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L'USO POLITICO DELLA GIUSTIZIA
UN' ANOMALIA SOLO ITALIANA

Il libro di Fabrizio Cicchitto a vent'anni da Mani pulite

Data: 2011-04-08

di Fabrizio Cicchitto - L'Italia è un paese anomalo e pericoloso per alcune ragioni di fondo . L'anomalia italiana secondo me è fatta di più componenti. Essa inizia con il ritardo con cui è stata fatta l'Unità nazionale. Poi siamo entrati con una operazione antidemocratica nella Prima Guerra Mondiale: mentre la maggioranza del Paese e delle forze politiche era contraria, vinse una minoranza rivoluzionaria e reazionaria che ci portò in guerra. L'anomalia prosegue subito dopo la Guerra, dal biennio rosso all'avvento del fascismo. Questo è un Paese che ha avuto vent'anni di dittatura fascista ed è un Paese che dopo aver fatto una terribile guerra civile, quella del '43-'45, terribile da entrambi i lati, sia dal lato dei comportamenti spesso esecrabili dei repubblichini di Salò una vicenda storico-politica da considerare organicamente negativa, ma terribile anche per quello che è successo dopo, come i libri di Giampaolo Pansa stanno a dimostrare. Il punto di fondo che rende il nostro un Paese anomalo e pericoloso, è costituito dal fatto che a noi sembra sempre di parlare di cronaca, perché la cronaca ci insegue, ma stiamo invece parlando della storia profonda di questo Paese, e che attiene alla storia della sinistra italiana e a una istituzione importante quale è la Magistratura.
Rileggendo e riguardando i documenti, si scopre, paradossalmente, che la classe dirigente togliattiana del PCI aveva in sé la tabe del legame organico con Stalin, ma era migliore di quella che l'ha seguita, quella berlingueriana, perché i primi avevano il senso preciso del limite in quanto glielo aveva dato lo stesso Stalin.
In un libro di cui raccomando sempre la lettura, quello di Aga Rossi e Zaslavsky (purtroppo morto recentemente) “Togliatti e Stalin”, emerge che se in Italia non c'è stata una seconda guerra civile dopo quella tra partigiani e repubblichini, se non c'è stata una sollevazione comunista, preparata accuratamente al nord da Longo e da Secchia sul modello titoista, se vi fu chi evitò quindi che la mattanza successiva al 25 Aprile e proseguita fino al '47, continuasse ulteriormente, e che tutto questo debordasse in una guerra civile, questo non fu tutto il gruppo dirigente del Partito Comunista Italiano, anche se personalmente Togliatti era il più favorevole a una via pacifica, ma fu sicuramente Giuseppe Stalin.
L'Italia deve a Giuseppe Stalin se non c'è stata una guerra civile. Ancora negli anni '47-'48 Togliatti interpellò l'ambasciatore sovietico in Italia per chiedere chiarimenti sulla posizione dei sovietici rispetto alla possibilità di un'insurrezione. E i sovietici gli dissero di no. Quando Secchia nel '47 andò a Mosca criticando Togliatti da sinistra, gli fu ridetto: “Non è il momento”.
Cosa significa tutto ciò? Che in assenza della possibilità di una traduzione automatica del leninismo nell'ipotesi rivoluzionaria, fu recuperata, da parte di Togliatti, l'elaborazione gramsciana dei “Quaderni dal carcere”. In essi Gramsci, genialmente, aveva riflettuto sulla sconfitta della guerra di movimento - cioè della rottura rivoluzionaria armata nei paesi dell'occidente – e da “non- staliniano” qual era, si domandò come si potesse realizzare un'atipica (rispetto a Lenin) rivoluzione comunista nell'occidente che ha lo spessore di una società civile che, viceversa, manca in Unione Sovietica. Gramsci delineò “la strategia dell'egemonia e della conseguente conquista delle casematte ideologico-culturali”. In sostanza Gramsci indicò la via di conquistare il “cervello” di una società - che sul terreno dei rapporti di produzione è capitalistica e sul terreno della direzione politica è moderata conservatore, moderata riformista - attraverso la penetrazione nelle casematte ideologico-culturali di quella società, al fine di passare da quel “cervello” allo Stato.
