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EUGENIO COLORNI/2

Dall'antifascismo all'europeismo socialista e federalista

Data: 2010-11-02

Maurizio Degl’Innocenti, ottobre 2010,

Mi ero ripromesso di portare soltanto un saluto, magnificando i risultati molto positivi delle precedenti iniziative del Comitato Nazionale Eugenio Colorni che sono state ricordate dal mio collega e amico Carlo Lacaita. Mi riferisco alla presentazione all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana a Roma nel dicembre 2004, al convegno dedicato a Colorni politico inaugurato dal Capo dello Stato alla Camera dei Deputati nel 2009 e all’appuntamento dedicato a Colorni come grande intellettuale tra le due guerre che si è svolto all’Università di Milano nello stesso anno. Ci è sembrato opportuno cogliere la disponibilità dell’Università dell’Insubria, che vedo essere sorretta da un caloroso sostegno degli amministratori territoriali, per concludere le iniziative su Colorni con un aspetto fondamentale del suo percorso politico e culturale che è quello del federalismo socialista europeo. Noi pensiamo che con questo si possa concludere degnamente. Naturalmente non è un bilancio conclusivo ma ci riteniamo molto soddisfatti. Con le iniziative che abbiamo promosso, di cui avete un esempio con il primo dei volumi pubblicati (Eugenio Colorni. Dall’antifascismo all’europeismo socialista e federalista, Degl’Innocenti, Lacaita editore) - il secondo è in corso di stampa proprio in questi giorni e il terzo riguarderà gli atti di questo convegno - crediamo di non aver posto una parola conclusiva ma al contrario di avere aperto diverse strade di ricerca. Il Comitato ritiene tutto ciò un risultato ampiamente positivo.
Con i saluti e l’augurio di buon lavoro io per la verità avrei finito senonché, data la presenza di molti studenti delle scuole medie superiori, mi è d’obbligo aggiungere due cose su Eugenio Colorni. Eugenio Colorni nasce nel 1909 da una famiglia ebraica molto importante imparentata con i Pontecorvo, la mamma con i Sereni, con gli Ascarelli, e studia all’Università di Milano allievo di Martinetti, laureandosi con una tesi su Leibniz. Nel clima prevalentemente idealistico dell’Italia del tempo, già questo era un fatto positivo.
Si orienta verso l’antifascismo militante e poi nel 1935 entra a pieno titolo nel lavoro clandestino antifascista nelle file del Centro socialista interno; mantiene con i compagni di lotta (soprattutto a Parigi) dei rapporti stretti, così come con Nicola Chiaromonte. Nel frattempo, era stato lettore d’italiano all’Università di Marburg nel 1932 e 1933. Da studioso prima dell’Idealismo e poi di Leibniz abbraccia altre discipline soprattutto di carattere epistemologico, studia la matematica a fondo, studia la teoria sulla relatività ed è assai apprezzato negli ambienti internazionali, benché sia un intellettuale ancora giovanissimo.
Approfondisce la psicologia e studia Freud, finché nel 1938 viene arrestato dalla Polizia fascista. Siamo proprio in prossimità delle leggi razziali. Colorni insegna in un liceo a Trieste, uno dei luoghi chiave delle politiche repressive e razziste contro gli ebrei da parte di Mussolini e del regime. Resta alcuni mesi in carcere a Varese poi viene trasferito al confino a Ventotene, dove tra i tanti incontra e fa amicizia con degli elementi un po’ scorbutici ma di grande personalità come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Proprio lì, al confino, tra il ’41 e il ’42 si discute a fondo, lontani forse dalla lotta più diretta e dagli impegni quotidiani. Tema del dibattere il futuro dell’Europa. Nel ’41-’42 ancora l’esito della guerra non è certo,  anche se a Ventotene vi era la fiducia che essa avrebbe portato alla crisi del “sistema fascismo” come sistema europeo e quindi aperto delle prospettive assolutamente nuove.
Colorni viene trasferito a Melfi, sempre al confino, e da lì evade ed entra nella clandestinità. Se ne perdono le tracce, la polizia lo ricerca, si pensa che sia in Spagna perché fa mandare delle lettere a sua firma da altri Paesi. Invece è a Roma dove organizza le file del Partito Socialista che si va ricostituendo. E’ redattore de “L’Avanti!” organo del Partito Socialista, è dirigente delle squadre armate a Roma e soprattutto è un punto di riferimento di tutta una generazione politica che allora si va formando soprattutto nei confronti dei giovani.
