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"LA PACE ARMATA. IL RUOLO DELL'ITALIA NELLA NUOVA DOTTRINA STRATEGICA".
UN SAGGIO DI ARDUINO PANICCIA

Un libro che apre gli occhi sui futuri scenari internazionali e i rapporti tra potenze. Un’alleanza stretta tra Italia e Germania alla base di un’Europa forte

Data: 0000-00-00

A cura di Francesca Morandi

Prologo

Il libro si apre con un ipotetico scenario da incubo: un attacco batteriologico a Disney World provoca migliaia di morti negli Stati Uniti. Dietro all'attentato c'è Al Qaeda che, con il contributo occulto dei servizi segreti iraniani, reperisce spore di antrace modificate in laboratorio. L'antrace apparteneva al vasto arsenale di armi di distruzione di massa di Saddam Hussein che nessuno aveva mai pensato di cercare nel posto giusto, l'Iran. L'America, con il supporto di Israele, reagisce al terribile attacco e sull'Iran si scatena un'apocalisse di fuoco e radiazioni che cancella l'intera macchina militare di Teheran, annientando ogni sua capacità nucleare. Sopravvive al disastro una piccola flotta sottomarina iraniana che blocca il Golfo Persico facendovi transitare solo le petroliere amiche e lanciando missili contro quelle nemiche. Ne segue una crisi senza precedenti del mercato planetario dell'energia che provoca il crollo immediato delle principali Borse del globo e fa aumentare il prezzo del petrolio a cifre iperboliche e inaccessibili a molte economie.

Capitolo I
La svolta americana e la riscossa del Vecchio Continente

Nell'introduzione e nel primo capitolo l'autore presenta il fenomeno del terrorismo internazionale, tema cruciale del libro in quanto causa dei conflitti presenti e futuri. Il terrorismo viene collegato alle dinamiche tra i grandi Stati della Terra e in relazione al controllo delle risorse energetiche mondiali.  Particolare attenzione è data alla visione che gli italiani hanno del terrorismo transnazionale al quale guardano con distacco come se si trattasse di un problema esclusivamente americano. «Non ci si rende conto – scrive Arduino  Paniccia – di quanto questa situazione possa incidere sulla sicurezza interna del nostro Paese e non solo in relazione al pericolo di gravi attentati, sempre possibili se non probabili, ma anche al nostro quotidiano come, ad esempio, un improvviso blocco dei rifornimenti energetici e il vertiginoso aumento del consumo di eroina che, proveniente dall'Afghanistan, viene venduta in grandi quantità, pura e a basso costo,  saturando così il nostro mercato interno e provocando numerose vittime tra i nostri giovani per overdose. (…) le strade di Kabul e Baghdad sono molto più vicine di quanto noi pensiamo, il volano della globalizzazione ci avvicina alle aree di crisi a dispetto della geografia. Rinunciare a un ruolo attivo nella risoluzione di quelle controversie significa non solo l'impoverimento della nostra politica estera, ma soprattutto significa compromettere la sicurezza del nostro Paese». Con questo ragionamento Paniccia introduce il concetto di “interesse nazionale” che è necessario tutelare anche attraverso le missioni militari.  Seguono considerazioni strategiche legate alla politica estera americana ed europea che sono messe a confronto per concludere che un ruolo attivo e forte dell'Unione europea sullo scenario mondiale è fondamentale alla stabilizzazione.

Capitolo II
Dalla guerra “all inclusive” alla dottrina “one by one”. La lezione irachena

