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UNA PASSO AVANTI, MA DUE INDIETRO.
E SI TORNA ALL' "ALTERNATIVA DI SINISTRA"

La nuova collana del Corriere della Sera: tra i "Maestri del Pensiero Democratico" cancellato il riformismo socialista

Data: 2011-11-08

di Ugo Finetti

"L'escluso Filippo Turati non solo fu con Sturzo e Amendola il terzo “padre fondatore” dell'unità antifascista (mentre dall'ottobre del '24 al novembre del '26 i comunisti di Gramsci e Togliatti sedevano diligentemente in Parlamento ascoltando Mussolini senza aprir bocca persino il 3 gennaio 1925). Soprattutto Turati è stato il principale animatore della “questione sociale” nello stato unitario secondo una dimensione europea dando vita a quello che è, insieme all'associazionismo sindacale e cooperativo, uno dei principali e più attuali lasciti del socialismo riformista e cioè lo sviluppo del giuslavorismo. Tutto il giuslavorismo laico ha le sue basi in Turati. Si direbbe in che nel panorama laico – stando a questo piano dell'opera “laici e cattolici” - il socialismo non abbia avuto alcuna dignità culturale né rilevanza politica.Certamente, comunque, queste osservazioni critiche non perdono di vista il valore complessivo dell'iniziativa e dell'importanza di far maggiormente conoscere i testi scelti a un grande pubblico in modo particolare nell'attuale momento di crisi che attraversa il Paese. Per il resto, come è noto, chi paga l'orchestra, decide la musica".

Le nuove adesioni:

RINO FORMICA

Caro Ugo, il tuo articolo su le dimenticanze del “Corriere della Sera” è giusto sul piano della ricerca della verità storica.Ma c'è un altro livello di approfondimento che andrebbe fatto. Ed è quello della riflessione sul ruolo che il “Corriere della Sera” ha svolto in negativo, per lunghi periodi della sua esistenza, nel non saper mettere la cultura della borghesia al servizio della democratizzazione della destra e del riformismo minoritario nella sinistra italiana.La nostra protesta non è limitata alla richiesta di uno spazio per le nostre ragioni, ma domanda una ricostruzione globale del bene e del male prodotto dal più grande giornale della borghesia italiana. Tu hai la forza morale e culturale per aprire una battaglia delle idee partendo dalle debolezze della comunicazione e della grande informazione. Coraggio e buon lavoro

SPENCER M. DI SCALA
Professor Department of HistoryUniversity of Massachusetts Boston

Grazie della tua lettera.  Non so perche' Turati continua ad essere cosi' ignorato.  Forse e' il destino delle Cassandre. Poi perche' proprio Foa'?  Si dice che quelli che si dimenticano la storia sono condannati a ripeterla.  Per questo gli italiani non risolvano mai i loro problemi che rimangano piu' o meno sempre gli stessi.   Spero che la campagna della “Critica Sociale” avra'  un effetto, ma temo che in Italia bisogna sempre conoscere qualcuno, purtroppo.

GIORGIO BENVENUTO

Condivido fino in fondo le tue osservazioni. Ero rimasto,infatti, colpito perl'omissione di quanto i socialisti siano stati decisivi come protagonisti nellastoria del secondo dopoguerra.

DONATO ROBILOTTA

Condivido il fondo di Finetti e come dice qualcuno forse è arrivato il momento di smetterla di nasconderci e difendere da noi la nostra storia e il nostro futuro.

GIUSI LA GANGA

Aderisco anch'io alle considerazioni di Finetti e alla protesta per le scandalose omissioni nell'iniziativa del Corriere. Vorrà dire che bisognerà di nuovo cambiare quotidiano, ma, ahimè, quale?  

MAURO DEL BUE

Aderisco con assoluta convinzione. Anche come scrittore di storie socialiste. Bravo Ugo.

ROBERTO BISCARDINI

“Sono perfettemente d'accordo con Ugo Finetti. Una vicenda quella del riconoscimento della tradizione socialista e libera socialista, come parte essenziale della storia d'Italia, è un problema antico. Drammatico nel ventennio della Seconda repubblica, ma purtroppo non migliore nei lunghi decenni della Prima nei quali il pensiero comunista e di tradizione illiberale non ammetteva guastatori politici e intellettuali del "pensiero" dominante”.

