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MEDVEDEV E LA RIVOLUZIONE SILENZIOSA DEI CIVILIKI

Russia ■ Le incognite e le tensioni per una svolta verso la modernizzazione e la democrazia condotta dagli “avvocati”

Data: 2010-01-08

di Francesca Morandi, Critica Sociale, 12/2009,

La Russia è vicina a una svolta. Lo indicano riforme economiche alle porte, un imminente ingresso nell'Organizzazione Mondiale del commercio (WTO) e cambiamenti in vista nella leadership governativa, che muteranno il panorama politico-economico del Paese, da dieci anni guidato con il pugno di ferro da Vladimir Putin. Forse anche grazie al rientro in politica di Mikhail Gorbaciov, come l'ultimo presidente dell'ex Urss ha annunciato in occasione del ventennale del crollo del Muro di Berlino.
«La preoccupazione per la situazione attuale in Russia mi spinge a creare una forza politica che possa fare opposizione», ha affermato nei giorni scorsi l'ex capo dell'Unione sovietica, secondo il quale la corruzione e la dipendenza dall'export di petrolio hanno aggravato la crisi economica nel Paese. Gorbaciov ha apertamente sostenuto, anzi sollecitato, il presidente Dmitry Medvedev ad andare avanti nella sua linea volta a riformare il sistema economico russo, tagliare la spesa pubblica e garantire le libertà civili, così come ha annunciato nel Discorso annuale alla Nazione, lo scorso 12 novembre. Medvedev aveva espresso la necessità di modernizzare l'economia russa, ponendo fine alla dipendenza dall'esportazione di materie prime e a un sistema basato su aziende e monopoli di Stato, sostenendo l'urgenza di diversificare il mercato russo e auspicando lo sviluppo del settore manifatturiero "Made in Russia". Anticipando il monito di Gorbaciov, il Presidente russo ha assunto posizioni nuove rispetto a Putin riguardo alla necessità di promuovere il pluralismo politico, rafforzare il rispetto della legge e stroncare la corruzione. Medvedev ha promesso inoltre un sostegno da parte del governo alle attività in campo sociale, dopo l'annuncio, fatto qualche settimana fa, di imminenti emendamenti a una legge del 2005, voluta da Putin, che prevedeva severi controlli sulle organizzazioni non governative. Insieme a un esiguo gruppo di media, le Ong sono le uniche voci che si battono per la difesa dei diritti umani e civili nella società russa, finora stretta nel bavaglio di metodi autoritari.

