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IL LIBRO VIOLA

Il partito laburista britannico è a un crocevia. Quale direzione seguire dopo la sconfitta elettorale che ha fatto seguito a tredici anni di governo? Autorevoli figure del Labour attingono dalla lunga tradizione riformista del Partito per offrire una risposta al quesito

Data: 2011-10-24

Critica Sociale, ottobre 2011,

Al terzo giorno risultava già introvabile tra gli stand della Conference laburista di Liverpool (25-29 settembre 2011). Curato da Robert Philpot, direttore del think tank Progress, The Purple Book, a progressive future for Labour, non vuole essere solo un interessante saggio sulle future direzioni del riformismo britannico, ma vuole indicare una linea politica. Se prestiamo fede alla tripartizione proposta da Oliver Wright dalle colonne dell'Independent nei giorni della Conference, siamo di fronte a una vera e propria corrente partitica (per usare un termine familiare a noi italiani). Il Labour, alle prese con l'impegnativa e ingombrante eredità del suo recente passato e in attesa di acquisire una fisionomia definitiva, sarebbe attualmente diviso in tre anime: Blue, Red e appunto Purple.

Il cosiddetto Blue Labour, lanciato nel 2009, sta catalizzando le attenzioni, data la stretta connessione del suo fondatore e massimo esponente, Maurice Glasman, con il segretario Ed Miliband. Nelle parole di Glasman,  il Blue Labour persegue "una nuova politica di reciprocità, mutualità e solidarietà". Alcune delle idee proposte sono senz'altro controverse, quali gli auspici per la limitazione dell'immigrazione, la lotta dichiarata al capitalismo globale  e la simpatia espressa per alcune posizioni dell'English Defence League, un movimento di estrema desta che si oppone duramente alla diffusione dell'Islam in Europa. I maggiori sostenitori di questa corrente di pensiero all'interno della nomenclatura laburista, sono James Purnell e Jon Cruddas.

Il Red Labour, un'aggregazione meno definita della precedente, comprende tutti coloro che da sempre guardano con sospetto alle posizioni del New Labour ("vorrebbero che fosse mai esistito", maligna Wright). Costoro sono allineati con le posizioni maggioritarie della sinistra novecentesca, auspicano una tassazione redistributiva, un approccio etico al profitto, e una re-industrializzazione sostenibile che rimpiazzi il sistema bancario come motore dell'economia nazionale e globale. Le figure di maggior rilievo si rintracciano nel mondo sindacale, come Len McCluskey,  il leader di Unite, il più grande sindacato britannico, e alcune esperte figure dell'ala sinistra del partito, tra cui Jeremy Corbyn.

Infine, last but not least, il Purple Labour. Scrive Wright: "E' la rinascita del New Labour. La sua filosofia traspare dalla pubblicazione di un saggio scritto da eminenti figure del partito (The Purple Book, appunto) con l'obiettivo di costruire il futuro sui successi del passato piuttosto che svilirli, come qualcuno all'interno del Partito sembra intenzionato a fare". Tra le misure proposte, l'introduzione di elementi di mutualismo nel sistema bancario, la devoluzione del potere dalle autorità centrali alle comunità locali e ai cittadini e l'introduzione dell'elezione diretta del sindaco nelle maggiori città inglesi. Tra gli autori del saggio che ispira questo rilancio della linea riformista all'interno del laburismo britannico, vi sono sei ex ministri e otto attuali ministri-ombra, inclusi Peter Mandelson, Alan Milburn e Douglas Alexander.

Le cause della sconfitta laburista nelle elezioni del 2010 sono di varia natura e non tutti gli osservatori sono concordi nell'identificarle. Quel che conta è cogliere il senso profondo di quanto avvenuto e trarne le dovute conseguenze. Secondo uno studio del think tank Demos, un quarto di coloro che hanno abbandonato il Labour nelle ultime elezioni ritengono che il governo "sia parte del problema e non la soluzione" alle difficoltà che vivono Gran Bretagna ed Europa. E' un punto importante.

