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LO SCIOPERO EUROPEO E LA QUESTIONE SOCIALE

“Da "Blockupy Frankfurt", dal meeting di Francoforte al quale abbiamo partecipato il 20 e 21 ottobre scorso, si va verso Madrid, dove reti e movimenti di tutta Europa si incontreranno per parlare di debito, diritti e democrazia, per ragionare insieme su un'idea diversa di Europa, per sperimentare nuovi modi di stare insieme, per trovare un piano condiviso del nostro agire politico”.
Questo l’appello lanciato sulla piattaforma “liquidflaschback” da 99Agorà. Un linguaggio per i partiti europei del tutto sconosciuto, ma maturato negli anni e ora linguaggio di una realtà d’avangiardia giovanile che, come hanno sottolineato mesi orsono la London School e i laburisti inglesi, è un linguaggio che parla al ceto medio europeo, stretto tra crisi economica (soprattutto nel sud Europa) e crisi della rappresentanza democratica (particolarmente temuta nel nord Europa).
Lo sciopero generale europeo ha fatto da detonatore ieri per una mobilitazione contro l’Austerity, violenta e partecipata soprattutto nei paesi come la Spagna, il Portogallo e l’Italia, ma che cova in Germania, in Olanda, in Francia e in Belgio.
Sono esenti solo i paesi fuori dall’eurozona.
Questa micro-geopolitica della conflittualità europea è stata più volte segnalata dai think tank inglesi per queste principali ragioni:
1 - Il verticismo tecnocratico della UE mette in allarme le società nazionali del Vecchio Continente, a cui si chiede di cedere sovranità verso l’alto, verso un’Unione priva di istituzioni rappresentative democratiche popolari. L’Unione è tutt’ora una Volume di Trattati, ma non ancora un organismo politico coerente. Chiedere, in nome dell’emergenza finanziaria e monetaria, cessione di sovranità alle società nazionali, senza dire dove quella sovranità sarà rintracciabile, disponibile, revocabile, crea opposizione.
2 - Un’ Europa senza futuro spaventa le giovani generazioni che quando contestano non rappresentrano l’antipolitica, ma la nuova “politica sotterranea” una “bolla democratica” che si colloca al di fuori dei tradizionali partiti e che chiede democrazia dal basso, “un’altra Europa”, un Europa sociale e non della finanza.
3 - I progetti di unificazione politica dell’ eurozona così come voluti dal ministro degli Esteri tedesco (la Piccola Europa) dividono politicamente l’Unione: emarginano da un lato la Gran Bretagna - e con lei l’area Atlantica favorendo, nella crisi, un rispettivo isolamento della piattaforma continentale dagli Usa e viceversa -  dall’altro abbandonano, dall’altro lato, i Paesi dell’ Est europeo ad un progressivo ritorno nell’orbita russa e a un riflusso autoritaritario all’interno dei propri confini.
Tutto questo porterà, sostengono i laburisti, alla destabilizzazione istituzionale, commerciale e politica, all’estremismo di destra, alla divisione sociale di cui lo stesso blocco di Paesi che ruota attorno alla Germania rischia di pagare un elevato costo in termini sia economici che di democrazia. E questo è un pericolo per tutti.
Serve, al contrario, un “Grand Bargain”, un “Grande Patto Costituente”.
(vedi articolo di Tony Blair, qui sotto).
L’assenza di risposte adeguate dai vertici politici, sia dell’Unione che nazionali, alla attesa di una Patria promessa come comune, crea sfiducia verso le istituzioni comunitarie. Questo vuoto politico puo’ essere riempito da due prospettive opposte: dal nazionalismo o dalla democrazia sociale.
In questo quadro i laburisti hanno più volte invitato i partiti socialisti europei a non emarginare i movimenti della “subterranean politics”, anzi a dialogare con essi attraverso i loro leader e gli studiosi che frequentano e conoscono queste organizzazioni e le loro proposte di democrazia “open source” e di associazionismo di rete. Viceversa, se la politica non si aprirà a questa “risorsa democratica”, saranno i movimenti nazionalistici e della destra a rompere definitivamente l’unità sociale in tutta Europa, non dell’Europa, ma nell’Europa, nelle società europee.
Il cuore della questione, è dunque il potere e la sua forma istituzionale.
Dittatura finanziaria e nazionalismo sono due cavalli che tirano in senso opposto e che squarteranno il corpo della vecchia Europa e del mercato unico.
Scriveva il coordinamento dei movimenti di democrazia aperta in vista dello sciopero europeo: “Il 14 novembre sarà una giornata centrale e inedita: per la prima volta si darà vita a uno sciopero europeo, una giornata di mobilitazione generale e diffusa nei territori, in cui scenderanno per le strade sindacati ma anche movimenti sociali che si mobiliteranno in forma articolata. Durante il meeting a Francoforte anche i movimenti e le reti tedesche hanno espresso la loro volontà di mettere in campo iniziative per quella giornata. insomma, il 14 novembre ha tutta la potenza per essere una data fondamentale, una tappa importante per un percorso di lotta europeo che sta prendendo sempre più forma. Pensiamo all'Europa che stiamo costruendo, e quindi pensiamo a un percorso costituente che abbiamo intrapreso e vogliamo continuare a intraprendere insieme ad altre realtà europee. Vogliamo tracciare nuovi schemi, nuove linee di un'altra Europa che parla il linguaggio comune della ribellione contro chi ci vuole tutti più poveri e senza diritti”.
Sono parole di unità europea e di democrazia, l’alternativa al rigurgito nazionalista della destra populista che sta montando nel Nord contro il Sud e nel Sud contro il Nord.
Lo sciopero generale europeo ha rimesso al centro dell’attenzione politica la questione sociale e la questione democratica, come avvenne nella metà dell’Ottocento coi movimenti democratici e socialisti.
Sessant’anni di diritti politici e sociali stanno svanendo in pochi mesi.
Il Novecento e le sue conquiste rischia di essere stato buttato al vento.

 

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