Oltre ai provvedimenti legislativi annunciati, sono le stesse parole usate dal Presidente nel Discorso alla Nazione, a segnare una rottura con il passato. «Tra qualche mese la Russia entrerà in un nuovo decennio del nuovo secolo», ha esordito Medvedev domandando retoricamente: «Dobbiamo continuare a trascinarci anche in futuro una struttura economica basata sulle materie prime, una corruzione cronica, il vecchio vizio di fare affidamento, nella soluzione dei problemi, sullo Stato, sul mondo esterno, su qualche "onnipotente dottrina", su quello che volete, su chi volete ma soltanto non su noi stessi? E una Russia gravata da questi fardelli avrebbe un proprio domani?».
«Può cambiare questa Russia? - ha continuato il capo di Stato -. Che cosa bisogna fare affinché la qualità della vita dei nostri cittadini migliori incessantemente sia oggi sia in futuro? Affinché la nostra società diventi più ricca, più libera, più umana, più allettante? Affinché essa sia in grado di dare a tutti coloro che lo desiderano una istruzione migliore, un lavoro interessante, un buon reddito, un ambiente confortevole alla vita personale e all'attività creativa?». A dare le risposte è stato lo stesso Medvedev partendo da una impietosa analisi della realtà russa: «La crisi economica mondiale ha dimostrato che la situazione odierna del Paese non è affatto positiva - ha rilevato il numero uno del Cremlino -. Venti anni di burrascose trasformazioni non hanno affatto evitato alla Russia l'umiliante dipendenza dalle materie prime. La nostra attuale economia ha preso da quella sovietica il vizio più pesante: ignora in notevole misura le esigenze della persona. L'imprenditoria nazionale con poche eccezioni non inventa, non produce le cose e le tecnologie necessarie alle persone. Commercia quello che non è prodotto da lei, siano materie prime o merci d'importazione. I manufatti prodotti in Russia nella stragrande maggioranza si distinguono, al momento, per una competitività estremamente scarsa. L'efficienza energetica e la produttività del lavoro della maggior parte delle nostre imprese sono vergognosamente basse. Ma si tratta solo di mezze sventure. La vera disgrazia sta nel fatto che questo sembrerebbe non riguardi padroni, direttori, ingegneri e funzionari».
«Quanto più la nostra economia diventerà razionale, e maggiore sarà il livello di benessere dei nostri cittadini, tanto più libero, più giusto, più umano sarà il nostro sistema politico e la società nel suo complesso», ha continuato Medvedev prospettando una nuova politica russa «aperta al massimo, duttile, plurale», fatta da «uomini liberi, garantiti, dal pensiero critico e sicuri di sé» e da partiti che «formeranno gli organi federali e regionali del potere esecutivo, proponendo i candidati alla funzione di capo dello Stato, di dirigenti delle Regioni e delle amministrazioni locali» e seguendo dinamiche di «concorrenza politica».
Dopo aver menzionato la necessità di favorire «talune libertà politiche fondamentali come la libertà di parola e di riunione» e «individuare e eliminare focolai di corruzione», il Presidente ha dichiarato che «la democrazia russa non sarà copia di meccanica dei modelli stranieri» perché «la cultura politica non si trasforma imitando semplicemente le tradizioni politiche delle società avanzate e un efficace sistema giudiziario non si può importare».
Senza voler attribuire a Medvedev il ruolo di futuro paladino dei diritti in Russia, nel suo discorso il Presidente ha usato termini, come «democrazia» e «libertà», che di rado sono apparsi in maniera così chiara sulla bocca di Putin, che spesso ha puntato su temi quali la sicurezza interna (e l'annessa lotta al terrorismo ceceno) e il nazionalismo. Differenze che si ricollegano anche al diverso background dei due statisti: Putin, 57, è un ex agente del Kgb, mentre Medvedev, 44, ha alle spalle una carriera da professore di diritto e top manager (di Gazprom). Non paiono allora casuali i toni allarmistici usati dal premier nel commentare il recente attacco terroristico al treno Mosca-Pietroburgo. In una diretta televisiva durata quattro ore, Putin ha affermato che l'attentato «dimostra che il controllo» dei Servizi segreti e della polizia «deve essere rafforzato» in Russia perché «la minaccia è sempre alta» e «in tutto il mondo va avanti la lotta al terrorismo».

Il Nuovo Corso che Medvedev sembra annunciare, viene portato fin dentro il partito fondato da Putin, Russia Unita. In occasione dell'ultimo congresso, l'attuale numero uno del Cremlino ha criticato apertamente i metodi «arretrati» di Russia Unita, accusato di aver permesso le irregolarità elettorali delle ultime elezioni, e ha sottolineato la necessità di «sbarazzarsi di cattive abitudini politiche». Già lo scorso settembre Medvedev aveva esposto il suo pensiero di rinnovamento in un manifesto intitolato "Russia, Avanti!", i cui principi sono stati ribaditi in un articolo, pubblicato dall'Economist, a firma dello stesso presidente, che, tra le altre cose, ha sostenuto il possibile «l'ingresso della Russia nel Wto nel 2010».
Dal mosaico di dichiarazioni emerge l'ipotesi della fine della diarchia Putin-Medvedev a favore un consolidamento del potere del presidente, pronto a guidare la Russia verso una svolta filo-capitalista e liberale. Allo smarcamento di Medvedev da Putin, potrebbe contribuire Gorbaciov, che, tra l'altro, fa parte della proprietà di Novaja Gazeta, il giornale nel quale lavorava la giornalista uccisa Anna Politovskajia, e che da tempo si oppone all'autoritarismo dell'ex presidente e attuale premier russo. Difficilmente la candidatura dell'ex leader dell'Unione sovietica potrà rivelarsi vincente (Gorbaciov gode di scarsa popolarità in patria dove è accusato di essere la causa del collasso dell'Urss), ma un suo nuovo impegno in politica potrebbe garantire a Medvedev l'appoggio di ambienti filo-occidentali, tra i quali Gorbaciov conta di un ampio consenso.
Soltanto gli sviluppi futuri chiariranno se è in atto un reale mutamento nell'equilibrio con il quale le due cariche di Stato, ormai da due anni, gestiscono la politica di Mosca: un "tandem di potere", che finora ha avuto Putin alla guida e il suo ex delfino in coda. Il banco di prova saranno le prossime presidenziali del 2012, quando Medvedev e Putin potrebbero sfidarsi. 


