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CASO MORO, TRENT'ANNI DI MISTIFICAZIONI

UGO FINETTI - L'analisi storica smentisce la figura di Moro come "uomo del Pci al Governo"

di UGO FINETTI

A trent'anni dall'assassinio il "caso Moro"appare offuscato da una stratificazione di "dietrologie" e disuper-interpretazioni che hanno fatto perdere di vista l'evidenza e lacrudele "banalità" di quanto è avvenuto. Siamo arrivati all'assurditàche il monumento elevato in ricordo dello statista democristiano loimmortala con il quotidiano del Pci, "L'Unità", in tasca.

Da unlato Moro sarebbe stato ucciso dalla Cia su istigazione di Kissingerper evitare che portasse i comunisti nel cuore della Nato, dall'altrosarebbe stato soppresso dal Kgb per evitare che destabilizzasse ilsistema di potere dell'Urss portando al governo l'eurocomunistaBerlinguer. Lo sfondo internazionale va certo tenuto presente, ma,innanzitutto, senza travisarlo: nel 1978 l'Urss di Breznev era nonsulla difensiva, ma all'offensiva dall'Africa all'Asia (con lapartecipazione persino di truppe cubane), mentre gli Stati Uniti eranoal punto più basso del declino iniziato con la caduta di Nixon. La CIAnon dipendeva da Kissinger, ma dal democratico Carter e i resoconti delsuo rappresentante a Roma, l'ambasciatore Gardner, sono lo specchio diun atteggiamento sostanzialmente dimissionario di fronte all'evolversidella situazione italiana.

La mistificazione consiste nel vedere daun lato Moro come "uomo dei comunisti" e dall'altro il terrorismoitaliano come un'emanazione di servizi segreti esteri e italiani"deviati".
Perché la "verità" - anche se evidente e banale - èoffuscata? Perché quanti tentarono di salvare la vita di Moro sonousciti di scena e quanti lo hanno evitato sono in campo come unicitestimoni dei fatti. E' quindi opportuno ricostruire a livellodocumentaristico quel che è realmente accaduto e vedere Moro e leBrigate Rosse "in carne e ossa" nella realtà italiana del 1978: ildemocristiano Aldo Moro ed il consenso al "partito armato".
Il Moro filocomunista ed il Pci antisovietico sono figure del tutto immaginarie.

Lacrisi di governo che porta al nuovo equilibrio del marzo 1978 haorigine nel novembre 1977. Il segretario del Partito repubblicano, UgoLa Malfa che punta alla presidenza della Repubblica di fronte altraballante Giovanni Leone, apre la crisi dichiarando che ormai sonomaturi i tempi per passare dalla maggioranza con il Pci astenuto ad unamaggioranza con il Pci al governo. Che cosa è successo? Il segretariodel Pci, Enrico Berlinguer aveva fatto un discorso polemico e dilimpida adesione alla democrazia occidentale intervenendo allacelebrazione moscovita del Sessantesimo della Rivoluzione d'Ottobre.Una tesi che non convince il Psi di Craxi che sebbene ancorato ad unapolitica di "alternativa di sinistra" sta contestando le basidell'eurocomunismo proprio sui temi dell'ancoraggio al leninismo e delprimato delle società dell'est rispetto alla socialdemocrazia europea ealla democrazia occidentale. In effetti nel novembre 1977 siamo ormaialla dissoluzione dell'eurocomunismo.
Il leader del Pc francese,Georges Marchais ha rifiutato l'invito di andare a Mosca, mentre alsegretario del Pc spagnolo, Santiago Carrello, che ci è andato, isovietici hanno rifiutato di dargli la parola ("L'abbiamo riconquistatain Spagna, ma l'abbiamo persa in URSS": è il commento del leaderspagnolo). Al contrario di quanto sostenuto da La Malfa inquell'occasione si è registrato non l'allontanamento, ma ilriavvicinamento tra Pci e Pcus. Berlinguer è infatti accoltoall'aeroporto Sceremietevo con tutti gli onori da Suslov, Ponomariov eZagladin facendosi accompagnare - con un simbolismo eloquente per isovietici - dalla vedova di Togliatti, Nilde Jotti, e dal principalecollaboratore del "Migliore" nelle purghe che hanno riguardato gliitaliani durante gli anni '36-'38, Antonio Roasio.1 Nelcerimoniale il suo discorso è tra i più importanti e viene pubblicatointegralmente dalla "Pravda". In esso Belinguer dichiara che il PCIvuol garantire "tutte le libertà personali e collettive, civile ereligiose".
Per Ugo La Malfa quel discorso di 6 minuti e 32 secondifatto alla cerimonia in onore dei bolscevichi dopo Breznev., ildittatore polacco Gièrek e il capo del governo fantoccio di Praga chesta conducendo la repressione contro "Charta ‘77", Husak, è di talevalore da far aprire al PRI immediatamente la crisi per porre fine algoverno delle astensioni e far entrare direttamente il PCI in un nuovoesecutivo. In quei giorni, il 16 novembre, a Torino il vicedirettoredella "Stampa", Carlo Casalegno, è vittima di un attentato brigatista.Muore dopo 13 giorni di agonia: Bettino Craxi è il solo segretario dipartito a seguire il feretro dell'ex esponente di "Giustizia eLibertà".
Nel corso della crisi è proprio Moro che frena sul PCIal governo. Da tempo il Presidente della DC non è più l'interlocutoreprivilegiato del PCI.
La stessa idea di Moro uomo da "processare" (comescritto nel primo comunicato brigatista dopo il rapimento del 16 marzoin cui annunciano il "processo contro il gerarca più autorevole, ilteorico e lo stratega più indiscusso") risale a quando, mesi prima, nelmarzo 1977 c'era stato il dibattito parlamentare sullo scandaloLockheed e Moro aveva dichiarato: "Noi non ci faremo processare nellepiazze. Non accettiamo di essere considerati dei corrotti, perché non èvero". Quel giorno la rottura con i comunisti si era consumata persinosul piano personale e aveva avuto toni difficilmente sanabili. Rivoltoai banchi dove era seduto Berlinguer, Moro li aveva così apostrofati:"Se avete un minimo di saggezza della quale, talvolta, si sarebbeindotti a dubitare". E Pajetta era allora uscito per protesta dall'aulaurlando: "Vergogna!". Da allora il principale interlocutore del PCI alivello di mass media era diventato Benigno Zaccagnini che dichiaravache anche la DC voleva "superare il capitalismo", mentre gli uomini sucui la segreteria di Berlinguer aveva riposto più fiducia eranoAndreotti e Cossiga.2

