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Global Terrorism Analysis, 21 gennaio 2010,

Dopo un lungo travaglio decisionale, il British Home Office ha messo fuori legge l'organizzazione islamista al-Muhajiroun (gli Emigranti) e alcuni gruppi ad essa collegati. Il provvedimento (che risale al 14 gennaio) completa l'opera iniziata nel luglio 2006 con la proscrizione di altre due sigle legate agli Emigranti, al-Ghurabaa (Gli Stranieri) e Saved Sect. Puntualmente, si è scatenato un florilegio di interpretazioni e dibattiti tra coloro che sostengono che il governo di Sua Maestà abbia preso una saggia e responsabile misura volta a garantire la sicurezza e chi ritiene la scelta lesiva del diritto d'espressione e persecutoria nei confronti dell'intera comunità islamica del Regno Unito. Del resto, l'episodio, ripreso e analizzato da Raffaello Pantucci per il Global Terrorism Analysis, offre spunti di riflessione sull'irrisolto dilemma tra sicurezza e tutela del diritto di espressione che impegna da anni il mondo occidentale.

Il segretario degli Interni britannico, Alan Johnson ha così risposto alle critiche sul punto del Guardian: "Le organizzazioni che abbiamo colpito invitano i visitatori dei loro siti web a uccidere chiunque insulti il profeta, lodano le azioni di Osama Bin Laden e sostengono che sia proibito visitare la Palestina a chi non si dedichi in qualche modo al Jihad (nell'accezione violenta del termine, ndr). Queste prese di posizione non sono mere provocazioni, ma veri e propri incoraggiamenti alla violenza in nome della religione...".

Ma chi sono e da dove vengono gli Emigranti?

Al-Muhajiroun è stata fondata in Arabia Saudita circa ventisette anni or sono da Omar Bakri Mohammed, che venne presto arrestato ed espulso dal paese, per poi approdare nel Regno Unito nel 1986. Omar decise presto di imprimere alla sua organizzazione una svolta radicale e fondamentalista. Già noti alle autorità prima dei fatti dell'11 settembre 2001, gli Emigranti attirarono definitivamente  l'attenzione dell'anti-terrorismo su di sé organizzando un evento in onore dei "Magnifici 19", gli autori dell'attacco all'America. La visibilità del gruppo è progressivamente aumentata al punto da oscurare parzialmente le gesta del predicatore 

Abu Hamza al-Masri, sino a poco tempo fa fuoco dell'attenzione dei servizi di sicurezza britannici e attualmente detenuto in attesa di essere estradato negli Stati Uniti.

In effetti, negli ultimi anni sono aumentati gli indizi che collegano in vario modo al-Muhajiroun all'attività di individui sospettati di appartenere a cellule terroristiche. Il gruppo ha sempre respinto le accuse, sostenendo che i personaggi in questione non fossero membri dell'organizzazione nel momento in cui si sarebbero verificate la fattispecie criminose loro addebitate dagli organi polizieschi e giudiziari. Una giustificazione difficile da avvalorare o confutare, data la natura opaca di al-Muhajiroun, che spesso impedisce di verificare l'affiliazione ad essa di un determinato individuo.  

Quel che è certo, prosegue Pantucci, è che prima e dopo l'11 settembre diversi ex membri del gruppo si sono distinti sui campi di battaglia della Cecenia, del Kashmir, della Palestina e dell'Afghanistan: conflitti che si sono rivelati un focolaio inesauribile di fanatismo e radicalismo. Lo stesso Omar Bakri Mohammad si è in passato assunto la responsabilità di aver reclutato il primo attentatore suicida britannico, Mohammed Bilal (Asif Sadiq), che si fece esplodere insieme ad alcuni militari indiani nella contesa regione del Kashmir nel dicembre del 2000.
E' peraltro plausibile che, pur considerando la gravità di questi precedenti, non sbaglino quei polemisti britannici che considerano quanto avvenuto recentemente nella città di Luton come il fattore scatenante del controverso provvedimento di Londra: durante una marcia per le strade di Luton dell'Anglian Regiment di rientro dall'Iraq, cinque uomini legati  al-Muhajiroun hanno mostrato cartelloni che definivano i militari britannici "i macellai di Basra". Così, il provvedimento governativo di proscrizione, emanato a breve giro di posta, ha inevitabilmente finito per essere associato ai fatti appena descritti e alcuni osservatori hanno posto la questione se fosse legittimo mettere fuori legge un gruppo per le espressioni sgradevoli utilizzate da alcuni dei suoi membri.

E' l'annoso dilemma tra il principio di tolleranza tanto caro a una certa tradizione di pensiero occidentale ("Non sono d'accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee") e la più prosaica necessità di tutelare la sicurezza delle società contemporanee da una minaccia terroristica sfuggente e difficile da interpretare. Costringere i governi democratici ad abbandonarsi alla censura e alla repressione è l'obbiettivo più subdolo degli ideologi del terrore, ma è altrettanto vero che Umar Farouk Abdulmutallab avrebbe potuto abbattere il volo Amsterdam-Detroit. Se a ciò si aggiunge che il giovane africano è probabilmente venuto  a contatto con gli ambienti radicali del cosiddetto Londonistan, i sostenitori dell'azione governativa trovano nuove argomentazioni da mettere sul tavolo.

Il dibattito in Gran Bretagna, in Europa e nel resto del Mondo resta aperto. Rimane auspicabile che a tutte le latitudini le valutazioni sulla reale carica eversiva e criminogena dei sermoni dei predicatori o delle proteste degli attivisti islamici vengano effettuate dalle autorità il più possibile attraverso le categorie dell'oggettività e non dell'ideologia precostituita. Sotto questo profilo, è bene non ingannarsi. Sia la cieca repressione che il lassismo buonista finiranno alla lunga col produrre le medesime conseguenze: la restrizione delle libertà civili e l'aumento della paura. (a cura di Fabio Lucchini)

 

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