La "rivoluzione silenziosa" dei civiliki

Si prospetta dunque un anno cruciale per la Russia, pesantemente colpita dalla recessione globale che ha fatto crollare i prezzi del petrolio e ha fermato il flusso di investimenti dall'estero. A 17 anni dalla grande svolta economica russa, che dal comunismo transitò al capitalismo, oggi la Russia paga il prezzo di un sistema di mercato non diversificato che sopravvive grazie ai settori dell'energia, dell'industria pesante e della tecnologia. Uno squilibrio aggravato dalle lotte interne al Cremlino che vedono opporsi due clan rivali, i siloviki, ex agenti dei Servizi di sicurezza federali, l'Fsb, erede del Kgb, e i civiliki, economisti e avvocati riformisti, di cui fa parte lo stesso Medvedev. I primi sono guidati da Igor Sechin, attuale vice primo ministro, mentre i secondi si raccolgono intorno a Vladislav Surkov, vicecapo dell'amministrazione del presidente Medvedev e assistente personale di Putin.
I siloviki e i civiliki sono due gruppi di potere che, negli ultimi dieci anni, Putin ha tenuto sotto controllo attraverso un sistema di pesi e contrappesi, basato anche su un'equa spartizione di ampie fette dell'economia russa tra i due clan. Un equilibrio finalizzato a non far prevalere una fazione sull'altra e che ha permesso a Putin di "blindare" il suo potere.
L'attuale crisi dell'economia russa e le urgenti riforme che necessita, potrebbero tuttavia mutare gli assetti politici attuali. Ne è convinto il think tank americano di geopolitica Stratford, che ha pubblicato un lungo dossier, intitolato "La guerra tra clan al Cremlino è iniziata", nel quale emerge l'ipotesi di un piano messo in atto da Surkov e dai suoi seguaci civiliki, che darebbe una sferzata capitalistica e filo-occidentale alla Russia. L'obiettivo di Surkov consiste nella razionalizzazione l'economia russa attraverso l'eliminazione delle imprese pubbliche inefficienti, la maggior parte delle quali sono guidate dai siloviki, accusati dai civiliki di essere burocrati legati al vecchio establishment statalista e incapaci di gestire adeguatamente attività economiche fondamentali per lo sviluppo del Paese. Manovre che avrebbero anche l'effetto di tagliare fuori Sechin dai suoi "possedimenti" economici e appoggi politici.
A questo scopo Surkov intende usare i civiliki - che comprendono il ministro delle Finanze Alexei Kudrin, il procuratore generale Yuri Chaika e, soprattutto, il Presidente Medvedev - per mettere sotto inchiesta le aziende statali, principalmente quelle legate ai siloviki e all'Fsb, oggi fortemente indebitate a causa di gestioni incompetenti. Si tratta di imprese che prima della crisi hanno attinto a piene mani a fondi pubblici e contratto prestiti con organizzazioni occidentali per assumere il controllo di aziende rivali, seguendo logiche politiche piuttosto che economiche. Colpite dalla recessione globale hanno fatto ricorso al credito delle banche che, prosciugate le loro riserve, sono state prelevate dallo Stato, oggi costretto a sobbarcarsi il peso di aziende indebitate e istituti di credito sull'orlo della bancarotta.
Nelle ultime settimane il piano dei civiliki pare tradursi in realtà: il ministro delle Finanze Kudrin ha presentato un piano per privatizzare le aziende inefficienti e favorire l'ingresso degli investimenti esteri, allentando i vincoli attuali e approvando norme che tutelino i contratti. Lo scorso ottobre, inoltre, Medvedev ha dato al procuratore generale il via libera per avviare indagini su presunti casi di cattiva amministrazione in diverse imprese pubbliche di primo piano, quasi tutte appartenenti al clan di Sechin. Nel mirino c'è anche un pilastro del potere economico dei siloviki, la Rosoboronexport, azienda statale che produce ed esporta tecnologia di difesa, ai cui vertici siede Sergei Chemezov, una delle maggiori personalità dei Servizi di sicurezza.


