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Critica Sociale, febbraio 2011,

Human Rights Watch, una delle principali organizzazioni indipendenti per la difesa dei diritti umani è in prima linea nell'aggiornare la comunità internazionale sui drammatici fatti della crisi libica. Nell'ultimo comunicato apparso nella home page del sito web dell'organizzazione, Human Rights Watch invita tutti i paesi africani, occidentali e arabi a premere sul governo libico per una sospensione "dell'illegale uccisione dei contestatori". Secondo i dati in possesso dell'organizzazione, alla data del 20 febbraio i morti sarebbero almeno 173. "Il governo ha interrotto le comunicazioni via internet e arrestato tutti coloro che avessero rilasciato interviste ai media, rendendo quindi assai complicato raccogliere informazioni attendibili sugli avvenimenti in corso". Testimoni oculari hanno riferito a Human Rights Watch che almeno 10.000 persone sono scese nelle strade di Bengasi nella giornata del 20 febbraio dopo i funerali di 84 dimostranti uccisi il giorno precedente.
La situazione a Bengasi, teatro principale delle rivolta contro il regime di Muhammar Gheddafi, peggiora di ora in ora e risulta essere più grave di quanto le notizie che giungono in Occidente lasciano presagire.  Una fonte riservata della Critica Sociale, un dipendente di una multinazionale appena rientrato dalla Libia ma ancora in contatto con amici e colleghi nella città di Bengasi, ci ha raccontato gli inquietanti sviluppi delle ultime giornate di protesta nel paese nordafricano. Mentre nella capitale Tripoli la situazione è più tranquilla ed è possibile assistere alle manifestazioni dei sostenitori di Gheddafi, la Cirenaica, la regione orientale del Paese, sta sprofondando nel caos.
Il nostro referente è evidentemente turbato da quanto viene riportato dai suoi contatti a Bengasi e da quanto ha vissuto in prima persona prima di lasciare la Libia nella giornata di ieri. Afferma che le vittime sarebbero circa 700, più del doppio di quanto al momento ritengano i media internazionali e le organizzazioni per la difesa dei diritti umani. I quattro ospedali della città cirenaica sono colmi di vittime e solo nell'istituto di al-Jala, secondo la testimonianza di un medico, i morti raggiungerebbero le 250 unità. Sempre secondo fonti interne all'ospedale, il 90% delle vittime presenterebbe ferite da arma da fuoco alla testa.
Responsabili della carneficina gli "agenti di sicurezza" di origine africana dispiegati sul territorio, veri e propri mercenari reclutati dal governo libico in vari paesi del nord e centro Africa (Algeria, Ghana, Tunisia, Nigeria e Ciad). Spiega il nostro contatto:

"Hanno trasformato la città in un inferno. Sparano sulla gente, giovani e vecchi, schiacciano le persone con i loro tank e stuprano le donne. I manifestanti, benché determinati ad andare fino in fondo, sono essenzialmente pacifici, non hanno armi con cui contrapporsi alla violenza dei paramilitari stranieri. Regna la più totale confusione, i militari libici presenti sul campo non si muovono in maniera coordinata. Certo, molti rifiutano di sparare contri i loro compatrioti, ma anche coloro che decidono di schierarsi a difesa dei manifestanti non hanno la forza per opporsi alla violenza dei mercenari ingaggiati dal regime.
Gli squadroni, armati fino ai denti, spadroneggiano, entrano negli ospedali e finiscono i feriti. Anche molti medici sono stati uccisi. Io stesso li ho visti girare per le strade della città. Ora i miei amici mi raccontano che quei ragazzi neri (palesemente non libici dunque) abbattono senza pietà civili inermi che manifestano pacificamente. Li hanno visti sparare nelle macchine di passaggio, entrare nelle case e violentare le donne e colpire a morte anche le persone più anziane, degli ultra ottantenni. Lo fanno in modo sistematico, si aggirano per la città con il preordinato intento di uccidere più gente possibile. I miei amici fanno parte di coloro che continuano a scendere nelle strade, nel disperato tentativo di resistere. Ho anche saputo che in altre città della Cirenaica (Al Beida e Derna) si stanno organizzando forme più strutturate di lotta. Si cerca in particolare di prendere il controllo degli aeroporti per impedire che gli stranieri assoldati dal governo continuino ad affluire nella regione. Voglio fare un appello: ho vissuto diversi mesi in Cirenaica e ho avuto modo di conoscere tante persone. L'estremismo è veramente marginale e non ha alcun peso reale nelle manifestazioni di questi giorni. Si tratta di ragazzi che vogliono veder riconosciuti i propri diritti, che aspirano alla libertà e nulla giustifica la violenza della repressione. E' importante che in Europa e nel mondo non si diffonda la convinzione che vi sia violenza da ambo le parti. Da quello che ho visto con i miei occhi e da ciò che mi stanno raccontando i miei amici, a Bengasi è in atto una carneficina unilaterale." (Fabio Lucchini)
 

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