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Anders Fogh Rasmussen*, Huffington Post, novembre 2010,

La mia generazione tende a guardare alla sicurezza attraverso il prisma della Guerra Fredda, come se la mappa geopolitica fosse un enorme Risiko. Molti dei miei coetanei ragionano ancora in termini di grandi armate, battaglie convenzionali e di nazioni che cambiano colore dopo un lancio di dadi. Vi è una logica rassicurante dietro a questa visione. Il gioco ha un senso, soprattutto perché la “sicurezza” in un simile contesto è strettamente definita come libertà da un attacco territoriale.
Personalmente, sospetto che per la gran parte dei giovani la Guerra Fredda rappresenti qualcosa di simile alla Guerra del Peloponneso, cioè qualcosa di arcaico e remoto. Non li biasimo affatto. Nell’Europa di oggi la minaccia di un conflitto bellico generalizzato è più bassa di quanto lo sia mai stata. La Nato e l’Unione Europea hanno permesso di diffondere pace e stabilità in tutto il Continente, creando partnership con ex nemici e aprendo le porte perché i partner diventino alleati.
Il consolidamento democratico dell’Europa è stato un momento epocale. Tuttavia, mentre eravamo intenti a celebrare i benefici della pace, la nostra definizione di “sicurezza” ha cominciato a cambiare. Viviamo oggi in un’epoca in cui le bombe possono essere nascoste in paio di scarpe o nella cartuccia di una stampante, in cui gli attacchi cibernetici sciamano come api attraverso il web e in cui, per alcuni, la Mad (Mutually Assured Destruction, la distruzione reciproca assicurata, pilastro della deterrenza nucleare durante la Guerra Fredda, ndt) non è più allarmante ma addirittura desiderabile.
Le logiche quasi rassicuranti del vecchio gioco di potenza sono ormai tramontate.  In tutto il mondo, Stati fragili stanno diventando terreno di coltura per il terrorismo e per il traffico di droga, di armi e persino di esseri umani. Una trentina di nazioni hanno, o stanno acquisendo, missili balistici, mentre ogni giorno pirati informatici prendono di mira i sistemi bancari, la regolazione del traffico aereo e le nostre centrali elettriche.
Questi sono problemi transnazionali che richiedono soluzioni multinazionali. Se la Nato non esistesse, qualcuno la dovrebbe inventare, perché paesi con valori condivisi e con una storia di stretta cooperazione alle spalle possono affrontare al meglio le criticità contemporanee solo unendo le forze. In qualità di più importante organizzazione multilaterale di sicurezza al mondo, l’Alleanza Atlantica giocherà un ruolo essenziale nel risolvere le sfide del ventunesimo secolo.
Oggi (19 novembre, ndt), i capi di Stato e di governo della Nato si incontrano a Lisbona, Portogallo. Qui, i leader atlantici adotteranno un ampio ventaglio di misure e riforme disegnate per fronteggiare le sfide senza precedenti che il mondo di oggi propone. Concorderemo un nuovo Concetto Strategico, una dichiarazione che guiderà l’Alleanza nel prossimo decennio. Descriveremo come la Nato gestirà una serie di sfide, nuove e pre-esistenti, incluse la cyber-guerra, la proliferazione nucleare e missilistica e la sicurezza energetica. Spiegheremo come la Nato si ammodernerà dando priorità ai più moderni potenziali militari, necessari per venire incontro alle esigenze dei tempi. Perseguiremo una difesa missilistica comune all’Alleanza, che difenda le nostre popolazioni e i nostri territori e inviteremo la Russia a collaborare con noi. Ci apriremo alle altre nazioni e organizzazioni, Nazioni Unite e Unione Europea incluse, perché le sfide globali richiedono la più ampia collaborazione possibile. Annunceremo un accordo di partnership di lungo periodo con l’Afghanistan che riaffermerà il nostro impegno verso quel Paese. Continueremo a sostenere gli sforzi del governo afgano per stabilire una piena sovranità su i propri confini. Infine, ci impegneremo affinché lo sviluppo socio-economico in Afghanistan abbia lo spazio vitale per respirare e sopravvivere.
Non vogliamo ingannare nessuno; le sfide per lo sviluppo che l’Afghanistan si trova di fronte sono ancora enormi. L’Afghanistan resta uno dei paesi più poveri al mondo. La corruzione è un problema endemico. Il tasso di disoccupazione è valutato intorno al 40%. Il tasso di alfabetizzazione adulta si aggira intorno al 30% ed è persino più basso tra le donne. Tuttavia, vi sono stati progressi reali. Secondo l’Economist Intelligence Unit, il Pil reale afgano è cresciuto a una media annua del 13% dal 2005 a oggi, con un tasso di crescita stimato per il 2009 del 22.5%. Sette milioni di bambini afgani sono stati iscritti a scuola contro il solo milione durante il dominio Taliban. Le ragazze e le donne possono altresì fruire di un migliore accesso all’istruzione e alle campagne di alfabetizzazione.
La Nato può vantare solo alcuni crediti a fronte di questi progressi. Il fatto è che noi non ci siamo originariamente impegnati in Afghanistan con lo scopo di accrescere il Pil del Paese, ma lo abbiamo fatto perché i Taliban offrivano rifugio a degli estremisti che avevano usato aerei di linea come armi di distruzione di massa. Fanatici che più tardi avrebbero ispirato gli attacchi terroristici nel cuore di Madrid e Londra. I crediti li possono a buon titolo vantare gli uomini e le donne delle nostre forze armate e delle organizzazioni internazionali di civili. Costoro hanno collaborato al colossale sforzo di assistenza alla ricostruzione del Paese e al simultaneo contenimento di una violenta insorgenza. Costoro meritano tutti i “grazie” che noi possiamo dir loro. I crediti li possono vantare gli stessi afgani, che hanno creduto nella possibilità di ricostruire il loro paese dopo la terribile lezione di trent’anni di una guerra non ancora terminata. Rendiamo onore agli afgani per il loro coraggio e la loro determinazione.
I progressi in Afghanistan possono apparire lenti a volte e i grandi problemi rimangono sul tappeto. Ma è un inizio. Se noi abbandoniamo gli afgani al loro destino, i progressi finiranno col durare lo spazio di un mattino. La Nato rimarrà impegnata a fianco di questo Paese perché, piaccia o no, la sua sicurezza è ora inestricabilmente legata alla nostra.
Noi che viviamo in paesi membri della Nato siamo fortunati. Siamo nati con delle opportunità, viviamo bene sfruttandole e avvantaggiandocene, e lo facciamo in pace. Tuttavia, dobbiamo essere coscienti del fatto che l’ambiente in cui viviamo la nostra sicurezza non è governato dalle regole strategiche e tattiche che valevano in passato (ammesso e non concesso che esse realmente valessero in passato); allo stesso modo, non ci basterà essere pronti a rispondere alla minacce che preoccupavano gli statisti al tempo della Guerra Fredda. Al giorno d’oggi, un giovane uomo qualsiasi, deluso dalla vita e senza lavoro, seguendo una visione apocalittica e sanguinaria, può far saltare una stazione ferroviaria o un aereo di linea nella nostra parte del mondo per ragioni che hanno senso solo nella sua testa, e forse nemmeno in essa.
I leader dell’Alleanza al summit di Lisbona comprendono che la sicurezza ha cambiato natura. Necessitiamo della cooperazione di tutti gli alleati e i partner per dare una risposta ai problemi transnazionali in modo che i nostri figli e nipoti continuino a godere dei benefici della pace e della sicurezza. (Traduzione a cura di Fabio Lucchini)


*Segretario generale della Nato
 

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