Putin perderà lo scettro o resterà decisivo?

Se le mosse di Medvedev e Kudrin fanno presagire un accrescimento del potere dei civiliki, e di Medvedev, l'analisi fatta dalla Fondazione Camis de Fonseca, sostiene invece che eventuali mutamenti nel panorama russo spetteranno esclusivamente a Putin, padre e padrone dell'attuale status quo politico ed economico.
«Putin - scrive la fondazione specializzata in Relazioni Internazionali - si trova ora di fronte a tre scelte fondamentali:
- può ignorare il piano di Kudrin e lasciare le cose invariate. Questa soluzione garantirebbe maggiore equilibrio a lungo termine, ma l'economia già delicata del Paese ne risentirebbe ulteriormente;
- oppure può optare per una privatizzazione parziale dell'economia per evitare sconvolgimenti nel sistema politico del Paese - e nel caso in cui gli effetti delle riforma iniziassero a far tremare il Cremlino, potrebbe sempre decidere di fare marcia indietro incolpando Kudrin del fallimento;
- o in ultima analisi Putin, abile burattinaio, potrebbe implementare le riforme di Kudrin allontanandolo dai seguaci di Surkov in modo da creare una scissione fra i civiliki. Se così avvenisse, nascerebbe un nuovo ordine basato su tre clan - uno guidato da Kudrin o Medvedev, uno da Surkov e uno da Sechin».
«Putin deve innanzitutto capire come riformare l'economia mantenendo un certo equilibrio al Cremlino ed evitando che emerga una figura tanto forte da poter erodere il suo potere, ma allo stesso tempo non può permettersi di perdere di vista la politica estera - rileva la Fondazione Camis de Fonseca -. La Russia infatti sta continuando a riappropriarsi della sua periferia, a partire da Bielorussia, Ucraina, Caucaso e Asia centrale, e non vuole che i Paesi dell'Europa centrorientale si avvicinino troppo all'Occidente e ospitino sul proprio suolo le truppe della Nato. Inoltre il Cremlino ha stretto alleanze informali con Iran, Turchia e Germania per contrastare il potere globale degli Stati Uniti e impedire che Washington si immischi negli affari degli ex Paesi satelliti.
Negli ultimi anni, con gli Stati Uniti impantanati in Afghanistan e in Iraq, Mosca ha potuto operare quasi del tutto indisturbata.
Ma se scoppiasse una crisi politica al Cremlino difficilmente la leadership russa potrebbe dedicarsi a tempo pieno al conseguimento dei propri obiettivi regionali e quindi gli Stati Uniti potrebbero nuovamente bloccare le mire espansionistiche russe. Finora Putin è sempre riuscito a mantenere il controllo della situazione con molta abilità. Non resta che vedere come si comporterà in questo frangente».
La posizione del primo ministro russo è certamente difficile: l'ex agente del Kgb ha costruito il suo regime personale su interessi energetici, autoritarismo interno e nazionalismo anti-occidentale, una struttura di potere oggi scossa dalla sfavorevole congiuntura economica internazionale e dalle esigenze di una classe imprenditoriale che prende forza in Russia. Se il piano di nazionalizzazione delle risorse energetiche, avviato da Putin nel 2000, ha ottenuto buoni risultati grazie all'aumento dei prezzi del petrolio, oggi il meccanismo si è inceppato pericolosamente.