Togliatti tradusse in pratica questa parte del lascito gramsciano (correndo anche un rischio perché in Gramsci c'erano tante cose eretiche che però furono occultate fino agli anni '60. Solo dopo c'è stata una lettura più autentica di Gramsci, si colse la sua estraneità eretica nei confronti di Stalin, il suo dissenso dalla svolta estremista del sesto congresso dell'Internazionale Comunista). Del resto, con Togliatti, Gramsci ruppe sul piano personale fin dalla vicenda della sua famosa lettera al PCI del 1926. Che cosa vuol dire la conquista del “cervello” di una società e la conseguente conquista delle casematte ideologico-culturali? Vuol dire conquistare una fortissima influenza nelle case editrici, nella scuola, nella radio, adesso ovviamente nella televisione e inserirsi nella magistratura. Non è un caso che Togliatti nel governo di unità nazionale prese il dicastero della Giustizia.
Intendiamoci. Allora fu un'operazione fatta fondamentalmente in chiave difensiva, di auto-tutela: essendo nel PCI così pessimisti (visto il loro leninismo) da temere, tenendo conto della collocazione dell'Italia nell'area di influenza americana, che gli avversari li “avrebbero fatti fuori”, perché così loro avrebbero fatto, se ne avessero avuto la possibilità (come dimostravano le parallele vicende in quei paesi dell'Europa dove era arrivata l'armata rossa). Ebbene, i comunisti italiani di allora vedevano l'inserimento nella magistratura e il controllo del Ministero di Grazia e Giustizia in una chiave difensiva di auto-tutela. La Costituzione è stata elaborata fondamentalmente da esponenti della DC e del PCI. Ora, malgrado il Governo di unità nazionale, i due partiti si temevano. Anche da questo derivò la decisione di lasciare una estrema autonomia alla Magistratura rispetto agli altri poteri e in particolare all'esecutivo. Ci fu su questo terreno un compromesso di fondo, che resistette 50 anni e che venne poi buttato per aria nel 1993: mi riferisco all'articolo 68 della Costituzione, all'immunità parlamentare. Allora, nel '46-'47, la DC e il PCI si temevano reciprocamente e il compromesso raggiunto fu per la massima autonomia della Magistratura: nessuno allora sapeva chi avrebbe vinto. E il vincitore, attraverso il Ministero di Grazia e Giustizia e il controllo sui pubblici ministeri, che avrebbe fatto? Quindi massima autonomia alla Magistratura. Ma anche massima autonomia alla Politica con la sua salvaguardia attraverso l'articolo 68 dell'immunità parlamentare.
Questo è uno degli aspetti che segnano la Costituzione come una sorta di armistizio che evita una guerra civile. Questa operazione “entrista” nello Stato, che il gruppo dirigente togliattiano del PCI interpretò in una chiave difensiva e di auto-tutela per il momento storico, si è stravolta, successivamente, in un'altra cosa con Berlinguer. Egli ha certamente avuto più autonomia nei confronti dell'Unione Sovietica, ma non in chiave di socialdemocratizzazione del PCI, bensì nella chiave dell'invenzione di un comunismo diverso dal comunismo staliniano, un comunismo per certi aspetti autonomo, che accettava il pluralismo sociale e politico, ma più spostato a sinistra.
E qui veniamo alla questione morale, all'austerity, all'occupazione della FIAT e via discorrendo. Si trattò del tentativo di recupero dell'estremismo del '68, di quadri di quel movimento, recuperato poi per larga parte nel gruppo dirigente occhettiano del Partito Comunista. E intanto si realizzava un'operazione scientifica d'inserimento nella Magistratura, in parallelo anche con tendenze sorte dall'interno stesso della Magistratura. Magistratura Democratica nasce nel '64 in polemica con una magistratura italiana per molti aspetti reazionario-fascista. Nasce come movimento democratico liberalsocialista perché tale era Luigi Beria d'Argentine. Ma Magistratura Democratica in quattro anni, dal '64 al '68, diventa ciò che è anche attualmente: un soggetto politico. Un soggetto politico tutto spostato a sinistra, diviso fra chi si riconosceva nel PCI e chi nel movimentismo extra parlamentare.
