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LA SINISTRA HA RINUNCIATO ALLA MODERNITA'

Parla Sunder Katwala, Segretario Generale della Fabian Society

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Critica Sociale incontra Sunder Katwala, Segretario Generale della Fabian Society, alla vigilia di un importante apputamento. Questo, per il think tank londinese, è un periodo particolarmente denso di avvenimenti. Il 21 febbraio i fabiani hanno infatti celebrato il centesimo anniversario del Minority Report, il rapporto di minoranza presentato da Beatrice Webb alla commissione incaricata di discutere la legge britannica sulla povertà. Era il 1909, ma le proposte innovative suggerite dall'intellettuale fabiana conservano tuttora la loro validità e attualità. Critica Sociale, da tempo partner della Fabian, ha avuto l'occasione di discutere con Katwala di Welfare, crisi economica e nuovi scenari internazionali:

1) La Fabian Society ha organizzato una conferenza per commemorare il centenario del Minority Report proposto da Beatrice Webb per emendare la legislazione britannica sulla povertà. Il rapporto delineava una visione della giustizia sociale che sarebbe diventata fondamentale per l'edificazione del moderno Welfare State. Quale potrebbe essere la strategia per combattere la povertà e la disuguaglianza nelle nostre società?

Penso che la ragione per la quale abbiamo organizzato questo evento non sia solo la commemorazione di un centenario, piuttosto, la nostra volontà di condurre una vera e propria inchiesta. Intendiamo chiederci fino a che punto le idee radicali e le campagne politiche di ieri informino le politiche e le battaglie di oggi. Uno degli aspetti interessanti del Minority Report é che non si tratta soltanto di una serie di idee che aiutò a perfezionare la struttura e gli istituti del Welfare State nel dopoguerra, quanto il fatto che esso abbia rappresentato una grande campagna politica e sociale della sinistra senza la quale il Welfare State come lo abbiamo conosciuto nel novecento non sarebbe esistito.
E credo che una delle domande da porsi oggi sia: la sinistra ci ha lasciato degli istituti funzionanti del welfare? E' sorta una organizzazione propriamente politica della società? La sinistra dopo aver creato gli istituti del welfare non li ha sviluppati adeguatamente e non li ha modernizzati. Perché? Se ne è forse parzialmente dimenticata perchè è entrata in una fase differente?

2) Mentre entriamo in una recessione che si annuncia lunga e pesante, è più importante che mai che la giustizia sociale e l'equità occupino un posto centrale nella agenda dei governi. Come potranno i governi europei rendere la recessione più giusta?

Credo che questa sia una sfida difficile. Vi sono due aspetti da considerare quando si entra in recessione. Da un lato, la gente tende a concentrarsi su se stessa e di conseguenza diventa più difficile creare coesione e solidarietà sociale; dall'altro può venirsi paradossalmente a determinare una grande occasione per i governi in quanto tutte le crisi di questo genere nascono da un vuoto di potere e non certo da un'eccessiva presenza del governo nella vita pubblica: di conseguenza si crea uno spazio per l'azione di governo, ovviamente un'azione che dovrà essere di qualità. Non stiamo discutendo di semplice interventismo statale. Il modo in cui la crisi colpisce la società interesserà e danneggerà per certo le fasce più povere della popolazione a meno che politicamente non si scelga di evitare questo stato di cose. Quindi credo sia importante aprire dei dibattiti che costruiscano nuove coalizioni politiche e sociali così che sorga l'opportunità di ripensare criticamente alla politica degli ultimi trent'anni, specialmente in Gran Bretagna, e ai rapporti tra la Gran Bretagna e l'America. Penso che sarà difficile per la sinistra resistere a questo momento di crisi economica, ma bisogna tener presente che questa potrebbe anche rappresentare la sua ultima chance di influenzare le dinamiche politico-sociali della contemporaneità.

3) L'amministrazione Obama sta cambiando il tono della politica estera Americana. Quale potrebbe essere il reale impatto del nuovo presidente Usa sulle relazioni internazionali?

Spero che in America si sia verificata una svolta determinante, anche se, realisticamente,  potrebbe cambiare tutto come niente perchè il “mondo del dopo-Bush” è diventato improvvisamente complicatissimo. Ora non possiamo più limitarci a biasimare e criticare tutto ciò che non funziona insistendo sul fatto che il governo americano non vuole fare “la cosa giusta”, perchè adesso abbiamo come interlocutore un governo americano che sembra intenzionato a fare “la cosa giusta”. Finalmente possiamo confrontarci con strategie e scelte politiche che mirano a rendere effettivo il cambiamento e il progresso su molti fronti caldi degli affari globali. Ma non vi è nulla di sicuro od inevitabile. Ad esempio, penso che il governo americano oggi abbia uno sguardo differente sul Medio Oriente ma i rapporti con quell'area non potranno essere trasformati nel giro di una notte. E ancora, ho i miei dubbi che ora come ora l'Europa riesca a costituire una solida alleanza in nome del multilateralismo in termini di relazioni internazionali e politiche globali. Ciò che conta, per ora, è che l'Europa riesca a collaborare a un progetto di ricostruzione positiva e che non si limiti ad esporre le sue critiche rispetto a quel che è avvenuto negli ultimi dieci anni. Quindi, le sfide che ci si parano davanti chiamano in causa noi tutti europei e non soltanto Barack Obama. 






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