La Russia presto nel Wto: una mano tesa dagli Usa e le opportunità per l'Italia

Di fronte dell'ipotesi di "scontro tra poteri" in Russia, sembra già chiara la preferenza del presidente americano Obama che, prima del suo viaggio in Russia lo scorso luglio, aveva lodato Medvedev per il suo sguardo volto verso il futuro affermando invece che «Putin tiene un piede nel passato, con un vecchio modo di fare business».
In un discorso davanti agli studenti della New Economic School di Mosca, Obama aveva inoltre sollecitato le imprese a farsi portatrici di cambiamento, tendendo indirettamente la mano a quegli imprenditori che non vogliono subire le lotte di potere fra clan ma entrare in affari con l'Occidente.
Un business messo a repentaglio dall'invasione russa dell'Ossezia del Sud nel 2008, a cui è seguito un isolamento internazionale di cui l'imprenditoria russa soffre tutt'oggi. Mosca deve inoltre fare i conti con il consolidamento dell'asse Usa-Cina e puntare ad essere il "terzo polo" se non vogliono essere tagliati fuori dal commercio mondiale. Anche per questo parte del tessuto imprenditoriale russo confida in un imminente ingresso della Russia nel Wto, un'adesione che, imponendo il rispetto delle regole del commercio internazionale, rappresenta una garanzia per gli operatori esteri che decidono di investire in Russia i loro capitali, oggi più che mai necessari al Paese per diversificare il proprio mercato e far ripartire il motore dell'economia.
Un Nuovo Corso in Russia sembra ormai vicino, che venga dall'interno, con la "rivoluzione silenziosa dei civiliki" oppure dall'esterno con il via libera all'ingresso della Russia nel Wto. Ma per questo serve il placet Usa ed è necessario produrre manifatture, creare un vero mercato interno, costruire una società civile dotata di vere istituzioni democratiche, garanzie concrete a rapporti internazionali basati sul rispetto reciproco della legalità.

L'ingresso nel Wto della Russia e l'armonizzazione delle sue leggi con quelle europee rappresenterebbero anche per l'Italia un'opportunità sulla quale lavora da tempo il Governo di Silvio Berlusconi, già dal primo mandato impegnato nel tessere rapporti commerciali con Mosca. «Dall'inizio del 2000 sono quasi triplicati i nostri rapporti economici con la Russia», ha dichiarato qualche giorno fa, Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, sottolineando l'importanza dell'interscambio commerciale «soprattutto per la miriade di piccole e medie imprese italiane».
L'Italia svolge anche un ruolo "di ponte" nel processo di avvicinamento della Russia all'Europa, come è stato confermato dallo stesso Medvedev che, al termine del vertice italo-russo tenutosi a Villa Madama lo scorso 3 dicembre, ha affermato: «Sono sicuro che con l'aiuto dell'Italia possiamo sviluppare nuovi rapporti con l'Unione europea, dopo che «abbiamo aggiustato i nostri rapporti con la Nato, nello spirito di Pratica di Mare, merito del Governo italiano».
Nel corso del vertice sono stati siglati 17 accordi intergovernativi e commerciali riguardanti le energie rinnovabili, la collaborazione in campo agricolo e il reciproco riconoscimento dei titoli di studio. In campo commerciarle sono stati sottoscritti accordi da Eni, Alitalia, Finmeccanica, Pirelli e Mediobanca ed è stata raggiunta un'intesa volta a promuovere lo sviluppo delle piccole e medie imprese, sia russe che italiane.
«Continua la collaborazione molto attiva tra Gazprom ed Eni - ha sottolineato Berlusconi -. Abbiamo già realizzato il gasdotto Blue Stream e ora ci apprestiamo a realizzare South Stream (il gasdotto che porterà il gas in Europa dalla Russia via Balcani) che sarà un'opera d'avanguardia». Nuovi progetti in cantiere anche per Alenia Aeronautica, controllata di Finmeccanica, che ha avviato una joint venture con la Sukhoi per la produzione e la commercializzazione di un nuovo jet per il trasporto regionale, il Superjet 100. Tra Italia e Russia sono stati firmati accordi anche nel campo della giustizia, dei beni culturali, dei trasporti e del turismo.






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