Lo studio si concentra sul mutamento delle caratteristiche dei conflitti dalla Guerra Fredda ad oggi. Non assistiamo più, come avveniva in passato, a guerre mondiali e a un assetto bipolare degli equilibri planetari ma a conflitti periferici condotti attraverso azioni di terrorismo e guerriglia. L'Iraq ne è l'esempio evidente: «La guerra in Vietnam fu combattuta all'interno della Guerra Fredda e di uno status ben chiaro - osserva Paniccia -  mentre gli eventi iracheni accadono in un mondo non più bipolare, fortemente regionalizzato, scosso da movimenti di riscoperta religiosa e da trasformazioni economiche e tecnologiche sempre più veloci». Gli americani, che hanno preso coscienza solo recentemente di questi cambiamenti, hanno pagato il prezzo di una strategia “all inclusive”, coinvolgente molteplici obiettivi, come mostra l'analisi delle possibili ragioni per cui gli Stati Uniti sono entrati in guerra in Iraq: l'eliminazione di Saddam Hussein; la ricerca di armi di distruzione di massa; la guerra al terrorismo e ad Al Qaeda; l'esportazione della democrazia; il controllo del petrolio; il presidio dell'area mediorientale e quello ravvicinato dell'Iran.  «Troppi obiettivi – sottolinea il professore – alcuni dichiarabili, altri meno, tattici e strategici mischiati, spesso tra loro contrastanti e appartenenti a settori diversi: militari, politici, sociali, economici, industriali». Il nuovo assetto globale richiede quindi nuove regole di guerra che seguano una logica inversa all'approccio “all inclusive”. Paniccia elabora il concetto di strategia “one by one”, che prevede un processo di scomposizione dei diversi obiettivi da affrontare con operazioni tattiche diverse se necessario. «Una “strategia modulare” - spiega l'autore - “tailor made” (fatta su misura), ampliabile e modificabile a seconda delle esigenze delle risorse disponibili, dei fronti e degli avversari».

Capitolo III
Cina, India e Russia: alleati o antagonisti?

I due pilastri sui quali può basarsi una nuova strategia tra Europa, potenze asiatiche emergenti e Russia sono strettamente collegate alla politica estera che seguirà il presidente russo Dmitry Medvedev, erede di Vladimir Putin. Essendo egli filo-occidentale, va fatto il possibile per impedire che il dispiegamento del sistema missilistico americano nell'Europa orientale spinga Medvedev a transitare nel blocco filo-cinese. Paniccia attribuisce all'India un ruolo fondamentale per evitare che la spaccatura tra Russia, Europa e Stati Uniti si trasformi in una voragine. Secondo l'autore «il sub-continente indiano, isola di democrazia nel vasto arcipelago asiatico dell'autoritarismo post-comunista, dovrà essere al centro della nuova dottrina strategica Europa/Usa, costruita su tre elementi essenziali: il contenimento della massa cino-russa, l'avvicinamento della Nato all'Oceano Indiano e al Golfo Persico (anche per monitorare l'instabilità del Pakistan) e il mantenimento di relazioni sostanziali con i Paesi del Gruppo di Shanghai, che dovranno essere alleati nella lotta contro il terrorismo e la criminalità transazionali». A rendere complessa l'attuazione di questa strategia è tuttavia l'estrema instabilità dell'India considerando che «nel Paese vivono ben 120 milioni di musulmani,  l'India ha già subito numerosi e sanguinosi attentati ed è potenzialmente una delle aree più esplosive a fronte di un'eventuale fiammata di integralismo islamico». Paniccia auspica inoltre una pressione all'interno della Nato affinché ogni trattativa con esponenti politici e militari indiani che avvenga sotto l'egida di un Comandante europeo quale l'Ammiraglio Di Paola, poiché lo schieramento di alti gradi statunitensi intimorirebbe gli indiani, niente affatto desiderosi di alterare i delicati equilibri orientali.

Capitolo IV
Italia, interesse nazionale e Forze Armate tra pace e guerra

Quale deve essere il ruolo internazionale dell'Italia? L'autore risponde innanzitutto evidenziando la necessità di definire il concetto di “interesse nazionale” che si sintetizza in due obiettivi: la sicurezza e lo sviluppo economico del nostro Paese. A questo fine è necessario che l'Italia partecipi attivamente a una strategia di stabilizzazione del Mediterraneo, dove può svolgere un ruolo cruciale per contrastare attentati terroristici e ondate migratorie, oltre a garantire la sicurezza di un bacino nel quale transitano il 30% dei traffici mondiali, oleodotti e gasdotti sempre più strategici. «Compito prioritario nella futura politica del nostro Paese è portare all'attenzione della Nato, dell'Europa e degli alleati americani questo ruolo importante non solo per l'Italia ma per tutto l'Occidente – osserva Paniccia – Fino a oggi lo abbiamo fatto con difficoltà».  L'Italia ha molto da offrire alla futura strategia in quanto può attingere a una vasta e proficua esperienza nella ex Jugoslavia, dove le nostre Forze Armate, stanziate nell'area da 15 anni, hanno dato vita a un efficace modello di ristabilimento dell'ordine che si basa su operazioni di peace-keeping e azioni volte a sostenere la ricostruzione attraverso una cooperazione tra piccole e medie imprese. «L'Italia ha un copyright derivante dal modello di sviluppo dei distretti industriali di piccole e medie imprese, che nella liturgia del consueto pianto antico nazionale noi consideriamo obsoleto mentre moltissimi Paesi desiderano apprendere e sviluppare», sottolinea l'autore bacchettando con ironia un atteggiamento nostrano che denota troppo spesso una scarsa, per non dire nulla, valorizzazione delle risorse di cui siamo dotati. L'autore evidenzia infine che lo sviluppo economico non può essere raggiunto senza sicurezza e stabilità.