Siamo nel ’43-’44 e Colorni cerca di portare all’interno di tutti i partiti, ma in particolare del Partito Socialista, un’attenzione particolare sul federalismo, quel federalismo che era stato oggetto di discussione così attenta e così forte al confine di Ventotene. Agli inizi del ’44 scrive una prefazione (anche se non è da lui firmata, gli viene attribuita) che pubblica per la prima volta il “Manifesto di Ventotene”: un testo che verrà poi considerato a buona ragione uno dei capisaldi in Italia del pensiero e della cultura federalista europea (il cui poi padre è Spinelli).
Tornando a Colorni, egli è tra i fondatori più attivi del movimento federalista europeo, movimento che non considera assolutamente antagonista con la sua partecipazione al Partito Socialista. Si parla di movimento perché è stato concepito come un realtà che permeasse tutti gli altri partiti ai valori del federalismo. Scoperto dalla polizia fascista e ferito, muore pochi giorni prima della liberazione di Roma del giugno 1944. Vive solo 35 anni e quindi non lascia opere sistematiche, ma degli scritti particolarmente interessanti. La lezione di Colorni è quindi quella di un protagonista, di un testimone di una stagione culturale e politica straordinaria. Un testimone che ovviamente agisce in un contesto particolare.
Faccio solo alcuni esempi.
Intanto Colorni è un intellettuale europeo; ha una mentalità una cultura e una propensione di carattere europeo, e questo lo porta naturalmente a esaminare i problemi del suo tempo sotto questa prospettiva. E’ un intellettuale che matura ben presto una netta opposizione al pregiudizio, agli “idoli” come li chiama lui. E’ un intellettuale e un politico che tende a mettere in discussione i luoghi comuni, che è proiettato a riformulare e a vedere la realtà sotto nuove categorie politiche che non siano quelle già acquisite e date per scontate.
Tra le categorie politiche più importanti in quel tempo vi era il federalismo europeista socialista. La contestualizzazione è necessaria perché questo federalismo, i cui prodromi si vedono già prima di Ventotene, si alimenta dell’idea che la guerra europea (alla quale Colorni pensa già nel 1935) avrebbe portato fine al sistema fascista, perché il fascismo allora (Hitler va al potere nel 1933) sembrava un sistema europeo. Il crollo del sistema europeo fascista avrebbe comportato un atteggiamento rivoluzionario e non riformatore, perché riformare significa modificare la realtà esistente laddove invece il crollo del sistema europeo fascista sarebbe stato un qualcosa di definitivo, di drammatico, una crisi dell’Europa senza possibilità di una evoluzione su base riformatrice. Colorni ha una concezione rivoluzionaria.
Questo atteggiamento rivoluzionario connesso alla propensione a individuare delle categorie politiche nuove, lo porta ad affrontare i problemi della guerra e del dopoguerra in maniera profondamente rinnovatrice. Poi, l’incontro con Ernesto Rossi e Altiero Spinelli a Ventotene completa e rafforza questo quadro. Il principio fondamentale è che con la Seconda Guerra Mondiale crolla il fascismo, la crisi dell’Europa è superata e la sovranità assoluta dello Stato indebolita. Questo pensa Colorni ancor prima che sia finita la guerra, alla fine di maggio del ’44, quindi ragiona già in un clima post-fascista.
Perché il superamento della sovranità assoluta degli Stati? Perché, intanto, il ristabilimento pieno dell’autorità statale avrebbe comportato una ennesima divisione tra vinti e vincitori, con le mutilazioni territoriali e con le riparazioni economiche che avrebbero ripristinato un quadro politico internazionale nuovamente foriero di prepotenze e di aggressioni e quindi anche di guerre. Poi, nello lo Stato sovrano assoluto, vi è qualcosa di eccessivamente burocratico e di accentrato.
