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SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA-9 maggio

di Critica Sociale


HAARETZ
Israel is stronger than its ills

Sono iniziate le celebrazioni per il sessantesimo anniversario dello Stato di Israele. Le accuse di corruzione che piovono sul sempre più fragile governo Olmert non possono in alcun modo turbare i sentimenti d'orgoglio i che cittadini di Israele provano ripensando ai primi sei decenni di vita della loro compagine statale. Israele è forte, più forte dei suoi mali e può ripensare alla sua parabola storica come ad un grande successo. Allo stato attuale delle cose, sussistono i presupposti per raggiungere, dopo il miracoloso sviluppo economico, altri due obbiettivi vitali, ovverosia la pace e la sicurezza. La comunità internazionale sembra avvicinarsi sempre più alle posizioni di Israele in merito all'Iran ed a movimenti come Hamas, il popolo palestinese è parzialmente rappresentato da un establishment moderato pronto al dialogo e la Siria, abbandonata l'irrealistica ostilità del passato, pare intenzionata a giungere alla pacificazione con lo Stato ebraico. Nonostante la crisi istituzionale in agguato, la democrazia israeliana saprà trovare gli anticorpi per rilanciarsi ed affrontare le sfide e cogliere le promesse del futuro.

MIDDLE EAST TIMES
Israel - 60 and beyond
Alon Ben-Meir

Il sessantesimo anniversario di Israele giunge a coronamento di un decennio di impetuoso sviluppo economico, ma, a livello politico, lo Stato ebraico deve confrontarsi con due spinose questioni, che continua purtroppo a rimandare. La West Bank e le Alture del Golan. Nonostante i successi militari degli anni cinquanta-settanta, il progresso e l'operosità, la violenza ai confini del giovane Stato persiste e la sua sicurezza resta minacciata. Un anniversario è un'occasione importante e sarebbe desiderabile che Israele prendesse spunto dalla sua legittima auto-celebrazione per portare a termine l'occupazione dei territori arabi e volgersi in pace alla costruzione della propria prosperità.

THE GUARDIAN
As it turns 60, the fear is Israel has decided it can get by without peace
Jonathan Freedland

Identificare Israele con l'imperialismo occidentale non ha senso. I suoi detrattori dovrebbero comprenderlo. E' un Paese fondato da rifugiati, che fuggivano da un'Europa ostile e indifferente, e solo per questo meriterebbe simpatia e rispetto. Ciò che preoccupa è il disincanto ed il cinismo con cui molti israeliani guardano oggi al processo di pace con i palestinesi. Ora che Israele compie sessant'anni, dopo aver superato brillantemente prove durissime che avrebbero provato duramente qualsiasi altra comunità nazionale, c'è il rischio che i suoi cittadini si abituino all'idea che sia impossibile raggiungere un accordo con i palestinesi.

TIME
Burma's Masters of Disaster
Phil Zabriskie

Un portavoce governativo assicura che la situazione nella ex-Birmania “sta tornando alla normalità”, dopo che il devastante ciclone Nargis si è abbattuto sul Paese nei giorni scorsi. Difficile capire cosa la junta militare intenda per normalità. Si tratta di un governo capace di reprimere la popolazione civile per oltre vent'anni e pronto ad inviare centinaia di migliaia di soldati contro le manifestazioni pro-democratiche dello scorso settembre. Peccato che quello stesso esercito si sia rivelato molto meno efficiente nel fronteggiare le conseguenze delle devastazioni provocate da Nargis. Intanto, le vittime sarebbero salite a centomila circa, il cibo e le medicine scarseggiano e si diffonde la paura di epidemie. Mentre il Myanmar “ritorna alla normalità”, le autorità di Yangoon si permettono persino di ostacolare gli aiuti, questionando sul rilascio dei visti agli operatori umanitari che tentano di entrare nel Paese. A meno che non siano di nazionalità cinese, indiana o tailandese.

THE NEW YORK TIMES
Thinking About November
Paul Krugman


E' dal 1964, l'ultima elezione presidenziale prima dell'inizio del ciclo politico conservatore negli Usa, che il Partito Democratico non può contare su una congiuntura tanto favorevole. Una serie di indicatori politici ed economici, non da ultimo il pessimo livello di gradimento del presidente uscente, lasciano intendere che la Casa Bianca possa essere riconquistata dopo otto anni. Tuttavia, manca ancora molto a novembre e c'è tutto il tempo di sperperare il vantaggio accumulato. Barack Obama deve ora concentrarsi sulle questioni economiche che preoccupano le classi medie bianche. Questa fascia dell'elettorato ha sinora rifiutato il suo appello all'unità, non ha trovato glamour la sua promessa di cambiamento e teme di rimanere senza punti di riferimento saldi qualora Hillary Clinton uscisse dalla competizione presiden...



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