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PER UN SINDACATO RIFORMISTA

Benvenuto: “L’eredità di Buozzi e Viglianesi nella morsa di conservatorismo e massimalismo”

Data: 2012-04-05

Critica Sociale, aprile 2012,

Lo scorso 23 marzo ha avuto luogo a Torino la presentazione del libro di Giorgio Benvenuto "Viglianesi e la storia del sindacato riformista", che ripercorre la vicenda umana e politica del sindacalista, dal suo approdo alla Resistenza  alla costituzione della Uil (Unione Italiana del Lavoro), passando per un illuminante viaggio compiuto nell'Urss stalinista. Una pubblicazione curata da Marco Zeppieri ed editata dalla Fondazione Bruno Buozzi, che, nata a Roma nel 2003, è attiva negli studi sul sindacalismo, promuove e incoraggia iniziative tese ad approfondire e diffondere la conoscenza storica del movimento operaio italiano e internazionale. Presidente della Fondazione è lo stesso Benvenuto, del resto già a lungo segretario generale della Uil (1976-1992), segretario del Psi e parlamentare (è stato Presidente della Commissione Finanze del Senato). Oltre a Benvenuto e allo storico Pietro Neglie, hanno preso parte all'incontro nomi di spicco del mondo sindacale e industriale, quali Cesare Annibaldi, Giovanni Cortese, Amedeo Croce. Moderatore è stato Carlo Fiordaliso.

Non è la prima volta che Benvenuto riflette sulla figura di Italo Viglianesi, personalità importante e apprezzata nel mondo sindacale riformista, come dimostra la notevole partecipazione di pubblico all'evento torinese, organizzato da Uil Piemonte e Fondazione Buozzi. Dirigente sindacale del settore dei chimici presso la Cgil unitaria e fedele al Psi di Pietro Nenni dopo la scissione di palazzo Barberini e la nascita del Psdi di Giuseppe Saragat,  il giovane Viglianesi rafforzò le sue convinzioni autonomiste dopo il citato viaggio in Unione Sovietica (1947). Pochi anni dopo (1950) fu il principale ispiratore della nascita della Uil, raccogliendo le componenti socialiste autonomiste, i sindacalisti socialdemocratici e repubblicani. Insomma, tutti coloro che non si riconoscevano nella Cgil (sempre nel '50 nacque anche la Cisl). Rimase segretario dell'organizzazione per un ventennio e, dopo alcune esperienze parlamentari, venne nominato ministro dei Trasporti e dell'Aviazione Civile nei governi Rumor e Colombo. Rimase senatore fino al 1979, per poi ritirarsi dalla vita pubblica fino alla scomparsa, nel 1995.

Prendendo la parola, Benvenuto parte dalla fine, o quasi, ricordando le "salde radici" della Uil, che hanno consentito al sindacato riformista di non crollare sotto  il peso di Tangentopoli. Anche di questo bisogna essere grati a Viglianesi, per il coraggio delle sue scelte e per la solidità del suo impegno che si sono concretizzati con la crescita, negli anni, di un sindacato probabilmente non forte come la Cgil e la Cisl, ma autenticamente laico e riformista. Queste considerazioni sono alla base del mio libro, puntualizza Benvenuto, che si sofferma poi su alcuni punti salienti dell'operato del fondatore della Uil.