Quale era l’espressione massima della sovranità dello Stato che aveva di fronte a sé Colorni in quelli anni? Lo Stato totalitario, cioè lo Stato onnipresente, sia nella veste dello Stato sovietico staliniano sia nello Stato fascista e nazista. Quindi una realtà politica che volesse allontanarsi e costituirsi come alternativa rispetto allo Stato nazionale territoriale, che poi si era trasformato in totalitario, doveva essere uno Stato democratico sopranazionale: gli Stati Uniti d’Europa che lasciassero alle singole realtà nazionali solo i compiti dell’ordine pubblico e della valorizzazione della cultura.
Siccome credo che qui sia bene sottolinearlo, ho detto che Colorni era un intellettuale di livello europeo. La massima espressione sui temi della nazione che la cultura mondiale ed europea certamente esprime nel corso del ‘900 è l’austromarxismo, che Colorni ben conosce.
Cita Colorni sempre Otto Bauer, più che Karl Renner, ma gli echi della dottrina sulla nazione in relazione alla cultura di Renner credo siano individuabili laddove Colorni assegnerebbe un ruolo agli Stati nazionali negli Stati Uniti Socialisti d’Europa. In particolare nel settore della cultura, una cultura ovviamente partecipata e molto aperta.
La nazione si basa sulla valorizzazione della persona e dei principi culturali. Questo rientra nei compiti dello Stato e quindi alla fine si delinea un’immagine dell’Europa come realtà sopranazionale, associata né con il polo americano né con quello sovietico in formazione.  Quindi, una sorta di terza forza profondamente democratica e partecipata, sia sul piano culturale sia sul piano della democrazia diretta. Questo perché i rappresentanti degli Stati Uniti d’Europa avrebbero dovuto essere eletti direttamente dalle popolazioni, quindi un’Europa dei cittadini e dei popoli. Questa espressione “Europa dei popoli” non credo sia stata espressa precisamente da Colorni, però l’atmosfera e le argomentazioni andavano in quella direzione.
Un’esperienza se si vuole minoritaria, perché l’Europa che si andrà creando sarà assai lontana dall’Europa concepita dai cittadini, partecipata e profondamente democratica; una democrazia sociale molto aperta rispetto a quella che avrà corpo in concreto . C’è da dire che l’esigenza di un superamento della sovranità assoluta dello Stato nazionale in quel momento doveva essere contemperata dall’esigenza di una ricostruzione dello Stato dalle macerie della guerra, con l’esigenza di creare una nuova identità nazionale con la Costituzione repubblicana. La pace l’Italia la firma nel ’47, ma la Germania impiegherà molto più tempo a farlo e diventerà uno Stato diviso, occupato. Tutto ciò riportò d’attualità la tematica dei “vinti e dei vincitori”,  tanto sgradita a Colorni, secondo il quale i popoli non dovrebbero mai essere chiamati a rispondere in quanto vinti o vincitori.
Le idee di Colorni e dei suoi compagni allora effettivamente erano molto avanzate e la piega che i partiti presero, non solo Italia ma anche in Europa, li spinse alla riaffermazione della sovranità degli Stati, nella ricerca di una convivenza internazionale più forte di quanto non fosse quella, decisamente fallimentare, rappresentata precedentemente dalla Società delle Nazioni.
Certo, Colorni non si sarebbe mai riconosciuto nell’ONU e anche nella costruzione dell’Europa unita per come è avvenuta, poiché entrambe sono state la riproposizione degli Stati nazionali alla ricerca di accordi e non la creazione di una realtà sopranazionale con dei compiti ridotti e particolari riservati ai singoli Stati. Tuttavia, fu un’esperienza fondamentale e molte delle istanze che allora furono delineate si sarebbero riproposte negli anni successivi e anche nei decenni a venire. Esse riecheggiano oggi, nel denunciato deficit di europeismo in questa Europa unita. Insomma non è l’Europa dei cittadini che Colorni auspicava ma che viceversa oggi si vorrebbe che fosse; neanche l’esigenza di una politica estera comune, che allora era chiaramente rivendicata, si è oggi raggiunta però se ne avverte ancor più la necessità.
Io credo che parlare di Colorni oggi sia interessante e utile per riflettere sull’idea di Europa e sul rapporto tra questa idea e l’azione politica concreta all’interno dei singoli Stati. Con i ringraziamenti più vivi nei confronti dell’Università dell’Insubria che ci ospita e delle amministrazioni territoriali che così calorosamente ci hanno accolto auguro buon lavoro ai congressisti.   
     






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