Nel capitolo che ha curato nel Purple Book, Patrick Diamond, ex consigliere politico a Downing Street, evidenzia come la crisi finanziaria del 2008-09 non abbia soltanto smascherato i limiti dell'economia capitalista di mercato, ma anche aggravato ovunque le distorsioni del debito pubblico e del deficit statale. A differenza di quello che molti a sinistra speravano, la furia popolare contro il sistema finanziario non si è accompagnata a una ritrovata fiducia nei governi e nei pubblici poteri. Anzi, il ruolo e il peso dello Stato sono stati messi sempre più in questione, al punto che le forze socialdemocratiche europee (con esso identificate) hanno subito nell'ultimo triennio pesanti sconfitte in Germania, Gran Bretagna, Scandinavia, Olanda e Portogallo e, probabilmente, Spagna. Come emerge da una recente ricerca condotta dal think tank Policy Network, le opinioni pubbliche europee e nordamericane sono preoccupate dalle grandi concentrazioni di potere che caratterizzano le economie di mercato, anche se la maggioranza relativa degli elettori non nega i vantaggi di un sistema di mercato genuinamente competitivo. Interessante notare come i timori di fronte alle concentrazioni monopolistiche, al loro impatto sociale e alla loro incapacità di creare nuovi posti di lavoro risultino amplificati dalla scarsa fiducia dei cittadini nello Stato come elemento di riequilibrio.

Ciononostante, basta dare un'occhiata alle sfide che la Gran Bretagna e il resto d'Europa dovranno affrontare nei prossimi anni - riformare il capitalismo, sostenere i settori sociali disagiati e il ceto medio in difficoltà, garantire ai giovani opportunità di crescita e istruzione, gestire i costi crescenti della previdenza sociale a fronte dell'invecchiamento della società - per comprendere quanto ancora sia vitale il ruolo di un governo funzionante. Scopo del Purple Book è richiamare il campo riformista alle sfide che ogni forza che si candidi al governo sarà tenuta ad affrontare.

"Rischiamo di accusare gli elettori, e non noi stessi, della sconfitta patita", suggerisce nel suo capitolo Douglas Alexander, ministro-ombra degli Esteri. In questa fase di forte impopolarità del governo Tory-LibDem, caratterizzata dai tagli del Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, la tentazione di puntare sull'insoddisfazione popolare è forte per l'opposizione laburista. Si tratta tuttavia di una tattica vuota, priva di respiro strategico e pertanto destinata al fallimento. Se è vero che non sono le opposizioni a vincere le elezioni ma i governi a perderle (in Gran Bretagna non se ne dovrebbe parlare fino al 2015), è altrettanto vero che di fronte alla scelta tra una maggioranza non gradita e un'opposizione non affidabile è probabile che gli elettori optino per la prima. La storia lo dimostra. Le dolorose sconfitte (nel 1992, alla fine dell'Era Thatcher) e le clamorose vittorie (nel 1997, all'inizio dell'Era Blair), dovrebbero indurre i laburisti a comprendere la centralità dell'elaborazione politica e culturale nella costruzione di un'esperienza di governo, dalla campagna elettorale alla realizzazione concreta dei programmi. Per questo motivo, il "Libro Viola" si richiama all'antica tradizione riformista del laburismo, con una particolare attenzione ai temi del decentramento, della partecipazione e dell'auto-governo.

Perché Purple?  Perché, sostiene Philpot, riteniamo sia un colore rappresentativo dell'autentica anima della politica britannica, che si riferisce in particolare a quei collegi elettorali da sempre oscillanti tra Conservatori e Laburisti e pertanto decisivi per l'esito finale. La  forza politica di volta in volta capace di conquistarli dimostra di comprendere i sentimenti della maggioranza, un obiettivo verso il quale il riformismo laburista, da Tony Crosland e Hugh Gaitskell a Neill Kinnock, Tony Blair e Gordon Brown ha sempre teso. Uno dei protagonisti della stagione riformista, Peter Mandelson, non invita a replicare le soluzioni politiche del New Labour, ma consiglia piuttosto di recuperarne l'essenza: "Come partito abbiamo raggiunto grandi risultati rifiutando settarismo e regionalismo e adottando un profilo nazionale; nel fare ciò abbiamo attuato riforme ispirate alla giustizia sociale e in grado di attrarre il sostegno generale, a prescindere dalle diverse condizioni socio-economiche."