E' in quel contesto che Moro, incontrasto con La Malfa, si accorda con Craxi e partorisce la soluzionedell'ingresso comunista solo a livello di maggioranza parlamentaremantenendo la formula del monocolore ed escludendo anche l'ipotesidella partecipazione di "tecnici" graditi al PCI. Inoltre quandoAndreotti, nel fare la lista dei ministri del nuovo governo, accetta iveti posti dal PCI, è Moro a bloccarlo e a rimettere i nomi deiministri fatti depennare dal PCI (Donat Cattin all'Industria e Bisagliaalle Partecipazioni Statali). Moro impone così quella che GerardoChiaromonte - allora numero due del PCI - definisce "una listadesolante", "una sfida ai comunisti e alla nuova maggioranzaparlamentare".3 Il leader democristiano torna quindi adessere agli occhi dei comunisti il temporeggiatore, maestro di rinvii edi annacquamenti, del centro sinistra Moro-Nenni. Ad accrescere ilrisentimento del PCI c'è anche il fatto che sempre Moro nei giorniprecedenti, il 9 marzo - dopo che Zaccagnini e Berlinguer hanno fissatoun nuovo negoziato per quando ci sarà l'elezione presidenziale - èandato al Quirinale da Leone per incoraggiarlo a non dimettersi.Pecchioli ricorda che in quelle ore Berlinguer era "furibondo":"Raramente aveva preso tanto male qualcosa".4
In BottegheOscure dilaga l'ostilità. Pajetta sostiene il voto contrario e i varicomitati regionali del PCI cominciano a inviare alla Direzionedocumenti in appoggio alla bocciatura di quella compagine ministerialemodificata da Moro. Berlinguer convoca la segreteria del PCI e non dàpiù per scontato il voto a favore: si deciderà dopo le dichiarazioniprogrammatiche di Andreotti. Intanto nella notte tra il 15 e il 16marzo vengono mandate al macero le copie dell'"Unità" con la listaprecedentemente concordata con Andreotti e Zaccagnini ed il commentofavorevole di Natta. Si attende ora una presa di distanza da Moro daparte di Andreotti e dello stesso Zaccagnini che infatti, quella sera,abbandona il suo ufficio dissociandosi da Moro e ventilando ledimissioni da segretario. Scalfari in quelle stesse ore parteall'offensiva di Moro accusandolo di essere lui a celarsi dietro ilnome in codice "Antelope Cobbler" della lista delle tangenti dellaLockhed mandando in stampa un articolo intitolato: "Antelope Cobbler?Semplicissimo è Aldo Moro presidente della DC".
Ma un vero e propriodiscorso politico di Andreotti non ci sarà. Moro viene rapitol'indomani mattina mentre si reca alla Camera per assistere allapresentazione del governo. Nell'edizione straordinaria di "Repubblica"scompare l'articolo pubblicato la mattina in terza pagina. Il 16 marzosi procederà quindi a un rapido voto di fiducia per la prima voltasenza dibattito: sarà la maggioranza più ampia della storia d'Italia.Quando giunge la prima lettera di Moro prigioniero il PCI è categoricosulla linea della "fermezza" senza la minima esitazione di fronte allasua morte: "Sia ben chiaro - notifica Pecchioli a Cossiga - Moro vivo oMoro morto, per noi con questa lettera Moro è morto".5
Questocontesto politico va ben tenuto presente perché il "craxismo" nasceufficialmente in quel momento quando il PSI enuncia la lineaumanitaria. che sviluppa soprattutto tra l'annuncio brigatista della"condanna a morte" del 15 aprile e l'assassinio del 9 maggio.6
Craxi è reduce dalla vittoria conseguita con Signorile al Congresso diTorino in cui però il PSI è vincolato a una linea ambigua: le tesisostengono l'alternativa di sinistra e il socialismo autogestionario.Ora, per la prima volta Craxi assume una posizione di nettadifferenziazione dall'asse DC-PCI-PRI con La Malfa che chiede ilripristino della pena di morte. Alla polemica sul "compromesso storico"si somma la presa di distanza dal regime di coprifuoco e diomogeneizzazione politica che si vorrebbe imporre sulla base deirapporti diretti instauratosi tra PCI e corpi separati che vedeprotagonisti uomini come Pecchioli. Per Craxi è una falsa fermezza, unsostanziale lasciar fare, mero fatalismo. La Direzione del PSI,unanime, il 21 aprile denuncia "una sorta di immobilismo pregiudizialee assoluto". Non sono capaci né di trovare Moro, né di combattere leBrigate Rosse. Il PSI rifiuta di associarsi alla campagna per nonpubblicare gli appelli di Moro, definirlo pazzo e dichiararne la mortecivile.7 Non mancano dubbi e sospetti sulle indagini. Fattoè che la DC non fece per Aldo Moro quello che invece farà per CiroCirillo (la trattativa diretta con il pagamento del riscatto perliberare l'amministratore della DC napoletana).
Il PCI è invececonvinto che senza più Moro avrà a che fare con un gruppo dirigentedemocristiano del tutto sbilanciato e senza più remore a suo favore.
