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SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA- 14 maggio

di Critica Sociale


NEEWSWEEK
From Dove to Hawk
Benny Morris


“Ultimamente, a causa del mio pessimismo rispetto ad una pacificazione definitiva tra israeliani e palestinesi, vengo considerato un falco, ma il mio pessimismo è fondato sugli studi condotti in tanti anni.” A scrivere è Benny Morris, un eminente storico israeliano, che prende spunto dal sessantesimo anniversario dalla proclamazione dello Stato ebraico per  avanzare alcune considerazioni personali. Orientate al pessimismo. Il mondo arabo-palestinese si è opposto sin dall'inizio alla costituzione di un focolare ebraico in Palestina e gli accadimenti storici, dal 1948 in poi, non hanno fatto che rafforzare quella profonda avversione, superficialmente malcelata. L'espulsione dei palestinesi nel 1948 rappresenta un trauma mai più rimarginato, che si è assommato all'originaria e intransigente opposizione araba alla nascita di Israele. Le simpatie raccolte tra l'opinione pubblica mediorientale da personaggi come Ahmadinejad, Meshal e Haniyeh sta a dimostrare quanto sia ancora oggi insicura l'esistenza di Israele.

INTERNATIONAL HERALD TRIBUNE
Peace talks don't rely on Olmert, Bush says before visit to Israel

Sempre più debole la posizione del premier israeliano Ehud Olmert. Si sospetta che il primo ministro abbia ricevuto, illecitamente, centinaia di migliaia di dollari da un fundraiser americano, Michael Talansky. In cambio delle ingenti somme, Olmert avrebbe concesso terreni ad alcuni soci d'affari di Talansky ed avrebbe sostenuto le proposte del cittadino americano rispetto ad alcuni progetti governativi. Olmert ha dichiarato che si dimetterà in caso d'incriminazione. Il presidente americano George W. Bush, alla vigilia della sua visita in Israele, ha definito Olmert “un uomo onesto” ed ha sottolineato che i negoziati con i palestinesi sono slegati dalle fortune politiche e personali del premier israeliano.

FINANCIAL TIMES
Candidates converge on Middle East policy
Daniel Dombey


L'ambasciata israeliana a Washington ha avuto un ospite a sorpresa per i festeggiamenti del sessantesimo anniversario dello Stato ebraico. L'ormai probabile candidato alla Casa Bianca per il Partito Democratico, Barack Obama, ha infatti presenziato all'evento, ribadendo così la sua amicizia ed il suo impegno per tutelare la sicurezza di Israele. Recentemente, Obama, aveva avuto uno scambio di battute sulla questione con il rivale Repubblicano, John McCain, che lo aveva definito “il candidato preferito da Hamas.” A prescindere dalle schermaglie verbali e dalle promesse propagandistiche, le differenze tra gli approcci alla politica mediorientale dei tre candidati sembrano affievolirsi, sebbene rimangano distinzioni sostanziali riguardo la presenza Usa in Iraq e di tono rispetto all'atteggiamento verso l'Iran. Molti analisti non si aspettano comunque grosse discontinuità rispetto al secondo quadriennio dell'amministrazione Bush.

THE GUARDIAN
Obama says he'll reshape US foreign policy. But can he?

Jonathan Steele


Barack Obama è un politico intelligente ed un abile scrittore. In uno dei suoi best-sellers descrive la sua infanzia in Indonesia e ricorda con dispiacere le manovre statunitensi per favorire l'instaurarsi nel Paese di un regime autoritario negli anni Sessanta. Anche grazie a questa esperienza, Obama potrebbe essere la persona giusta per rilanciare la politica estera statunitense. Obama è un convinto assertore dei principi universalistici a cui la politica Usa nel mondo ha sempre dichiarato di ispirarsi, ma è consapevole dalla fallibilità dell'approccio americano. E' stato infatti tra i primi a denunciare la guerra in Iraq. Saprà combinare idealismo e realismo nell'approcciare i problemi più urgenti, che gli si presenteranno appena, e se, verrà eletto presidente? Come si confronterà con l'eredità irachena? Parlerà, come promesso, con gli ayatollah? Riuscirà a scacciare le diffidenze israeliane? Nelle ultime settimane, Obama sta facendo i conti con la realtà e si sta avvicinando alle posizioni sul Medio Oriente dei suoi rivali. Segnali che lasciano intendere che poco possa cambiare nella politica estera americana.

HAARETZ
Who will stop Hezbollah? Not the Lebanon Army
Yoav Stern

Chi fermerà Hezbollah? Non certo l'esercito libanese e non, come si crede, per la sua debolezza nei confronti del movimento sciita...



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