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Critica Sociale, luglio 2010,

Dopo quasi otto settimane, Turchia e Israele stanno ancora accumulando tensione per il blitz israeliano in mare e gli scontri sulla nave turca, l'ammiraglia della "flottilla" che intendeva, col pretesto degli aiuti umanitari, perforare il blocco di Gaza, blitz finito con nove morti. Secondo l'Amministrazione americana, il loro atteggiamento e le reciproche minacce fanno solo il gioco degli estremisti ed entrambi i paesi dovrebbero trovare il modo di raffreddare le cose.
La Turchia è furibonda per la morte di otto turchi e uno turco-americano nel raid. Mentre Israele sostiene che i suoi soldati hanno agito per legittima difesa e che la flottilla è stata organizzata da militanti radicali, con il sostegno da parte della Turchia, per l'esplicita intenzione di provocare un incidente. Il governo di Israele ha offerto la sua versione dei fatti agli osservatori esterni, ma si è opposto alla richiesta di un'inchiesta internazionale, ritenuta dalla Turchia, invece, l'unica possibilità per rispondere alle sue domande. La tesi israeliana è che un'inchiesta internazionale aumenterebbe il numero delle "missioni umanitarie" e il rischio di incidenti militari.
Dal giorno del raid, la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Gerusalemme, sospeso le esercitazioni militari con Israele e vietato agli aerei militari israeliani il proprio spazio aereo. Ora avanza anche la minaccia di tagliare tutti i legami diplomatici se Israele non si scusa, se non  indennizza le famiglie delle vittime e se non accetta un'indagine internazionale. Israele - dal canto suo - ha ritirato i suoi consulenti della difesa dalla Turchia, ha dissuaso gli israeliani a visitare o rimanere presso l'ex-alleato musulmano di un tempo e trattenuto le navi sequestrate. Inoltre si rifiuta di pagare un compenso economico e di chiedere scusa.
Alcuni membri del Congresso americano, stanno alimentando le tensioni con dichiarazioni anti-Turche e con le minacce di ritorsione. "Ci sarà un costo se la Turchia rimane sulla sua posizione attuale", ha detto Mike Pence, rappresentante repubblicano dell'Indiana. Israele, Turchia e Stati Uniti, tutti hanno molto da perdere se questa situazione continua, sostiene il New York Times, che prosegue con insistenza a sostenere le tesi del Presidente Obama in merito alla vicenda.
La Turchia è stata la prima nazione musulmana a riconoscere Israele. Il commercio bilaterale ha raggiunto 2,5 miliardi dollari nel 2009. In quanto Paese laico, fiorente, con una democrazia di libero mercato e membro della NATO, secondo gli americani la Turchia ha un forte interesse per un Medio Oriente stabile e per un forte legame con l'Occidente.
L'amministrazione Obama - sostiene la stampa filo democratica - sta cercando di aiutare. "Quando il presidente Obama ha incontrato il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan  in Canada a fine giugno, lo ha invitato a raffreddare la retorica anti-Israele. Ci auguriamo - scrive il NYT - che egli abbia rivolto lo stesso invito quando ha incontrato il primo ministro Benjamin Netanyahu. Washington inoltre - rivela il quotidiano - ha contribuito alla organizzazione di un incontro segreto tra israeliani e funzionari turchi a Zurigo".

E' la seconda volta in un mese che Erdogan sabota le mosse di Washington contro Teheran. La prima volta, collaborando con il presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, e con il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, per un accordo separato sull' uranio arricchito, in modo da vanificare le sanzioni al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il 16 giugno, poi, Erdogan ha convocato il Defense Industry Commitee in una riunione ad Ankara per sospendere sedici accordi militari bilaterali con Israele. Questi contratti erano stati sottoscritti per migliorare e ammodernare le forze armate turche in molte aree, e includevano la vendita di missili intercettori avanzati, carri armati, missili navali, tecnologia per guerra elettronica e apparecchiature di sorveglianza, aeromobili non pilotati, gli aggiornamenti di aerei da combattimento, missili air-to-air, il tutto per servizi e prodotti di un valore complessivo che oscilla tra i 5 e i 7 miliardi di dollari.
Questa lista della spesa è stata ora girata a Mosca - che è desiderosa di subentrare ad Israele - per un preventivo di costi. Il 15 giugno Rosoboronexport, un' azienda che esporta armi dalla Russia, ha annunciato la sua offerta in una gara turca per i sistemi missilistici di difesa aerea di lungo raggio proponendo i sistemi S-300 e S-400, l'equivalente dei missili intercettori americani, Patriot. Il "cartellino del prezzo" di Mosca includerà certamente, asset strategici nel Caucaso e nella regione del Mar Nero, così come offerte redditizie in campo petrolifero e dei contratti  per il gas, in cambio di vendita ad Ankara dell' hardware militare del quale le forze armate turche hanno un bisogno immediato.
Erdogan sa che per sostenere una sua alleanza con l'Iran e la Siria deve promettere la disponibilità del suo esercito, dell'aviazione e della marina contro un eventuale attacco israeliano proveniente dall' area balcanica, greca e del Mar Nero. Ankara ha revocato una serie di accordi con Israele, tra cui quello che consente all'aviazione israeliana di accedere allo spazio aereo turco. Con gli S-300 e S 400, missili intercettori russi, la Turchia sarà in grado di bloccare eventuali aerei spia israeliani e bombardieri diretti contro i suoi nuovi alleati di Teheran, Damasco e Beirut.
Militari israeliani di alto livello e analisti di intelligence si sono recati urgentemente a Washington per discutere il modo per impedire che i segreti di intelligence della NATO raggiungano Ankara, in particolare i dati riservati in materia di anti-terrorismo relativi ad Iran, Siria, Hezbollah, e agli aggiornamenti di sicurezza per i paesi del bacino del Mediterraneo, tra cui l'Europa meridionale e Nord Africa.

 

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