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Gregory L. White, Wall Street Journal, 18 giugno 2010,

Il presidente russo, Dmitri Medvedev, analizza la delicata congiuntura internazionale, caratterizzata dalla crisi dell'euro, dall'enorme disastro che vede coinvolto il gigante petrolifero BP e dall'instabilità nella macro-area tra il Medio Oriente e l'Asia Centrale. Da un lato, gli attuali scossoni in Europa potrebbero mettere a repentaglio il destino della moneta unica ("non voglio apparire esagerato, ma è un rischio da non sottovalutare"), dall'altro il dramma del Golfo del Messico potrebbe segnare il destino del colosso degli idrocarburi. Non sono gli unici segnali preoccupanti: l'eventuale acquisizione dell'atomica da parte dell'Iran determinerebbe una corsa al riarmo e sono altresì inquietanti le ultime evoluzioni in Kirghizistan, nel cuore dell'Asia. Questi i temi dell'intervista concessa dal presidente al Wall Street Journal alla vigilia della sua visita negli Stati Uniti (incontro con Barack Obama il 24 giugno).

L'incontro con il Wsj avviene nella residenza ufficiale del Konstantinovsky Palace di San Pietroburgo nel mezzo di una serie di incontri con altri leader regionali. A due anni dalla presa del potere, l'ex giurista, ora quarantatreenne, sembra aver acquisito definitivamente l'autorevolezza del presidente e liquida ogni riferimento al suo "protettore": "Io sono il presidente, Putin è il primo ministro."

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Dalla città fondata tre secoli or sono da Pietro il Grande per aprire la Russia all'Europa, Medvedev esprime preoccupazione per la crisi del debito che colpisce oggi il continente. "Speriamo vivamente che le misure prese a sostegno dell'euro diano presto risultati. Auspichiamo davvero che la situazione in Europa si stabilizzi." La questione è stata oggetto di lunghi dibattiti nel corso di un summit con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ed è stata discussa ancor più recentemente con il presidente francese, Nicolas Sarkozy, in visita in Russia.

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Pur schernendosi ("all'Europa non servono i miei consigli"), il leader russo ha fornito ai colleghi europei la sua versione; evitare sia tagli budgetari troppo netti, sia aumenti della spesa troppo marcati. "Mettere in pratica le raccomandazioni di altri paesi o della stessa Commissione europea, per quanto sagge esse possano essere, è tutt'altro che semplice quando migliaia di persone scendono in piazza per chiedere lo scioglimento del parlamento o la destituzione del governo. La messa in campo di sforzi di dimensione continentale per ravvivare la crescita dipende da quanto saranno determinati i governi dei paesi in difficoltà economiche nell'implementazione delle politiche di austerità".

Giusto un anno fa, la Russia stessa rischiava un grave collasso finanziario. Tuttavia, il massiccio programma di stimoli da 200 miliardi di dollari deciso dal Cremlino - unito alla risalita dei prezzi delle risorse energetiche - ha consentito alla Russia di risollevare la propria economia e di contenere il deficit. Quando lo si sollecita sull'entità dei rischi che l'euro potrebbe correre se la crisi si aggravasse, Medvedev evidenzia come le ricorrenti proposte di abbandonare la valuta unica siano segnali inquietanti per l'idea stessa di Europa.
Il presidente russo spende poi una parola a favore della BP, il più grande investitore nel settore del petrolio russo, evidenziando come sia prematura ogni valutazione dei danni che la compagnia subirà in conseguenza del disastro ecologico nel Golfo del Messico. Ride nervosamente quando gli viene chiesto quali saranno le conseguenza del disastro americano sui futuri rapporti tra Mosca e la BP. "Quello che so è che la BP dovrà sborsare molto denaro quest'anno. Non posso sapere se la compagnia riuscirà a sopportare queste spese o se viceversa andrà incontro a seri problemi che potrebbero metterla in ginocchio." Prima di cambiare argomento, Medvedev auspica un coordinamento internazionale per ridurre l'eventualità che disastri del genere si ripetano e la previsione di adeguate tipologie di copertura assicurativa per far fronte a problematiche che, come si è visto, sono tali da eccedere la capacità di gestione non solo di una singola compagnia ma addirittura di un intero paese.

Cosa si aspetta dalla sua prima visita di Stato negli Usa (22-24 giugno)? Medvedev si augura di completare al meglio i progressi raggiunti negli ultimi mesi con Washington in tema di sicurezza nucleare con nuove intese volte a rivitalizzare i tenui rapporti economici tra i due paesi. Parla con entusiasmo della prima parte della sua visita, in California. L'obiettivo è apprendere i segreti della Silicon Valley per poterli riprodurre nella prevista enclave produttiva high-tech alla porte di Mosca. Medvedev menziona i diversi specialisti, scienziati e tecnici, di origine russa che lavorano oggi nella Silicon Valley. Uno su tutti, Sergei Brin, fondatore di Google Inc.

L'entusiasmo cala quando Medvedev parla della sua tappa nella capitale americana. Ringrazia per il sostegno Usa alla candidatura russa all'Organizzazione mondiale del commercio (Omc), ma aggiunge sibillino, "la palla e nelle mani della corte americana." Aggiungendo: "siamo stati presi in giro per lungo tempo (il riferimento è al fatto che la Russia richieda l'ammissione all'Omc da ben sedici anni). Altri paesi, le cui economie ben difficilmente possono essere definite ‘di mercato', sono già stati ammessi."
Altri segnali di tensione appaiono nel panorama internazionale. Medvedev non gradisce la base militare americana in Kirghizistan - un punto di transito fondamentale per i rifornimenti alla truppe impegnate in Afghanistan - che, a suo modo di vedere, non deve essere intesa come permanente. "Costituirà materia di discussione", dice.

Per concludere, l'affaire nord-coreano, in merito al quale Medvedev non si sbilancia troppo, pur garantendo l'impegno fattivo della Russia, che ha affidato a una squadra di tecnici l'investigazione sull'affondamento di una nave sud-coreana. L'incidente ha causato la morte di 46 soldati e ha determinato un inasprimento delle tensioni tra Seul e Pyongyang. Il presidente russo rivolge un appello ai "partner cinesi" affinché mantengano i propri legami con l'autocratico regime della Corea del Nord, in quanto, "nonostante le difficoltà di comunicazione, non è auspicabile metterlo in un angolo; il rischio è che la situazione diventi talmente tesa da sfociare in azioni inappropriate." (Traduzione a cura di Fabio Lucchini)

 

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