Le carte vanno lette. Se si legge quello che hanno prodotto culturalmente (Bruti Liberati in primo luogo) gli esponenti di Magistratura Democratica troviamo la teorizzazione di una organizzazione di magistrati come un soggetto politico a 360 gradi, che ritiene che la classe operaia non sia più un soggetto sociale rivoluzionario, che il Partito Comunista si è ormai infilato nel compromesso storico e che a questo punto il magistrato può diventare il soggetto rivoluzionario, a condizione che “superi” le teorie sulla “terzietà”. Ci sono due volumi pubblicati nel '75 da Laterza: “L'uso alternativo del diritto”, che, partendo anche da pubblicazioni precedenti di giuristi sovietici, dicono in sostanza che ci può essere un “uso rivoluzionario del diritto”, e poi della giurisdizione, per trasformare, appunto, in modo rivoluzionario il sistema politico e il sistema economico. Sul terreno del sistema economico pensiamo anche ai pretori d'assalto per quello che riguardava il diritto del lavoro. I congressi di Magistratura Democratica hanno visto uno scontro esplicito tra coloro che si richiamavano al Partito Comunista e coloro che militavano nei gruppi extraparlamentari.
Questa divisione si verifica non soltanto sul piano culturale, ma anche sul terreno della giurisdizione: quando Calogero fece l'operazione “7 aprile” e mise nello stesso sacco BR, Tony Negri, Autonomia Operaia e così via, un pezzo di Magistratura Democratica si contrappose frontalmente a questo, perché era legata a quei gruppi. Di questo la DC e il PSI non se ne accorsero, e ritennero che la magistratura potesse essere accarezzata con leggi a favore dei suoi meccanismi corporativi di carriera, e che così si sarebbe potuto tener buona la “bestia trionfante” (vedi per la discussione sul punto, l'intervista a Rino Formica su Critica Sociale “Nè Rosse, nè nere. Le Toghe sono gialle”, anticipata nella newsletter “La repubblica dei giudici”, 30 marzo).
Poi che cosa accadde? Due fenomeni che si intrecciano: uno è il crollo del comunismo. L'altro è Maastricht. Col crollo del comunismo tutti pensavamo che il PCI sarebbe diventato un grande partito socialdemocratico. Lo pensa anche Craxi e questa è una delle cause della sua rovina. Diversamente dalle aspettative, il PCI cambia nome, ma non si trasforma in un grande partito socialdemocratico e riformista. Il senatore Pellegrino spiega gli elementi fondamentali di ciò che allora avvenne nel PCI-PDS: secondo lui, non è una citazione testuale, il vuoto di cultura politica che si determina a quel punto nel PCI, venendo meno la storica e tradizionale cultura comunista, viene riempito da personalità come Violante con la sua cultura giustizialista”. La classe dirigente del PCI non era pronta, (tranne la minoranza migliorista: Napolitano stesso, Gerardo Chiaromonte specialmente, Bufalini, Cervetti, uno dei primi colpiti non a caso da Mani Pulite a Milano) a diventare socialdemocratica, anche perché il retaggio del “berlinguerismo” su Occhetto, D'Alema, Veltroni era fortissimo, al netto delle loro divisioni. Il PCI diventa PDS e scopre non la socialdemocrazia, ma scopre paradossalmente Karl Schmidt, la dialettica amico/nemico, scopre il giustizialismo.
C'è poi un secondo punto di crisi, oltre la fine del comunismo, che vi si intreccia: la scadenza di Maastricht. Qui c'è l'altra anomalia, l'anomalia del grande capitalismo italiano. Esso non ha mai saputo dove stessero di casa il libero mercato e la concorrenza e ha avuto con tutti i partiti politici, nessuno escluso, un rapporto di reciproca collusione. Tangentopoli non è un crimine di Craxi degli anni '80. Tangentopoli è un sistema organico costruito negli anni '40 da Valletta e da Enrico Mattei. Un sistema fondato sul grande capitalismo italiano e sui partiti dell' “arco costituzionale”. DC, PSI, partiti laici, Ugo La Malfa e Partito Comunista Italiano, che ne era coinvolto non solo con il finanziamento dall'Unione Sovietica, non solo con il finanziamento irregolare delle Cooperative Rosse, ma - come dimostra la direzione del PCI citata da Crainz e da Galli della Loggia - nelle situazioni locali aveva anche un rapporto di scambio con imprese private, quello che dà luogo al reato di corruzione. Nel momento in cui l'Italia entra in Maastricht il sistema di Tangentopoli diventò anti-economico. Poteva essere smantellato con una grande operazione consociativa. Invece è stato smantellato con una operazione