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Dopo 21 mesi dall'annuncio della sua candidatura alla Casa Bianca, Barack Obama gioca le sue carte più pesanti per convincere l'America a sceglierlo come quarantaquattresimo presidente. Nella serata del 29 ottobre, a meno di una settimana dal voto, è andato infatti in onda in contemporanea su Cbs, Nbc e Fox (ma anche Msnbc, Tv One, Univision e Bet) un maxi spot elettorale del candidato Democratico. Quattro milioni di dollari è il costo stimato dell'apparizione in prime-time. Una chiusura in grande stile, talmente appariscente da far sorgere il dubbio che possa rivelarsi perfino esagerata, e quindi controproducente. Ad ogni modo, il trionfo mediatico obamiano è stato completato dalla prima apparizione congiunta del senatore dell'Illinois e dell'ex presidente Bill Clinton durante un comizio a Kissimmee, in Florida. I due leader, dopo essersi pesantemente scontrati durante le primarie Democratiche, hanno mostrato una perfetta comunione d'intenti. McCain, anch'egli impegnato in un comizio nello “Stato del sole”, il cui voto sarà decisivo per le sue chance di vittoria, ha ridicolizzato l'appello televisivo a reti unificate del rivale, accusandolo di vendere promesse.

Le differenze tra i due candidati, ricalcano sovente le fratture ideologiche e filosofiche tra i due Partiti. Foreign Policy tenta invece di proporre un'analisi che superi le lacerazioni fra Democratici e Repubblicani, destinate inevitabilmente a crescere con l'approssimarsi del voto, per individuare le linee guida che dovrebbero orientare la politica estera del Paese negli anni a venire. La redazione della prestigiosa rivista di Washington ha così chiesto a dieci eminenti esperti di politica internazionale il loro parere sulla squadra di governo che dovrebbe coadiuvare il prossimo presidente a rilanciare l'America nel mondo.

-Segretario di Stato
Secondo Robert Gallucci, Georgetown University, Strobe Talbott, presidente della Brookings Institution, possiede la competenza e l'esperienza necessarie per guidare il dipartimento di Stato. Scelta condivisa da Kishore Mahubani, National University di Singapore: “raffinato analista sarebbe in grado di convincere i partner internazionali a rinnovare la propria fiducia agli Stati Uniti.” “La politica estera dell'amministrazione Bush è stata sin troppo esuberante. Ora serve maggiore sobrietà ed il senatore Richard Lugar (Repubblicano dallo stile bipartisan) è l'uomo giusto”, sostiene invece Gideon Rachman, editorialista del Financial Times. Grover Norquist, presidente dell'Americans for Tax Reform, menziona un'altra voce Repubblicana critica verso l'amministrazione Bush e sostiene la candidatura del senatore Chuck Hagel. Una citazione anche per il segretario di Stato di Bush padre, James Baker, l'ex senatore Democratico Bill Bradley (multilateralista e contrario all'espansione della Nato), Bill Clinton, Robert Zoellick (il presidente della Banca Mondiale), Sam Nunn, esperto di proliferazione nucleare e più volte candidato al Nobel per la pace e Richard Holbrooke, Ambasciatore Usa alle Nazione Unite ai tempi dell'amministrazione Clinton.

-Segretario della Difesa
Notevoli i consensi intorno all'operato dell'attuale segretario alla Difesa, Robert Gates. Gallucci ne vorrebbe la conferma per la sua indipendenza di giudizio, Rachman e Norquist per l'abilità mostrata nella gestione dell'ultima fase della guerra irachena e per la sua moderazione nei confronti della questione iraniana, Leslie Gelb, Council on Foreign Relations, ne esalta il pragmatismo. Anche Robert Baher, ex agente Cia in Medio Oriente ed ora saggista di successo, riconosce il valore di Gates, autore di una totale rottura rispetto agli azzardi dei predecessori Rumsfeld e Wolfowitz. Raccolgono consensi ancora Zoellick, Lugar, Hagel e Nunn, oltre all' ex collaboratore di Ronald Reagan, Lawrence Korb.

-Segretario del Tesoro
Il mini-sondaggio di Foreign Policy non può che soffermarsi sulla quanto mai delicata sostituzione del criticatissimo Henry Paulson al Tesoro. Il nuovo titolare del dicastero non avrà certo vita facile a partire dal prossimo gennaio. Non sorprende che gli analisti si dividano sul profilo da indicare. Oltre alla suggestiva opzione Warren Buffet, il miliardario vicino ad Obama, Christoph Bertram, ex direttore del German Institute for International and Security Affairs, propone Hillary Clinton, mentre la direttrice di The Nation, Katrina vanden Heuvel, indica James Galbraith, economista liberal, attento agli effetti spesso deleteri che la finanza può generare sull'economia reale. L'ex alto funzionario delle Nazioni Unite, Shashi Tharroor, sostiene la candidatura del sindaco di New York, Michael Bloomberg, Cesare Merlini (Council for United States and Italy) punta sul mondo produttivo, attirando l'attenzione sulla direttrice della Pepsi Company, Indra Nooyi, manager efficiente lontana dagli ambienti intossicati di Wall Street. E ancora trovano estimatori l'ex sottosegretario al Tesoro, David Lipton, Mohamed El-Erian, finanziere di successo cresciuto nei ranghi del Fondo Monetario Internazionale, Steve Forbes, proprietario e direttore dell'omonima testata e convinto assertore del libero scambio ed il banchiere d'affari clintoniano, Roger Altman.

Risulta una notevole varietà nelle scelte, che supera le appartenenze partitiche e coinvolge nell'immaginaria squadra di governo anche personalità estranee all'establishment politico in senso stretto. Insomma, gli analisti sembrano ispirarsi a quel richiamo all'unità d'intenti evocato da molti candidati all'inizio della campagna elettorale, ma oggi sovrastato dal clamore della battaglia per l'ultimo voto dell'ultimo indeciso. Peraltro, come confermato dalla parziale marcia indietro dell'amministrazione Bush durante il suo secondo mandato, gli Usa sembrano decisi a caratterizzare la propria politica estera in un senso più prudente rispetto al passato, ma non meno ambizioso. Prudenza nel proporre soluzioni condivise agli alleati (l'Europa), nel discutere con i competitor (Cina ed India) e nel negoziare con gli avversari (Iran e Russia); ambizione nel ripristinare l'autorevolezza e la leadership politico-economica dell'America nel mondo. Il prossimo inquilino della Casa Bianca è chiamato a dar corpo a questa doppia direttrice e per farlo dovrà saper scegliere gli uomini giusti.

 

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