Viglianesi decise di uscire dalla Cgil nel '49, non solo per motivi politici ma anche in base a valutazioni di pura tattica sindacale, che avrebbero poi sostanziato la divaricazione nello stile dei due sindacati nei decenni a venire. Vi era comunque un antecedente, avverte Benvenuto, ricordando la scarsa attenzione suscitata in Italia dalla figura di Bruno Buozzi e anticipando l'intenzione di colmare il vulnus in prima persona. Infatti, con la collaborazione del professor Neglie, egli sta raccogliendo materiale documentale per far piena luce sulle trattative tra comunisti, cattolici e socialisti per la ricostruzione di un sindacato unitario. Vale la pena ricordare che quei colloqui avevano luogo in un'Italia ancora martoriata dalla Seconda Guerra Mondiale. Nelle posizioni espresse da Buozzi in qui mesi di trattativa serrata vi era la cifra di un sindacato riformista, con obiettivi diversi da quelli dell'anima comunista che andava affermandosi in seno alla Cgil (significativi i contrasti con Giuseppe Di Vittorio). Buozzi, prima di arrendersi a un tragico destino, auspicava per il mondo del lavoro conquiste progressive che avrebbero dovuto essere tuttavia consolidate negli anni. "Nell'esperienza del sindacato riformista, di Buozzi prima e Viglianesi poi, riecheggiavano le posizioni turatiane, che invitavano i comunisti al gradualismo e a una maggiore attenzione al contesto nazionale di riferimento, senza tuttavia perdere di vista un genuino richiamo alla dimensione europea che andava affermandosi nel secondo dopoguerra".

Dati simili presupposti culturali e politici, negli anni sessanta la Uil maturò ulteriormente la convinzione di dover essere (di voler essere) il sindacato di tutti i cittadini. Non delle frange antagoniste e massimaliste. Anzi decise di avversarle in una lotta che prosegue ancora oggi, seppur tra mille difficoltà, perché in Italia è sempre stato difficile far valere le ragioni del riformismo, sia a fronte della conservazione che delle tendenze massimaliste e rotturiste. Questi sembrano essere ancora oggi i ristretti orizzonti nazionali, si rammarica Benvenuto.

Il fine a cui dovrebbe tendere un moderno sindacato è la salute complessiva del sistema. Dirigenti sindacali capaci non possono accontentarsi di conquiste limitate, come la conclusione di un contratto collettivo o la gestione di una cassa integrazione. Se il sistema non funziona tutti perdono: sindacati, lavoratori e aziende. Si ravvisa una tendenza generale secondo la quale in questo paese si ritiene che le istanze dei lavoratori trovino accoglimento solo e soltanto se rappresentante in maniera "forte" e talvolta intransigente. Ma le sconfitte dei massimalisti non mancano nella Storia recente d'Italia e sono sconfitte cocenti, come la marcia dei quarantamila quadri della Fiat del 1980 e il risultato del referendum sulla scala mobile del 1985. Eppure, dopo tanti anni, la sfida pare ancora essere tra il decisionismo del governo (quello di Mario Monti) e l'antagonismo sindacale, guidato dal binomio Cgil-Fiom. Si rischia il vicolo cieco.

Proprio in conclusione, Benvenuto, dopo aver bacchettato le derive sindacali oltranziste, non risparmia critiche alla politica: "Per favore, non facciamoci scudo dell'Europa! L'Europa che richiama l'Italia a mettere ordine in casa propria è quella di Merkel/Sarkozy? Vogliamo che sia questa?". La risposta è intuitiva. Ciò che sta accadendo in questi mesi, prosegue, è lo svilimento del sindacato riformista come lo concepiva Viglianesi. Se tutto si riduce a uno scontro tra un decisionismo motivato dai "richiami europei" e un antagonismo incapace di negoziare, il sindacato ha molto da perdere, rischiando di veder minata la sua credibilità e svuotata la sua capacità di governare i processi del lavoro. La tendenza ad archiviare con troppa faciloneria la concertazione rappresentata dal sindacato deve essere contrastata, così come l'attuale smania di ridurre i margini di dialogo e di andare allo scontro.

Concludere l'esperienza del riformismo sindacale sarebbe un errore, perché significherebbe accentuare la già pericolosa divaricazione tra politica, parti sociali e tessuto  produttivo. Forse, conclude l'ex leader della Uil, l'attuale esecutivo dei tecnici, benché competente e capace, non comprende a pieno le conseguenze di un agire anti-sindacale. Attenzione a dismettere con troppa precipitazione la politica, ne abbiamo ancora bisogno. (A cura di Fabio Lucchini)







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