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SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA- 4 giugno

di Critica Sociale


The New York Times
Obama Claims Nomination; First Black Candidate to Lead a Major Party Ticket

Jeff Zelezny


Le primarie dei record, per numero di votanti e per ammontare di dollari investiti, sono finalmente giunte al capolinea. Barack Obama ha sconfitto Hillary Clinton. Un risultato impensabile solo sei mesi fa. Per la prima volta un afro-americano correrà per la Casa Bianca. Il senatore dell'Illinois, nella notte, ha abbandonato ogni cautela. Parlando ai suoi sostenitori da St. Paul in Minnesota ha scandito: “Sarò il candidato Democratico alle prossime presidenziali.” Una sentenza scritta definitivamente dall'esito delle ultime due primarie, in South Dakota (vittoria di Clinton) ed in Montana (vittoria del junior senator) e dall'abbattimento della nuova quota delegati (2.118) da parte di Obama, favorito anche dal flusso di super-delegates che in queste ore stanno dichiarando il proprio appoggio a un giovane uomo che sino a quattro anni fa sedeva ancora nel Senato dell'Illinois. Hillary chiede tempo per discutere con i superdelegati, ma la sua resa pare solo rimandata di pochi giorni, forse ore. La senatrice è evidentemente alla ricerca di un ruolo. Ormai, è rassegnata all'idea che la vice-presidenza rappresenti il massimo traguardo raggiungibile. L'attenzione presto si volgerà allo scontro generazionale con John McCain.

Next on Agenda Is Clinton's Role

Politico
Obama's first test: Handling Hillary
Roger Smith

Nello staff di Obama vi è la diffusa convinzione che il vincitore della nomination in pectore non debba sprecare tempo a consolare i Clinton, ed i loro elettori delusi, per la sconfitta patita. Anzi. Hillary rifiuta di ammettere la vittoria del rivale?  Un motivo in più per insistere nel rinnovamento, negandole il ticket presidenziale. Una ritorsione contro la tenacia di Hillary? No, una scelta tattica. Obama deve rilanciare il suo progetto per l'unificazione del Paese e deve dunque rivolgersi anche agli indipendenti ed ai Repubblicani. Lì deve sconfiggere McCain. I Democratici come lo hanno seguito contro Hillary, così lo seguiranno contro McCain. Le sentite, ma poche, parole di apprezzamento rivolte alla rivale nel suo discorso in Minnesota, e la stessa scelta di rivendicare la nomination da quello stesso Stato, dove i Republicans terranno tra tre mesi la loro Convention, segnalano le intenzioni del candidato Democratico. Se Obama vuole vincere, non deve atteggiarsi a candidato progressista che scende a compromessi con la base tradizionale del suo Partito che lo guarda in cagnesco, ma andare oltre. Non è più tempo di guardare indietro, ma di avanzare. Trascinare tutti gli elettori Demcorats dietro di sé ed andare alla conquista degli indecisi. Farlo con Hillary Clinton nel ticket sarebbe più difficile. Una simile scelta farebbe a pugni sia con la retorica del cambiamento sia con i gusti di molti indipendenti e indecisi, che vedono l'ex first lady come il fumo negli occhi.

Real Clear Politics
Reviewing the Speeches
Tom Bevan

Clinton a New York, Obama a St. Paul, McCain a New Orleans. Da un confronto stilistico tra i tre speeches di una serata che rimarrà presumibilmente nella Storia del Paese, paradossalmente, esce meglio di tutti Hillary Clinton, che ha dimostrato una padronanza ed una sicurezza invidiabili per chi sta assaporando il momento forse più amaro della propria carriera. Centrale il concetto di “rispetto” per i 18 milioni di americani che la hanno votata. Sulla performance di Obama si addensava la curiosità generale, data la solennità del momento. Non ha deluso, come al solito, sfiorando forse il messianesimo in alcuni passaggi. Nessuno, infine, può accusare John McCain di essere un grande oratore. Anche stanotte ne abbiamo avuto conferma. Nonostante qualche buon spunto retorico per ricordare alla platea la sua onestà morale e rettitudine etica, l'impressione netta è che il senatore dell'Arizona debba affinare la sue tecniche per tenere il passo di Obama nei prossimi cinque mesi.

Clinton Thanks Supporters in New York

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