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PROUDHON E IL BINOMIO "FEDERALISMO-SOCIALISMO". GUARDA ALL'ITALIA IL TESTAMENTO POLITICO DEL PENSATORE FRANCESE

“Del principio federativo”, un testo ormai dimenticato, anticipa i temi che saranno del socialismo liberale e della sussidiarietà tra Stato – società - cittadino

Data: 2009-06-17

di Critica Sociale

Del principio federativo
, è comunemente considerato il testamento politico di Proudhon. L'origine del libro sideve ad un articolo pubblicato il 7 settembre 1862 sul giornale Office de pubblicitè a Bruxelles, dal titolo Garibaldi et l'unité italienne, che seguiva di poco un altro articolo su Mazzini (Mazzini et l'unité italienne, 13 luglio 1862). Entrambi ebbero vasta risonanza sia sulla stampa che nell'opinione pubblica del tempo.
Pubblichiamo nelle pagine successive un estratto del saggio di Pierre Joseph Proudhon, la cui ultima edizione disponibile è quella curata da Paolo Bonacchi per “I Libri dell'Unione” discussa e approvata da Giulio Tremonti.
Una precedente edizione era stata pubblicata da “Mondoperaio-edizioni Avanti!”nel 1979, quest'ultima curata da Luciano Pellicani, in concomitanza con la rivalutazione del pensatore socialista con il celebre articolo a firma di Bettino Craxi sull'Espresso, “Il Vangelo socialista”.
Proudhon sapeva bene che le origini della democrazia erano da ricercarsi in una concezione unitaria dell'uguaglianza e della giustizia che sfocia nella comunanza che è finalizzata all'interesse preminente della collettività e non del singolo; l'idea del “comunismo” non era ancora istituzionalizzata.
L'impossibilità di realizzare nella pratica della vita della società i principi determinatori della democrazia fu una, se non la principale, causa del suo lento fallimento e della sua scomparsa come sistema di governo presso i popoli della Grecia antica.
A differenza di Mazzini, che sosteneva l'indipendenza solo nell'unità, Proudhon chiedeva “l'indipendenza nella diversità”,attraverso la federazione degli Stati che allora componevano l'Italia.Era naturale che la stampa unitaria ed i fanatici del principio romantico delle nazionalità lo attaccassero violentemente, per le sue ferme e decise prese di posizione federaliste e perciò naturalmente antiunitarie e contrarie all'accentramento.
Deciso a chiarire gli equivoci determinati dall'apparire dei due articoli su Mazzini e su Garibaldi, in cui la stampa belga aveva ravvisato un invito a Napoleone III ad annettere il Belgio alla Francia, il 1 ottobre 1862, in una nota all'articolo La stampa belga e l'unità italiana, scriveva:

“Ho sostenuto nel modo più chiaro possibile sia nel mio articolo su Mazzini sia in quello su Garibaldi, che il principio di unità è per sua natura illiberale e sfavorevole al progresso, alla sovranità delle nazioni, ed anche al principio della separazione dei poteri; di conseguenza, non lo vorrei per nessuno; che, se in questo momento ci sono delle esagerazioni di unità in Francia, questa è una ragione in più per opporre loro un contrappeso in Italia; che mi dispiace che la democrazia italiana non abbia approfittato del trattato di Villafranca e delle disposizioni dell'Imperatore, per inaugurare in Europa una politica di federazione, che l'unità italiana, lungi dall'abbattere il Papato, gli prepara un trionfo; che l'effetto da temere maggiormente da questo allettamento verso l'idea unitaria, che tormenta gli spiriti in Italia ed in Germania, sarà di abbandonare alla Francia la riva sinistra del Reno e di sacrificare il Belgio, cosa che evidentemente sono lontano dal desiderare, poiché mi servo di questa previsione come di un argomento contro l'unità”.

