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Giovanni Mafodda, Limes, 1 giugno 2009,

La Russia è vittima di una recessione economica peggiore del previsto. Lo ha confermato il presidente russo Dmitry Medvedev nel suo messaggio di indirizzo al governo in materia di bilancio per il periodo 2010 – 2012, facendo cadere il velo delle mezze ammissioni e delle stime ottimistiche del governo guidato dal primo ministro Vladimir Putin. L'appuntamento tenutosi al Cremlino la scorsa settimana rappresenta il primo passo ufficiale di un iter che porterà alla formulazione del bilancio entro la fine dell'estate. La condizione di pesante crisi mette fine ad un decennio di forti iniezioni di liquidità nel sistema che hanno rappresentato il prerequisito dell'epoca d'oro del doppio mandato presidenziale di Vladimir Putin.Ora secondo le indicazioni del presidente Medvedev, il governo - ora presediuto Putin - è obbligato a decise manovre di forte riduzione della spesa per ciascuno dei prossimi tre anni a motivo di un previsto deficit di bilancio per il 2009 di almeno il 7%.

Le performance economiche negative più preoccupanti, soprattutto per i riflessi di politica interna, riguardano il prodotto interno lordo crollato del 9,5% nei primi tre mesi del 2009 e destinato a contrarsi su base annua tra il 6 e l'8%, secondo le nuove stime del Ministero russo dello Sviluppo Economico, ed il tasso di disoccupazione al 10,5%, con tre milioni di posti di lavoro persi solo dall'estate scorsa e mai arrivato così in basso negli ultimi dieci anni. A questo va aggiunto un sistema bancario che se non ha mai rappresentato il punto di forza del sistema economico russo, appare lontano dall'obiettivo di riuscire a liberarsi dai debiti tossici di provenienza americana.
Il più grosso produttore di gas naturale ed il secondo esportatore di petrolio dopo l'Arabia Saudita ritorna così, dopo dieci anni, in un clima economico dal sapore eltsiniano: deficit statale, alta disoccupazione, malcontento diffuso in ampi strati della popolazione. Né, a mutare questa condizione generale, sembra possa bastare un prezzo del petrolio in recupero intorno ai 60 dollari a causa dell'alta imposizione fiscale interna. Inoltre, stando a quanto recentemente osservato dal primo vice ministro e ministro delle Finanze, Alexei Kudrin, le liquidità contenute nel fondo di riserva alimentato negli scorsi anni dai surplus fiscali petroliferi, risulterà interamente utilizzato già entro la fine del prossimo anno.

Anche dal mercato del gas naturale, la cui domanda in discesa appare ad alcuni analisti come la vera causa delle nuove incomprensioni registratesi negli incontri di Khabarovsk con l'Europa, non si attendono nel breve periodo incrementi nelle entrate. Finita la combinazione magica fatta di alti prezzi delle materie prime e di credito a bassissimo costo, sulla quale si è finora essenzialmente giocato il ritorno della Russia ad un ruolo di potenza, è facile capire perché è il deficit di bilancio, con le sue probabili squassanti pressioni su un'inflazione che rimane a due cifre, il cruccio principale del presidente Medvedev. Ma questa sua decisione di affrontare il difficile passaggio economico puntando su consistenti manovre restrittive della spesa potrebbe causare le prime crepe nel rapporto con Putin. Il primo ministro, fautore di una politica di stimoli economici, 50 miliardi di dollari il budget stanziato alcuni mesi fa per contrastare i primi colpi della crisi, rivelatasi abbastanza fallimentare, è interessato a respingere ogni possibile deterioramento della situazione socio politica del paese continuando ad iniettare liquidità.

In Russia in simili contesti (la crisi del 97-98 ad esempio) il presidente trovava facile dimissionare il primo ministro di turno anche nel tentativo di svelenire la pressione dell'opinione pubblica. Altri tempi e, soprattutto, altri primi ministri.Non è però un caso se proprio sullo stato attuale dei rapporti all'interno di quello che la stampa russa chiama il tandem Medvedev-Putin, si intrattengono molte analisi di politica interna. E' il caso del quotidiano Nezavisimaja Gazeta che ha parlato di radicale riaggiustamento della politica di Putin esaminando anche i dissapori tra la Casa Bianca (quella russa, sede del governo) ed il Cremlino, favorevole alle dimissioni di Alexej Kudrin e della rivista Itogi che ha addirittura ipotizzando la possibile composizione futura di un partito del presidente.
 

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