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International Herald Tribune
Diplomacy must work
David Miliband

Mi è stato chiesto più volte, durante la mia visita negli Usa, se fosse il caso di insistere sulla via diplomatica nei riguardi dell'Iran, visti i risultati deludenti conseguiti dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, che non ha saputo finora impedire al regime iraniano di procedere all'installazione di nuove centrifughe. Ebbene – scrive Miliband - sono convinto che la diplomazia debba e possa funzionare. All'Iran continueremo ad offrire la possibilità di accettare le risoluzioni dell'Onu ed integrarsi nella comunità internazionale. Ma se dovesse scegliere la strada opposta, la conseguenza sarà l'isolamento economico e politico.
 
Le Figaro
Washington tend la main aux Iraniens

Gli Stati Uniti sarebbero pronti a riavviare le relazioni diplomatiche con Teheran. Secondo quanto rivelato al Washington Post ed all'Associated Press da “fonti ufficiali” dell'Amministrazione Usa, la riapertura nella capitale iraniana di una sede diplomatica viene giustificata da Washington con l'esigenza di esprimere lo scontento per un nuovo contratto energetico stipulato tra Iran e Svezia. L'iniziativa segnala tuttavia la volontà degli Usa di riprendere i rapporti diplomatici diretti con Teheran, interrotti nel 1979, dopo la presa degli ostaggi nell'ambasciata Usa da parte dei “rivoluzionari islamici”.
AFP/ The Daily Star
Tehran accuses Europe of impeding diplomacy by applying new sanctionsUS official 'salutes' Syria for taking in Iraqi refugees
 
The Washington Post
A Surprise From Syria And Israel?
David Ignatius

Cosa c'è dietro il dialogo tra Siria e Israele in corso attraverso la mediazione della Turchia? A Washington, la notizia è stata accolta da una generale sorpresa e da un certo scetticismo. Tuttavia, se ci si sofferma ad analizzare gli interessi in gioco, si comprende come il negoziato offra a Siria e Israele la possibilità di conseguire obbiettivi strategici che entrambi i paesi giudicano prioritari. Non è un caso che l'esercito israeliano sostenga l'iniziativa. La sconfitta in Libano, nel 2006, ha rafforzato Hezbollah e reso Beirut un simulacro del campo di battaglia israelo-iraniano che, alla lunga, rischia di logorare Israele. A sua volta, il Presidente siriano, Bashar al-Assad, vuole sottrarre il paese all'isolamento cui è stato costretto da Usa, Francia e Arabia Saudita. Entrambi i paesi sono amici della Turchia. La svolta si è avuta quando, dopo la sconfitta in Libano, Israele accetta di negoziare sul Golan. L'obbiettivo ultimo di Israele è sottrarre Damasco alla sfera di Teheran. Sebbene un distacco esplicito sia improbabile, va tuttavia osservato che il regime baahtista siriano è fondamentalmente laico, dunque l'insofferenza al fervore religioso della leadership iraniana potrebbe determinare la rottura culturale e politica che la sola ragione della sicurezza non basta a giustificare.
 
Haaretz
Bullies in the intelligence community
Yossi Melman

Non c'è che un modo per definire l'establishment della difesa israeliana che – come il capo del Mossad, Meir Dagan, il capo del servizio di sicurezza dello Shin Bet, Yuval Diskin, e l'ex dirigente Moshe Ya'alon – si è pronunciato contro l'accordo sullo scambio di prigionieri raggiunto con Hezbollah ed Hamas: arroganti. Nel sostenere – come ha fatto Ya'alon – che “se il costo è troppo elevato allora si deve accettare il sacrifici di una vita umana”, questi personaggi dimostrano il disprezzo per il dolore delle famiglie dei soldati rapiti e, soprattutto, confermano come la “sicurezza nazionale” sia un'arma politica con la quale far fuori un Primo Ministro debole, come oggi è Olmert. Nel 2003, quegli stessi personaggi sostennero infatti la trattativa per la liberazione del trafficante ebreo, Elhanan Tennenbaum. Cosa suggerisce oggi una fermezza che, in quel caso – ben più controverso – non vollero accettare?
Barak orders Gaza crossings sealed in response to Qassams

 
Ynet
Look her in the eyes
Shimon Shiffer

Domenica il Governo israeliano si esprimerà sull'accordo negoziato con Hezbollah da un mediatore tedesco, per il rilascio di Ehud Goldwasser e Eldad Regev, i due ausiliari dell'esercito rapiti durante la guerra in Libano del 2006. Purtroppo è ormai quasi certo che Ehud Goldwasser e Eldad Regev non sono più vivi. Lo scambio avverrà pertanto tra prigionieri islamici vivi e i corpi dei due cittadini israeliani. Le famiglie, tuttavia, continuano a sperare. Il Governo ha il dovere di accogliere la loro richiesta, votando a favore dello scambio. Non si tratta di alimentare una speranza, ma di sciogliere un dubbio, quello che esprime lo sguardo di Karnit Goldwasser la giovane moglie del soldato nelle mani di Hezbollah.
Obama to Bush: Hamas must recognize Israel

In una lettera al Presidente Bush, il candidato democratico alla Casa Bianca testimonia il proprio sostegno ad Israele chiedendo che Hamas riconosca lo Stato ebraico e l'Egitto si impegni a bloccare l'invio di armi e denaro a Gaza.

The Daily Star
Gazans will take any peace of mind they can get
Safwat Kahlout

Il cessate-il-fuoco a Gaza arriva in un momento cruciale. Con la vittoria di Hamas, la popolazione ha subito – oltre alla paralisi dell'economia dovuta al blocco dei valichi da parte di Israele, anche le sanzioni della Comunità internazionale ed il blocco dei finanziamenti europei destinati a pagare gli stipendi dell'Autorità palestinese.  Oggi, a Gaza, la popolazione è allo stremo. La tregua può offrire un sollievo ed alimentare la speranza per un processo di riconciliazione tra Fatah ed Hamas.
 

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