Ciononostante, nel dibattito interno al Labour non manca il richiamo alla ricostruzione di una forte base operaista per recuperare il voto compatto della working class. Secondo gli autori del Purple  Book, si tratta di una scelta falsa e sbagliata. Come testimonia una ricerca del centro studi Ippr (Institute for Public Policy Research), le categorie elettorali novecentesche sono ormai superate. L'autore della ricerca, Graeme Cooke, parla di voters-3D, descritti per classe, geografia e valori. La classe di appartenenza ha ancora un ruolo, ma non predominante, poiché interagisce con altre lealtà e appartenenze. Il Labour e le altre forze del riformismo europeo in difficoltà, se vogliono tornare a essere realtà di governo devono fare appello ai valori e intercettare i sentimenti di opinioni pubbliche sempre più complesse e meno comparabili con le categorie del passato.

A questo proposito, è interessante valutare l'impatto del Blue Labour sulla discussione interna al Partito. Per quanto vi siano connessioni con la corrente Viola, argomenta Philpot, vi è una differenza di fondo: se il revisionismo riformista ambisce a mantenere il Labour connesso a un mondo in rapida e insidiosa evoluzione, il Blue Labour, pur difendendo prerogative avvertite dalla base, appare fondamentalmente orientato al passato. Invece di rassicurare la gente, di ribadire che il Labour ne comprende le preoccupazioni ed è pronto a gestire il processo di cambiamento che investe le vite di tutti, Maurice Glasman e soci sembrano credere che sia ancora possibile resistere alle dinamiche che la globalizzazione ha messo ineluttabilmente in moto. E' un falsa promessa, che non potrà essere mantenuta.

La critica delle posizioni Blue riflette un'altra preoccupazione che emerge nelle pagine del libro, ossia il timore che il Partito si trasformi in, o venga percepito come, una forza della conservazione. Una rivisitazione del New Labour, che in sostanza la maggioranza degli autori auspica, richiede l'onesto resoconto dei successi e fallimenti dei tredici anni di governo, la volontà di confrontarsi con le divisioni che emergono nella sinistra europea sul ruolo dello Stato nel ventunesimo secolo e l'ideazione di politiche che, mediante la ridistribuzione del potere e delle responsabilità all'interno della società, siano in grande di ricostruire la fiducia del pubblico sia nello Stato che nel Mercato; questi ultimi nuovamente intesi come agenti in grado di allargare le opportunità e rafforzare le comunità.

Abbandonare i vetusti richiami allo statalismo che ancora sopravvivono nel campo riformista non significa cedere al conservatorismo o al liberismo. Decentramento, mutualismo e sussidiarietà sono elementi radicati nella storia dei movimenti socialisti e laburisti. Un imprinting originario spesso oscurato dalla narrativa che ha spesso accompagnato il Labour e altri partiti progressisti nel corso del novecento, e secondo la quale le vittorie elettorali e la conquista del governo statale avrebbero dovuto essere i presupposti per una ampia ridistribuzione delle risorse (non del potere) dai pochi, ricchi, ai tanti, poveri. La tradizione più antica, che fa riferimento a partecipazione e decentramento, descritta dal saggista Paul Richards, auspica "la creazione di nuovi centri di governance, potere e produzione di ricchezza come alternativa sia allo Stato centralizzato sia al settore privato". Davanti al fallimento dei paradigmi che si sono condivisi l'intelligenza del mondo nel secolo scorso, le "vecchie" idee del laburismo appaiono ancora attuali.

Nel Libro Viola sono ovviamente dettagliati i successi dei tre governi laburisti. Alan Milburn, esponente laburista di lungo corso e attuale consulente governativo per la Mobilità Sociale, e Liam Byrne, ministro-ombra per Lavoro e Pensioni, evidenziano nei loro capitoli gli sforzi compiuti per ridurre la povertà e "sollevare il soffitto di vetro che soffoca le aspirazioni". La parlamentare Jenny Chapman e Jacqui Smith, primo ministro degli Interni donna in Gran Bretagna, difendono il record governativo nella lotta alla criminalità. Per Lord Andrew Adonis  "la radicale devoluzione democratica (non solo in Inghilterra, ma anche in Scozia, Galles e Irlanda del Nord, ndt) è stato il marchio di fabbrica dei primi due anni del governo Blair".

