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Stratfor, 8 aprile 2010,

I progressi della Russia verso la definitiva ri-acquisizione dello status di grande potenza stanno culminando nel ristabilimento della sfera di influenza di Mosca nell'area dell'ex impero sovietico.

Già nei primi mesi di quest'anno si è assistito al ritorno di paesi-chiave, quali Ucraina, Kazakhstan e Bielorussia, nel cono di influenza russo. La Russia ha costituito un'unione doganale con kazaki e bielorussi, iniziando il processo di formale reintegrazione dei due paesi, mentre un governo-filo russo si è appena insediato a Kiev, concludendo ufficialmente la breve stagione filo-occidentale messa in moto dalla cosiddetta Rivoluzione Arancione. Il Cremlino ha inoltre posto le basi per condizionare da vicino Armenia e Azerbaijan, intromettendosi nei negoziati turco-armeni per normalizzare le loro relazioni e nei colloqui tra

Armenia e Azerbaijan sulla regione del Nagorno-Karabakh.

A Mosca rimangono alcune faccende da sbrigare in Ucraina, Kazakhstan e Bielorussia. Nei primi due paesi le ultime evoluzioni politiche si sono risolte in un ulteriore rafforzamento delle posizioni di Mosca (in particolare la vittoria di Viktor Yanukovich nelle elezioni ucraine), mentre la Bielorussia si conferma più docile e incline al controllo russo. Inoltre, il Cremlino dovrà monitorare le eventuali contromosse di Stati Uniti e Unione Europea rispetto ai suoi piani di consolidamento, anche se è poco plausibile che Washington e Bruxelles, attualmente assorbite rispettivamente dalle tribolazioni mediorientali e dalle difficoltà finanziarie, decidano di concentrarsi a breve sul quadrante euro-asiatico. Sotto questo profilo, Mosca avrà la possibilità di muoversi con tranquillità nei prossimi mesi.

Acquisite Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan, Mosca rivolgerà la sua attenzione a un nuovo gruppo di attori interessanti: la Georgia e le nazioni baltiche, Lettonia, Lituania ed Estonia. Il compito non si presenta agevole poiché questi sono paesi ferocemente anti-russi. Una circostanza che non scoraggia affatto i russi, che stanno già stringendo legami con alcuni gruppi georgiani di opposizione e che hanno formalizzato accordi militari con formazioni secessioniste attive nelle regioni dell' Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, teatro del conflitto russo-georgiano del 2008. Mosca vorrà inoltre trarre il massimo profitto dal caos politico in Kirghizistan. Sebbene il livello di coinvolgimento del Cremlino non sia chiaro, la Russia sembra avere discrete entrature con il governo di quel paese, sicuramente migliori delle credenziali di Stati Uniti e Cina, le altre due potenze interessate a condizionare le dinamiche centro-asiatiche.

I russi non possono contare sugli stessi mezzi nei paesi baltici, che sono membri della Nato e della Ue, e  non dispongono di grandi margini di manovra in Georgia. Mosca sa anche che qualsiasi azione aggressiva nel Baltico determinerebbe un conflitto con la Nato, o meglio con gli Stati Uniti. Il Cremlino è consapevole della necessità di sradicare l'influenza occidentale dalla regione prima che metta radici durevoli, ma gli americani e gli europei non staranno certo a guardare.

Il presidente Dmitri Medvedev è intenzionato comunque a curare i rapporti anche con alcuni dei principali interlocutori nella macro-regione euroasiatica, come dimostrato dalla fitta programmazione della sua agenda, che prevede a breve incontri bilaterali con i leader di Germania, Francia e Turchia. Ciò sempre nell'ottica di preparare il terreno, anche diplomaticamente, per la realizzazione dell'obiettivo prioritario della sua politica estera: il ripristino dell'egemonia russa nel quadrante ex-sovietico.

 

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