La reazione di Proudhon ebbe un effetto contrario a quanto egli si aspettava. In pratica, faceva balenare davanti agli occhi dell'opinione pubblica belga l'idea di una possibile annessione del Belgio alla Francia. Le reazioni della stampa e dell'opinione pubblica furono violentissime. I giornalisti belgi non capirono la sua posizione antiunitaria e la sua intenzione di metterli in guardia contro le tendenze annessionistiche. Le critiche feroci e le violente reazioni popolari, lo costrinsero ad un rapido rientro in Francia dove parimenti dovette difendersi dagli attacchi della stampa unitaria. Decise perciò di chiarire il suo pensiero sviluppando l'idea della teoria federativa.

Pierre Joseph Proudhon (1809-1865) èconsiderato il primo e più grande teorico della concezione federale dello Stato ed è il caposcuola del federalismo “integrale”, “della persona” o del “nuovo umanesimo”. A causa del suo grave dissidio con C.Marx e col comunismo, è pressoché sconosciuto in Italia.
“Scopo di questa pubblicazione – scrive il curatore dell'edizione che riportiamoin queste pagine, Paolo Bonecchi - è la diffusione della conoscenza delfederalismo di cui moltissimi politici, ed i giornalisti in genere,parlano senza conoscerne i principi e gli elementi fondamentali che lo contrappongono all'idea dello Stato sovrano, accentrato, unitario ed indivisibile quale ancora è l'Italia del terzo millennio.
La conoscenza della teoria del federalismo definita da Proudhon, indica i giusti concetti per avviare un vero e proprio cambiamento di logicadella politica, anche tenendo presenti le esperienze ormai consolidate di libertà di scelta, di possibilità di iniziativa e di progressivo benessere degli Stati federali più avanzati del mondo: la Svizzera e gli Stati uniti d'America. Pur con i loro problemi e contraddizioni,infatti, questi Paesi hanno indicato la condizione federale o contrattuale quale rimedio all'instabilità dell'ordine politico ed al controllo del potere dei rappresentanti da parte del popolo; stabilità e controllo necessari per il progresso civile della società per mezzo del governo di ognuno per il bene di tutti”.

Luciano Pellicani è laureato in scienze politiche all'università di Roma, con una tesi su Antonio Gramsci. Proprio lavorando alla tesi, Pellicani, di famiglia tradizionalmente comunista, si convinse che “il comunismo non era una buona idea realizzata male. Era proprio un'idea sbagliata”, e abbracciò idee socialiste-riformiste. Dopo la laurea si recò in Spagna, dove studiò l'opera e il pensiero del sociologo José Ortega y Gasset, per poi proseguire gli studi sociologici in Francia. Tornato in Italia,cominciò ad insegnare all' università di Urbino.
Nel 1976, dopo aver letto un articolo di Bettino Craxi, in cui il politico citava un saggio su Eduard Bernstein che Pellicani aveva scritto anni prima, Pellicani contattò il leader socialista, sancendo l'inizio di una collaborazione con il PSI. Intellettuale lontano dagli apparati di partito, Pellicani contribuì quasi esclusivamente inviando saggi e discorsi politici e, in seguito (dal 1985) dirigendo il periodico di area socialista Mondoperaio.

Paolo Bonacchi è nato ad Agliana (Pistoia)nel 1939. E' stato uno dei fondatori dell'Unione federalista del Prof.G. Miglio. Ha collaborato col settimanale Terra e Vita per le tematiche relative alla tecnica ed alla legislazione apistica; ha pubblicato numerosi articoli sui temi attinenti la democrazia diretta ed il federalismo sul settimanale l'Uomo qualunque nuova edizione, diretto da Lucio Lami; è autore dei Libretti per il federalismo e l'autogoverno pubblicati dall'Unione per l'autogoverno; ha curato la presentazione e la traduzione di questa nuova edizione di Del Principio federativo di Pierre Joseph Proudhon L'opera è stata discussa con Prof. Giulio Tremonti che l'ha approvata.






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