Tuttavia, non solo di passato si vive e pertanto l'orizzonte del saggio si allarga per delineare quali dovrebbero essere i tratti di una futura, concreta, azione politica. A partire dagli errori commessi nella complessa arte del governare. La fondamentale carenza individuata dagli autori riguarda, di nuovo, la scarsa comprensione dei punti di forza e debolezza sia dello Stato che del Mercato.

L'approccio del New Labour al Mercato necessita di un ripensamento, non solo per gli errori dovuti all'eccesso di confidenza nel settore dei servizi finanziari. Già prima del crack finanziario del 2008, della recessione e delle sue conseguenze sociali, l'originaria promessa di promuovere l'efficienza economica e la giustizia sociale appariva compromessa dal mancato incremento del reddito disponibile per le classi medio-basse. E questo a prescindere dalla continua crescita della produttività negli anni novanta e duemila, sostiene la vice-direttrice  di Progress, Liz Kendall.

Davanti a simili evidenze, l'approccio seguito sinora dal Labour (e persino dal New Labour sebbene in forma rivisitata), secondo cui lo Stato sarebbe in grado di correggere le storture del Mercato attraverso il potenziamento dei servizi pubblici e la tassazione progressiva, rivela (e non da oggi) i suoi limiti. Perché? Da tempo manca il presupposto essenziale a un tale ragionamento, ossia una continua e stabile crescita economica.

Una forza di governo chiamata a gestire una situazione economica instabile e in rapida evoluzione deve oggi saper identificare i settori più promettenti su cui puntare, promuovendo investimenti nel settore dei servizi e nelle eccellenze manifatturiere e abbandonando gli ambiti improduttivi e speculativi. Tristram Hunt, parlamentare ed ex ricercatore di Storia alla Queen Mary University di Londra, invita a spostare l'accento dalla redistribuzione alla pre-distribuzione, con ciò intendendo una riforma dei mercati che consenta la diffusione del potere economico nella società.

Alla nuova generazione di leader laburisti non è sfuggita la rilevanza del Mercato nel creare le basi per la rivoluzione dell'information technology, che ha fornito agli individui la consapevolezza e il potere per chiedere maggiori diritti, sia in quanto consumatori sia in quanto membri di gruppi e comunità. Un avanzamento democratico indubbio. Ciò considerato, Alexander chiede al suo partito uno sforzo analitico, che abbini alla tradizionale approfondita critica dei fallimenti del Mercato una più attenta considerazione dei limiti dello Stato.

Il primo governo Blair, asserisce Diamond nel suo capitolo, ha correttamente riconosciuto l'incapacità di istituzioni statali monolitiche di rispondere ai bisogni della modernità, ma ha fallito nell'introdurre un effettivo e democratico controllo locale sui servizi pubblici, che sono rimasti essenzialmente erogati dall'alto ai cittadini e non co-gestiti e co-realizzati dagli stessi. Egli riconosce tuttavia che dei passi nella giusta direzione sono stati compiuti nel settore sanitario, grazie alla previsione di incentivi per il controllo della qualità e al decentramento nell'erogazione dei servizi per garantire equità ed efficienza. Inoltre, merita una menzione l'iniziativa Sure Start, che ha permesso a centinaia di migliaia di bambini nati in famiglie disagiate di accedere a centri per l' infanzia di elevato standard qualitativo e ai loro genitori di essere  assistiti da educatori a domicilio. Tuttavia, prosegue Diamond, l'originale spirito cooperativo e decentrato alla base di questo innovativo programma si è perso dopo il 2005.

Da allora si è registrata una certa involuzione statalista che ha consentito agli oppositori del Labour di etichettarlo ingenerosamente come il partito del Big State, quando invece proprio dalla galassia riformista britannica sono emerse le più interessanti e raffinate proposte di decentramento ed empowerment dei cittadini. La lezioni insomma è chiara: quelle forze che, come il Labour, ritengono che il governo abbia ancora un ruolo da giocare nell'indirizzo delle scelte strategiche e nella correzione degli squilibri sociali, devono essere le prime a impegnarsi per adeguare le strutture statali alle mutate circostanze senza cedere alla tentazione di rifugiarsi nel vecchio e rassicurante statalismo ideologico.