selettiva, nella quale anche nel sistema industriale alcuni sono stati salvati, altri sono stati distrutti, altri colpiti e salvati. Il bellissimo libretto “Tre giorni di storia italiana” di Ernesto Galli della Loggia, appena uscito, riporta una citazione dal libro “Il Paese mancato” di Cranz di una direzione del Partito Comunista del '74, in cui si esamina il problema del finanziamento pubblico. Vari esponenti del Partito Comunista si dichiarano colpiti dai rapporti malsani con i privati che aumentano la corruzione all'interno del partito. Anche il PCI quindi aveva un rapporto corruttivo con imprese private (oltre a quelli con l'Urss e le Coop). Però nel '92-'94 che cosa succede? Succede che la DC, il PSI e i partiti laici vengono massacrati – sulla “sinistra DC” però c'è da fare una riflessione a parte – e nel Partito Comunista viene colpita la corrente dei miglioristi. Vengono lambiti i berlingueriani, ma l'attacco si ferma lì. Contro la DC, il PSI, i partiti laici, svolse un ruolo fondamentale il meccanismo della “sentenza anticipata”. Il principio della sentenza anticipata fu teorizzato da Saverio Borrelli in un'intervista a Bernardo Valli. In sostanza Borrelli così la descriveva: “Quello che conta è l'avviso di garanzia, l'eventuale custodia cautelare, il rilancio fatto dai giornali di tutto ciò a quel punto la sentenza è fatta”. Se poi dieci anni dopo l'imputato viene assolto, quello resta un fatto privato. Ma se un'operazione del genere riguarda dieci, mille, cinquemila dirigenti politici, allora un partito è distrutto con la sentenza anticipata e l'operazione è fatta.
Non bisogna mai dimenticare che a Milano c'era una perfetta sinergia tra il pool dei magistrati e il pool dei cronisti giudiziari che lavoravano praticamente assieme in una comunità politica che produceva i fatti che abbiamo conosciuto.
Questo è il retroterra che sta alle nostre spalle. Dopodiché Berlusconi che era sfuggito alla vicenda di mani pulite anche grazie alla linea delle sue televisioni, è entrato in politica e ha coperto lo spazio politico che era stato lasciato vuoto con la distruzione della DC, del PSI, dei partiti laici. Di conseguenza Berlusconi ha impedito che l'operazione giudiziaria trovasse l'atteso sbocco politico immediato, perché col 30% dei voti Occhetto grazie alla nuova legge maggioritaria uninominale avrebbe conquistato il 70% dei seggi. Questo è il punto a cui siamo approdati. Traggo delle conclusioni tutt'altro che piacevoli. Tutto questo ci dice che viviamo in un paese anomalo che ha un nucleo rivoluzionario-reazionario, nero-rosso, micidiale perché si sommano insieme spinte eversive di estrema destra e di estrema sinistra. Bersani bercia alla televisione sulla vita privata di Berlusconi? Non sa dire altro, ma reputa che forse così vincerà le primarie con Vendola. Se lui la spara più grossa su questo terreno, ritiene di poter vendere la partita interna alla sinistra. Siamo a questo punto. Siamo un Paese unico nel mondo occidentale quanto all'uso politico della giustizia e alla sua traduzione mediatica. Da noi il circo mediatico-giudiziario su cui hanno scritto due saggisti francesi è in azione dal 1992, anche, se ha cambiato i suoi bersagli in corso d'opera.
Occorre spiegare questa situazione nei suoi termini reali. Evitare le mistificazioni e evitare le manipolazioni. Ho l'impressione che l'apparato mediatico-giudiziario sia molto efficace.
Riflette su tutto ciò anche Violante, che ha fatto una parziale analisi autocritica nel suo interessante libro “I magistrati”. Ma non c'è stato un caso in cui la magistratura sia intervenuta contro le violazioni del segreto istruttorio: sembra proprio che valga il motto “Cane non mangia cane”.
Ci troviamo di fronte, quindi, a una situazione fra le più serie e drammatiche della vita di questo Paese perché - Dio non voglia - ci hanno provato nel '94 e non ci sono riusciti - ci stanno riprovando adesso e se salta questa resistenza che è stata impersonata fino adesso da Berlusconi ci verremo a trovare in una situazione con un monoblocco di potere in cui si possono saldare tanti nuclei significativi: quelli amministrativi, quelli finanziarii, quelli istituzionali, quelli mediatici ed editoriali. Questo libro è quindi un minimo contributo per chiarire le cose, demistificare la manipolazione in atto e per cercare il ripristino dello Stato di diritto.






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