Capitolo V
Della strategia

Dopo il clamoroso fallimento dell'intelligence che si è reso evidente con l'11 settembre 2001 e il mutato concetto di guerra, si rende necessaria l'elaborazione di una nuova dottrina strategica. Nelle aree di crisi si assiste sempre più spesso a confronti tra forme armate convenzionali e formazioni irregolari di guerriglieri e/o insorgenti che combattono con i sistemi della guerriglia e del terrorismo, mimetizzandosi tra le popolazioni nelle zone urbanizzate o luoghi impervi quali montagne o giungla. Si tratta di una guerra asimmetrica, definita così per la sostanziale differenza e sproporzione nei mezzi, tattiche, metodi, strategie e obiettivi delle forze che si confrontano. Occorre allora un ripensamento delle operazioni di intelligence e della comunicazione strategica. Il lavoro dei servizi di informazione
è di utilità fondamentale per conoscere l'avversario, le sue alleanze, le sue possibili mosse, mentre la comunicazione è strumento indispensabile per contenere l'effetto psicologico che la guerra provoca sulle popolazioni che ne sono colpite.

Conclusioni
La Pace armata

Insieme al concetto di guerra è cambiato anche quello di pace che non è più considerata, come è avvenuto dopo i due conflitti mondiali, il raggiungimento del disarmo totale. Una pace globale e duratura è oggi impensabile. Molta parte del globo vive in pace ma in alcune aree del mondo continueranno conflitti, anche vicino ai nostri confini.
«Il nostro compito è quello di difendere la pace che abbiamo conquistato, anche con l'uso delle armi quando occorre, e per questo si  parla di “Pace armata” - spiega Paniccia -  L'obiettivo è quello di impedire che i conflitti che esplodono nelle nostre periferie ci coinvolgano e ci facciano tornare nello stato di guerra». Occorrerà quindi puntare alla stabilizzazione delle aree di crisi con un eventuale impiego della forza assolutamente mirato e calibrato, con la ricerca del massimo consenso delle popolazioni dei Paesi coinvolti e con criteri che promuovano l'autodeterminazione e la sicurezza. Oltre al terrorismo, motivi di conflittualità nel mondo del futuro saranno legate a drammatiche situazioni che l'umanità dovrà affrontare, come la sovrappopolazione mondiale, la riduzione delle risorse energetiche, la crescente penuria d'acqua, i flussi migratori e il degrado ambientale. L'autore prevede inoltre una netta frattura tra le aree del benessere e quelle dell'emarginazione, il continuo ricorso alle armi come strumento politico di risoluzione delle controversie, il declino delle Nazioni Unite e il graduale spostamento del potere mondiale, prima economico e poi militare, da Occidente a Oriente. A fronte di tale scenario Paniccia ritiene necessario elaborare  una dottrina che poggi su due entità: l'Europa  unita, che rappresenta  comunque una realtà di primo piano nell'arena globale, e l'Asia nelle sue tre componenti russa, cinese e indiana. «Limitrofe all'Europa sono le aree di più forte crisi esistenti nel pianeta: quella del Mediterraneo, il grande Medio Oriente, l'Africa e i Balcani - rileva il  professore – La futura pace non può prescindere da un impegno importante dell'Europa e di conseguenza dell'Italia». Dopo aver osservato che la debolezza dello schieramento europeo è rappresentata dalla frattura tra il Nord e l'area mediterranea, Paniccia  sostiene l'ipotesi di un'alleanza molto più stretta tra Italia  e Germania.

 






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