevano che lo scudo era fattibile, solo che non avevano i soldi per attuarlo. Oggi i russi fanno un ragionamento analogo e temono che la Russia sia esposta a un eventuale attacco. E a Mosca non bastano le rassicurazioni degli occidentali perché sa benissimo che nei rapporti tra Stati non ci si può fidare di emozioni e sensazioni, ma ci si basa sui rapporti di forza che sono determinati dalla potenza militare. Secondo Mosca lo scudo che vuole Bush altera gli attuali
rapporti di forza tra Usa e Russia a favore degli americani. Questo nonostante lo scudo non sarebbe in grado di neutralizzare la capacità di fuoco russa. Tra l'altro, la rotta di un missile intercontinentale russo diretto a colpire gli Usa sarebbe fuori portata degli intercettatori posizionati in Polonia».
La difficoltà che ha Mosca a trattare sullo scudo è anche legata all'avvicinamento della Russia con l'Iran?
«La Russia ha ammesso che potenzialmente potrebbe giungere una minaccia dall'Iran. Mosca ha sempre fatto un po' di doppio gioco con l'Occidente, affermando che non ci sono prove che Teheran stia preparando una bomba atomica. Mosca ha anche fatto delle proposte concilianti proponendo all'Iran di arricchire l'uranio in territorio russo, una proposta che fu rifiutata dal governo degli ayatollah. La stessa agenzia dell'Onu per l'energia atomica (Aiea) ha rilevato che c'è un atteggiamento sospetto da parte dell'Iran e la Russia non ha potuto tirarsi indietro dall'affermare che non è pienamente convinta che il programma iraniano sia destinato a scopi pacifici. È chiaro che Mosca non vuole inimicarsi l'Iran ma il dato fondamentale è che sia la Russia sia la Cina sanno perfettamente che un missile iraniano non sarà mai puntato contro di loro. Questo perché non hanno motivi di contenzioso che invece è presente tra l'Iran e gli Stati Uniti ed eventualmente con gli europei, se restano schierati dalla parte degli Usa. Pechino e Mosca sanno bene che nel momento in cui l'Iran avesse la bomba atomica e dovesse avere i missili per poterla lanciare, sono certi che non saranno loro ad essere attaccati».
La Russia aveva anche proposto a Bush di mettere a disposizione una base in Azerbaigian per lo scudo. Perché fu respinta da Washington?«Dagli Stati Uniti furono indicati problemi tecnici, relativi al fatto che l'Azerbaigian è troppo vicino all'Iran per permettere a un radar di intercettare un missile in un tempo sufficiente per poterlo distruggere. Ma in realtà vi era anche una motivazione legata al timore degli Usa di cedere alla Russia una tecnologia che avrebbe poi permesso a Mosca di acquisire conoscenze tali da rappresentare una preoccupazione per Washington che, sotto il profilo della tecnologia militare è in una posizione avanzatissima rispetto ai russi. Utilizzare un radar russo in una base russa e aggiornarlo secondo nuove tecnologie americane significherebbe infatti esporne il “know-how” all'intellingence russa. Questo è inaccettabile per gli americani».
La Russia dovrà decidere tra Iran e Occidente?«La Russia non deciderà perché non romperà mai con l'Iran».
Lo scudo spaziale si farà oppure no?«Sì, lo scudo si farà. Rice e Gate hanno offerto di aprire l'impianto a ispezioni russe. Washington ha offerto inoltre di costruire l'impianto ma lo renderà operativo soltanto quando si avrà la certezza che gli iraniani hanno dei missili intercontinentali. Questa prova si otterrà quando gli iraniani faranno un test missilistico. Su queste proposte americane Putin si è detto disposto a lavorare».
Nel loro ultimo incontro a Sochi Bush e Putin hanno parlato di buone e forti relazioni tra Russia e Usa, si sono scambiati complimenti e i due presidenti hanno firmato un documento che stabilisce una “road map” per i futuri legami tra i due Paesi, promettendo di portare avanti i dialoghi per giungere a un compromesso anche in futuro. È stata tutta diplomazia di facciata o no?«No. Sono convinto che gli americani non considerano la Russia un nemico. Per loro la Guerra Fredda è finita. Tuttavia sono determinati nel fare in modo che la Russia non torni più al rango di superpotenza. Questo spiega gli allargamenti della Nato sui quali Washington ha insistito».
Al vertice della Nato si è deciso sull'ingresso di Croazia e Albania. Che ne pensa?«È stato un altro successo del summit. L'ingresso di Croazia e Albania nella Nato, con quello imminente della Macedonia, solo temporaneamente rinviato, e insieme all'offerta a Montenegro e alla Serbia, significherebbe che tutti i Balcani potrebbero, in un prossimo futuro, passare sotto l'ombrello dell'Alleanza Atlantica. Se Belgrado accettasse, tutti i Paesi balcanici sarebbero dentro la Nato, se si rifiutasse, si troverebbe comunque circondata da Stati membri della Nato. Questo vuol dire che la Russia non avrebbe alcun appoggio nei Balcani. E significherebbe una stabilizzazione dei Balcani sotto l'ombrello della Nato».