Èquindi Craxi l'unico segretario di partito a cui il leader prigionierosi rivolge con fiducia: "Ti scongiuro - gli scrive - di fare in ognisede opportuna tutto il possibile nell'unica direzione giusta che non èquella della declamazione. Anche la DC sembra non capire. Ti sareigrato se glielo spiegassi anche tu con l'urgenza che si richiede. Nonc'è un minuto da perdere. Mi pare tutto un po' assurdo, ma quel checonta non è spiegare ma, se si può far qualcosa, di farla".L'iniziativa di Craxi trova immediatamente l'appoggio di Saragat. Suincarico della moglie di Moro, Craxi incontra l'avvocato Giannino Guisoche è tra i difensori dei brigatisti che con Renato Curcio sono in quelmomento sotto processo a Torino. Nella DC, anche se il vertice è giàtutto preso nella spartizione dei posti e nel disegnare l'organigrammasuccessivo alla morte di Moro,8 si registrano diverse esitazioni sulla linea di abbandonare il Presidente del Partito al suo destino.9
Il 27 aprile alla notizia che Zaccagnini è andato da Craxi e cheFanfani riceve la moglie e i figli di Moro, Berlinguer teme qualcosa afavore di Moro ed allarmato convoca una riunione straordinaria dellaDirezione "sulla sortita del PSI per la liberazione di Moro". "La DC ènella tempesta" titola il "Corriere della Sera" il 1° maggio. Seguonogiornate che vedono Andreotti, Cossiga e Berlinguer sempre più indifficoltà nel sostenere la "fermezza" anche perché le indagini giranoa vuoto. "Nelle ultime giornate - ricorda Ugo Pecchioli - cominciava aprofilarsi una pericolosa tendenza alla trattativa". E aggiunge: "Noneravamo affatto sicuri che la Direzione della DC avrebbe retto".10Moro è infatti ucciso proprio la mattina di quel martedì 9 maggio incui la Direzione della DC è convocata per una verifica della lineadella "fermezza". Fanfani che è Presidente del Senato - dopo averincontrato segretamente Craxi - ha dato segni di cambiamento e il suoseguace, Bartolomei, presidente dei senatori dc ha rilasciato domenicauna dichiarazione possibilista circa la proposta di Craxi: laliberazione di un detenuto - malato ed imputato non per fatti di sangue- come atto "umanitario" e unilaterale senza trattativa.
"La DC - avevaaffermato il rappresentante fanfaniano - ha sollecitato il governo aesaminare la praticabilità delle varie iniziative prospettate per laliberazione di Moro". Lunedì Fanfani aveva ottenuto la convocazionedella Direzione. Si diffonde la voce di Leone "con la penna in mano"per la firma di un atto di clemenza. Se passa la linea che Craxi incodice chiama "misura per misura" - cioè lo scambio "uno contro uno" -sarebbe la rottura con il PCI e rimarrebbe una maggioranza DC-PSI. "Lohanno ucciso - ammette oggi Cossiga - il giorno della direzione dellaDC, quando Fanfani avrebbe proposto di convocare il Consiglio Nazionaleper dibattere sulla trattativa. E quel Consiglio era ormai talmentedisperato che avrebbe votato a favore".11
A trent'anni di distanza va quindi riconsiderata la vicenda tenendo presente comecontro i socialisti vi fu un "fronte della fermezza" che aveva le sueragioni tra nobiltà e orrori. Vi erano, schematicamente, trecomponenti.
1. La convinzione che una "trattativa" avrebbeincoraggiato nuovi rapimenti e che al terrorismo bisognava reagire conuna intransigenza morale nel richiamo ai valori dell'antifascismo: comesostenevano Leo Valiani, Sandro Pertini e lo stesso Pietro Nenni (cheper affetto e lealtà verso Craxi non lo disse pubblicamente).
2. Lostato di necessità in cui si trovavano i comunisti che appena entratiin maggioranza certo non potevano dare l'impressione di "dialogo" o"entrature" con l'estremismo rivoluzionario.
 Quel che il Pci invecepoteva evitare era la criminalizzazione dei socialisti. Berlinguer inquelle settimane coltivò la speranza di annullare i socialisti e diimpossessarsi della Dc il cui vertice era talmente spaesato e deboleche vedeva il segretario Zaccagnini sottoporre prima alle BottegheOscure i documenti da presentare alla Direzione del suo partito.
3.Il desiderio di sbarazzarsi di Moro. Vi fu infatti una dimensioneorrendamente tragicomica nella vicenda di quelle settimane: da un latoi brigatisti convinti di tenere in scacco ciò di cui Moro era leader edall'altro quanti non vedevano l'ora di non avere più Moro come leadere che davano segni di spazientirsi di fronte al ritardo con cuiprocedevano i brigatisti nell'iter del processo e dell'esecuzione. Nelcorso delle settimane il piacere di non avere più Moro si sommò allapreoccupazione di un suo ritorno vivo dato il tenore delle sue letteresempre più bellicose e minacciose.
Il "caso Moro" ebbe certamenteuna dimensione ed una infiltrazione di dimensioni internazionali, ma lasua origine, la sua gestione e la sua conclusione furono tutteitaliane. Quanti inseguono dietrologie e scenari complicati nonvogliono guardare in faccia la realtà tutta italianadell'"organizzazione" terroristica e della "disorganizzazione" delloStato. La lotta vera e propria al terrorismo iniziò con la fine della"unità nazionale".