MARCO CAVALLOTTI (su “Legno Storto”)

L'amico Ugo Finetti, come sempre, coglie nel segno. Ma da persona civile e bene educata tratteggia il disegno che sta dietro alla selezione degli autori da parte della Rcs senza animosità o durezza.La verità è che ancora una volta il Corriere dà una mano a chi ha cercato e cerca di scrivere la storia d'Italia da un punto di vista massimalista. Si tratta di una vera falsificazione, condotta nelle scuole e anche su molti testi "seri" e "universitari", che rimuove o marginalizza sistematicamente figure e episodi "scomodi". Ma in fondo Finetti ha ragione: come dice lui «chi paga l'orchestra decide la musica». E dalle parti nostre mi pare che non ci sia alcuno disposto a metterci del suo per difendere la propria visione del nostro passato nazionale.Le opere storiche pubblicate, ad esempio, dal Giornale, erano in fondo più volte alla rivalutazione, almeno parziale, del ventennio fascista, che alla difesa del grande passato riformista e degli incontri fra pensiero liberale e pensiero socialdemocratico.

PASQUALE GUADAGNOLO

Le “omissioni” ideologiche della collana “LaiciCattolici” non si limitano al pensiero e alla politica del socialismo riformista. Investono invece gli stessi “laici” e “cattolici” ed è curioso che solo Francesco Forte lo abbia notato. Segnalo ad esempio Giustino Fortunato, Guido Dorso, Ernesto Buonaiuti e addirittura Leo Valiani: addirittura in quanto (rispetto agli altri) figura essenziale e eminente della storia italiana recente, nonché “colonna” per decenni proprio del Corriere. E personalmente aggiungerei Antonio Labriola che, pur fondatore del marxismo in Italia, fu uno dei maestri e degli interlocutori di Croce.Inoltre: se si ripropone Augusto Del Noce (tutta la cui ispirazione, produzione e azione fu, e variamente, antiliberale), perché mantenere in archivio uno studioso e ideologo rappresentativo come Gianfranco Miglio? (…)Un'osservazione riguardo all'esclusione di Carlo Rosselli. Mi riferisco, oltre a quanto rilevato da te, Caro Tognoli e altri, al fatto che nell'occasione sembra replicarsi la vicenda (minuziosamente ricostruita, e non certo ”da destra”, dal figlio John nell'introduzione alla biografia di Stanislao G. Pugliese, Bollati Boringhieri 2001) che ne colpì e rinviò lungamente la riedizione presso Einaudi degli scritti. Finendo poi col renderla sostanzialmente inaccessibile perché di fatto fuori commercio (senza poi dimenticare l'esautorazione del curatore originario, Aldo Garosci, che di Rosselli fu il principale studioso oltre che collaboratore nell'esilio parigino).

SERGIO TAZZER

Questa "dimenticanza" non è l'ultima. Solo in Italia sia l'informazione che la cultura accademica dominante hanno cassato la presenza e le idee socialiste democratiche nel passato. Per il presente, proprio non esiste il socialismo. Combinazione, è quanto accade anche nei paesi ex comunisti, come - ad esempio - in Repubblica Ceca, dove personalità illustri del socialismo democratico, come Milada Horakova, impiccata dopo un processo-farsa voluto nel 1950 da capo comunista Klement Gottwald, sono state abbandonate nell'oblio. E quindi Finetti ha fatto benissimo a sottolineare questo tentativo di presentare un patrimonio ideale italiano monco.

NICCOLO' COSTA

Molto bene a protestare! Aderisco anch'io. I ridimensionamentI e le censure  fanno male .Insegno  Sociologia economica e sviluppo turistico locale a Roma Tor Vergata (…), ma non ho dimenticato la mia tradizione e la militanza socialista. Dobbiamo aiutare i 'nuovi' a parlar bene della tradizione riformista e liberalsocialista.  

EDOARDO CRISAFULLI

Anche io sono pienamente d'accordo con gli studiosi e intellettuali che hanno criticato le esclusioni dalla collana. La cosa non mi sorprende.
Credo però che non basti limitarsi alla critica o all'invettiva.Bisognerebbe fare politica culturale, e farla sul serio, come si diceva una volta.E' già importante che "sulla piazza" ci siano Critica Sociale e Mondoperaio. Ma bisogna fare di più.Perché non lanciare una proposta a tutti gli studiosi di vaglia che si sono espressi in questa vicenda, proponendo a una casa editrice una piccola collana sul riformismo socialista? E' già un fatto positivo che l'articolo di Finetti abbia aggregato così tante personalità di rilievo. (…) La collana potrebbe in qualche modo collegarsi alle celebrazioni dell'Unità. Il riformismo socialista, infatti, ha sempre contribuito all'unità nazionale, alla costruzione dell'identità nazionale, della comunità italiana (riscoperta e valorizzazione del socialismo risorgimentale). E Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di unità, cioè di un sostrato politico-culturale comune, in questo momento!Secondo me, bisognerebbe concepire una collana che possa essere utilizzata nei licei e nelle Università: breve introduzione da parte di uno studioso & antologia di scritti della figura che viene presentata. Non dobbiamo avere alcun timore: dobbiamo includere tutti, fino a Bettino Craxi. Se tralasciamo la contemporaneità per timore delle reazioni, lasciamo il campo libero a chi denigra una grande tradizione politica!

