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Critica Sociale, ottobre 2010,

I servizi pubblici britannici sono tra le più eclatanti realizzazioni degli anni di governo del Labour, Significativi passi in avanti sono stati compiuti soprattutto nel campo dell'istruzione e della sanità, due settori di spesa cruciali. Oggi il Sistema Sanitario Nazionale britannico conta sui tempi d'attesa più bassi della storia, su infrastrutture moderne, ospedali di nuova costruzione e su una migliore qualità nelle cure. Nelle parole di Ed Miliband "il Labour ha salvato la Sanità britannica". A livello scolastico, si regista un innalzamento significativo degli standard per quanto riguarda le scuole secondarie, mentre centinaia di migliaia di giovanissimi studenti lasciano le scuole primarie con un più completo livello di apprendimento dei fondamentali (lettura e scrittura) e delle competenze matematiche.

Tuttavia, il governo guidato da David Cameron sotto la spinta del cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, sta pianificando un massiccio piano di tagli, che prevede la riorganizzazione del sistema sanitario e la cancellazione di centinaia di progetti per la costruzione di nuove scuole con l'intento di favorire un nuovo, quanto indefinito, "libero mercato" dell'istruzione. Il presupposto ideologico, quasi il marchio, che accompagna l'azione politica dell'esecutivo Lib-Con è il riferimento alla Big Society. E' curioso che la parola d'ordine che ha agevolato la riconquista del potere da parte del conservatorismo britannico affondi le sue radici nel movimento operaio e nelle società di mutuo soccorso dei secoli scorsi.

La sinistra britannica ed europea interpretano l'insistenza sulla Big Society come un bluff, come un tentativo di coprire i drastici tagli effettuati dal governo Cameron alla spesa pubblica con la retorica di un nuovo approccio che valorizzi il corpo sociale, definito broken, lacerato, dai Tory in campagna elettorale. Oppure (interpretando con più benevolenza gli intenti di Downing Street) la Big Society che ha in mente Cameron rimanda a una società creata non dallo Stato, ma dagli individui e dalle loro associazioni volontarie. In quest'ultima accezione non può sfuggire il parallelismo con l'enfasi posta dai governi Laburisti dell'ultimo decennio sull'empowerment, la cessione del potere ai cittadini, sulla loro riscossa civile: un'offerta politica accattivante, una pietra miliare nel processo innovativo messo in moto nel 1997 dalla leadership del New Labour.

Ciò considerato, i Laburisti, e i riformisti in generale, non possono eludere un serio confronto su i limiti del potere statale di fronte ai cittadini e sulla necessità di costruire nuovi equilibri che consentano sia la tutela delle libertà individuali sia il perseguimento della giustizia sociale, necessità quanto mai avvertita in momenti di crisi economica e incertezza esistenziale. In effetti, durante la Conference di Manchester vi è stata una ampia discussione sul rapporto evolutivo tra Stato e cittadini. Paul Goggins, parlamentare laburista, membro uscente del governo ombra che negli anni scorsi ha servito come sottosegretario con competenze per il Terzo Settore, è stato tra i più attivi. Partendo dal presupposto che l'insistenza del cosiddetto nuovo conservatorismo sulla costruzione di una Big Society rappresenta un avanzamento rispetto alle convinzioni thatcheriane ("La società non esiste") e assumendo come evidente l'improrogabilità di una riduzione del deficit, la drasticità dell'azione di Osborne solleva comunque delle perplessità. La Big Society di cui parla il governo potrà anche essere una Good Society?

Noi, sottolinea Goggins, non vogliamo dividerci tra chi sostiene le prerogative dello Stato e chi supporta l'autodeterminazione della società davanti a esso. E, in ogni caso, il Labour non può essere posizionato nella schiera degli strenui difensori delle burocrazie statali. Il nostro record al governo parla per noi: ci siamo impegnati concretamente nella responsabilizzazione dei cittadini, li abbiamo spinti a essere protagonisti dell'azione sociale, ne abbiamo ampliato le opportunità e le possibilità di scelta. Se il disegno governativo mira a proseguire nell'opera di emancipazione della società civile da noi intrapresa non ci opporremo. Tuttavia, se la Big Society si rivelasse solo un contenitore vuoto, si riducesse al taglio delle risorse, impedendo così gli investimenti necessari allo sviluppo economico e sociale, la nostra critica sarebbe intransigente.

Sulla stessa linea di pensiero è Steve Reed, organizzatore di comunità del Lambeth Council, una delle 14 autorità locali che amministrano la cerchia interna della città di Londra. Reed espone l'idea di sussidiarietà difesa dal Laburismo britannico ben prima che l'esecutivo in carica se ne facesse portavoce. E' necessario innanzitutto opporsi all'ideologia dello Stato minimo che nel mondo anglosassone ha provocato difficoltà e disagi; ma non certo proponendo il ritorno a uno statalismo invadente. I 13 anni di governo Laburista ci lasciano la realtà di servizi pubblici liberi dagli sprechi del passato e votati all'efficienza. Servizi pubblici in grado di fronteggiare la concorrenza del privato e del privato sociale e di offrire ai cittadini una maggiore possibilità di scelta e un innalzamento del livello qualitativo.

Un ragionamento che ricorda un contributo proposto da David Miliband nel 2005, anno in cui il futuro ministro degli Esteri entrò a far parte del gabinetto di Tony Blair come ministro delle Comunità e degli Enti Locali. L'articolo, pubblicato dalla Social Market Foundation e ripreso dalla Critica Sociale, descriveva in presa diretta l'azione riformatrice dei governi Laburisti che stavano rimodellando dalle fondamenta il sistema britannico: "Negli anni ottanta e novanta la questione riguardo ai servizi pubblici era "Devono sopravvivere?... La visione ora è chiara. I servizi pubblici generali si sono sintonizzati sui bisogni individuali. E i metodi sono sempre più trasparenti: non solo più personale, meglio addestrato, con una maggior flessibilità legale e finanziaria, che lavora in istituzioni diverse con un forte senso della propria missione e una chiara responsabilità con la quale misurarsi, ma cittadini impegnati nella progettazione e nell'erogazione di servizi personalizzati."

Quello che la società civile chiede al governo, prosegue Reed, è di favorire il coinvolgimento e l'auto-organizzazione delle comunità. Questi sono prerequisiti fondamentali per un confronto finalmente paritario tra cittadinanza, autorità locali e centrali. La strada che è stata imboccata nel recente passato non deve essere abbandonata.

Di conseguenza, è auspicabile che i progressi compiuti in direzione di una maggiore apertura dello Stato nei confronti della società e di una più spiccata propensione al confronto non vengano vanificati da battaglie ideologie orami superate dagli eventi. Se intesi correttamente, termini quali Big Society, Good Society ed empowerment dovrebbero rappresentate le facce di una stessa medaglia e non strumenti polemici in mano a fazioni politiche contrapposte. Aldilà dei risultati concreti che il governo a guida conservatrice riuscirà a ottenere, il solo fatto che Cameron si riferisca alla necessità di fortificare il tessuto connettivo della società segna una vittoria culturale di lungo periodo del New Labour, cui spetta la titolarità di una svolta che rappresenta la più grande innovazione recente del riformismo europeo. (A cura di Fabio Lucchini)

 

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