Altro aspetto centrale del saggio si riferisce al record economico dei governi laburisti. Sembrerebbe un argomento confinato alla polemica politica interna al mondo britannico, ma in realtà le analisi proposte acquistano una validità generale, poiché toccano il tema cruciale delle credibilità economica di un governo, quanto mai avvertito in una fase storica in cui la reputazione, l'autorevolezza e l'affidabilità di un Paese, della sua politica, incidono in maniera decisiva sulle sue prospettive di crescita economica e stabilità finanziaria nel contesto internazionale.

La risposta del Governo Brown alla crisi bancaria e alla recessione è stata corretta e il Piano Darling (dal nome dell'ex Cancelliere dello Scacchiere, ndr) ha posto un'enfasi equilibrata tra aumento della tassazione, tagli di spesa e misure per la crescita. Non vi è alcunché di progressista nel lasciare che il debito pubblico si ingigantisca o nello sprecare risorse per ripagarne gli interessi. Vi è un altro argomento a favore del controllo della spesa, ossia sgravare dal peso delle tasse le fasce più deboli e alleggerire il fardello sempre più insostenibile sopportato dalla classe media impoverita. 

E' una questione di priorità, è in gioco la capacità di prendere decisioni difficili ma ormai indifferibili. Alcuni esempi concreti? Dare la precedenza agli investimenti sulla prima infanzia rispetto a quelli nell'università, nella consapevolezza che la precocità dell'intervento è decisiva per offrire prospettive di futuro ai giovani svantaggiati. Ancora, reindirizzare le spese, sottraendo risorse ai trattamenti pensionistici più generosi a favore della previdenza sociale, in modo da alleviare la pressione crescente sul settore sanitario e, in generale, correggere gli squilibri di un welfare diventato insostenibile e iniquo nei confronti dei più deboli e dei più giovani. Notevole come alcuni autori insistano sul bisogno di trasparenza fiscale, per informare e dare voce ai cittadini su come le loro tasse vengono spese e con quali risultati.

Si ritorna insomma al più originale dei portati del New Labour, la redistribuzione del potere, la diffusione delle responsabilità e, in ultima analisi, la riaffermazione del concetto di libertà positiva. Infatti, la distribuzione del potere nella società è intimamente legata alla libertà positiva, intesa non semplicemente come libertà dalle interferenze altrui ma come possibilità di agire, di incidere sulla realtà. Scegliendola come faro dell'azione politica, si rifiuta la falsa dicotomia tra libertà ed eguaglianza, poiché una più grande eguaglianza finisce per essere strumentale alla creazione di una società connaturata alla ricerca della libertà positiva. Partendo da simili presupposto filosofici, Philpot delinea nel capitolo di chiusura l'apparato progettuale scaturente dall'impegno collettivo degli autori del Purple Book.

Riformare lo Stato, mediante il rilancio della devoluzione dei poteri a governi e comunità locali e la trasparenza fiscale. Riformare la previdenza sociale, coinvolgendo e responsabilizzando i cittadini nella valutazione e  nella gestione dei servizi erogati. Riformare il mercato, incoraggiando nuovi modelli di partecipazione in economia che consentano una maggiore diffusione dei profitti, agevolando la nascita di un sistema finanziario stabile, aperto e cooperativo. Riformare il sistema politico, accentuando il potere di controllo e verifica degli elettori sugli eletti.

In conclusione, l'editor ammette il taglio prettamente domestico del testo, ma ciò non implica la sottovalutazione delle questioni internazionali, chiaramente parte dell'agenda di ogni partito riformista europeo con ambizioni di governo. I principi emersi dalle pagine del Libro Viola forniscono un valido indirizzo per la gestione delle tematiche oggetto della governance globale. Del resto, di fronte agli effetti destabilizzanti di una crisi economica che da oltre tre anni impoverisce il mondo, le istanze della pubblica opinione "glocale" sembrano ovunque le stesse: giustizia sociale, partecipazione e prospettive per il futuro. Istanze che richiedono risposte urgenti ed efficaci. Gli avvenimenti delle ultime settimane lasciano l'inquietante sensazione che il tempo a disposizione stia per scadere. Come dimostra il Purple Book, le idee non mancano. Serve la volontà e il coraggio di applicarle. (A cura di Fabio Lucchini)

 

The Purple Book: a Progressive Future for Labour
Edited by Robert Philpot
Biteback, 320pp, £9.99







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