ANDREA LORUSSO CAPUTI

Concordo pienamente con te , penso pero 'che non possiamo affidarci alla "corta" memoria altrui ,e' necessario un impegno collettivo di noi che siamo gli eredi di quel pensiero per impedirne l'oblio .Io ci sto. 

MORENO BUCCI

Concordo ad ed aggiungo che anche Riccardo Lombardi entra di diritto in questa schiera. Hanno aderito anche  

LUCA JOSI,

GIAN PIERO GALLISAI,

CARLO MARTELLANICOLINO CORRADO ha scritto al direttore del “Corriere della Sera”:

”Mi complimento con Lei per l'ottima iniziativa editoriale "I maestri del pensiero democratico", che mette alla portata del grande pubblico testi fondamentali e di difficile reperibilità.Allo stesso tempo, però, devo esprimerLe dei dubbi sulle scelte - o piuttosto  delle non-scelte - effettuate. Dal piano dell'opera mancano, infatti,  leaders politici della statura di Filippo Turati, Giuseppe Saragat e Pietro Nenni, mancano i leaders del socialismo riformista che hanno segnato la storia dell'Italia moderna. Probabilmente ciò dipende dalla mancanza, in Italia, di una grande forza politica organizzata che si richiami a quei valori, ma un giudizio storico sereno dovrebbe essere in grado di dare a Cesare ciò che è di Cesare.Del resto, il fallimento fragoroso di Berlusconi oscura le gravi pecche della sinistra (o centrosinistra) italiana, tenuta insieme solo dall'antiberlusconismo e sempre bisognosa di un salvatore della patria esterno: manca il collante ideale, manca l'identità socialista,  fatto che ci rende un caso anomalo in Europa”.

E a “Critica Sociale” Nicolino Corrado ha scritto a proposito di Bobbio:

Anch'io vorrei dire qualcosa su Bobbio, che fu innanzitutto un grande intellettuale autonomo e dialogante. "Quale socialismo?" rappresenta in pieno le idee dei socialisti nella polemica con i comunisti, aperta dal saggio di Craxi su Proudhon nell'autunno del 1978. Bobbio - senatore a vita - aderì prima al gruppo Sinistra Democratica e poi a quello dei Democratici di Sinistra solo dopo lo scioglimento del PSI. Pur proclamandosi fin dal 1966 (con l'unificazione) un socialista democratico, egli ebbe un atteggiamento critico verso Craxi a cominciare dal 1983, per la gestione interna del partito, a suo parere, indulgente verso i fenomeni di malcostume politico che si stavano verificando in periferia e troppo sensibile al plebiscitarismo (l'elezione di Craxi alla segreteria per acclamazione nel congresso di Verona). Successivamente i due si riavvicinarono.  Nel 1990 Craxi invitò Bobbio a commemorare Sandro Pertini, un mese dopo la sua morte, alla conferenza programmatica di Rimini. Bobbio si rivolse a Craxi, come leader più autorevole della sinistra, perchè promuovesse un'iniziativa unitaria nei confronti degli orfani del PCI. Dopo Tangentopoli, in qualche intervista Bobbio ebbe a lamentarsi del danno rappresentato per le sorti dell'intera sinistra dalla scomparsa del PSI, e denunciò i ritardi e i passi indietro dei DS nel fare i conti con la propria storia e nell'avvicinarsi al socialismo liberale.

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Non riesco ad essere un acritico apologeta di Bobbio perché non valuto positivamente il suo rapporto con Togliatti (la sua definizione del totalitarismo dell'Urss come “dura necessità storica” e l'aiuto dato al segretario del Pci nel tamponare la crisi tra gli intellettuali dopo i fatti di Ungheria con il Convegno del “Gramsci” del'58). Non ammiro l'atteggiamento assunto da Bobbio nel '68 a Torino sul Movimento Studentesco mentre Craxi a Milano affrontava di petto gli scalmanati che irrompevano in Consiglio comunale insultando Pietro Nenni. Più in generale non ho mai condiviso la tesi politica di fondo di Bobbio e cioè: nessun passo politico-parlamentare senza il consenso del Pci. Fu questo il reale motivo di rottura con Craxi nel '79-'80 il quale, incoraggiato da Pertini, dette vita a maggioranze senza il Pci. D'altra parte non dimentico come, ad esempio, Bobbio si espose a favore della Biennale del Dissenso nel 1977. Che Norberto Bobbio sia un “maestro del pensiero democratico” non c'è dubbio. (u.f.)







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