Note:
1 Sul ruolo diRoasio a Mosca nella eliminazione degli italiani v. Dante Corneli, "Ilredivivo tiburtino", Firenze 2000 e Giancarlo Lehner, "La tragedia deicomunisti italiani", Milano 2000. Roasio nel dopoguerra guiderà il PCIdi Torino, formerà e proporrà come proprio successore Ugo Pecchiolialla cui ombra maturerà la propria militanza comunista il magistratoLuciano Violante. Roasio, Pecchioli e Violante rappresentano lacontinuità del primato del PCI torinese nella elaborazione dellapolitica e della tattica comunista nazionale sui "Problemi dello Stato".
2Nel 1976 Cossiga aveva dato disposizione di non ostacolare ilriciclaggio dei finanziamenti sovietici al PCI ai funzionari delMinistero degli Interni che l'avevano scoperto: "Di che si tratta? Divaluta pregiata che entra in Italia? Sì? E allora lasci che entri". (v.Gianni Cervetti, "L'oro di Mosca", Milano 1993).
3 Gerardo Chiaromonte, "Le scelte della solidarietà democratica", Roma 1986
4 Chiara Valentini, "L'ultimo poker" in "Berlinguer", Milano 1989.
5Francesco Cossiga, "La passione e la politica", Milano 2000.Indirettamente anche Alessandro Natta conferma questa posizione del PCIdi considerare Moro "morto" sin dall'inizio: "Quando mi informarono delrapimento, capii subito che per Moro non c'era più nulla da fare"(Daniele Corte, Alessandro Natta, Privitera, Genova 2001, pag. 90.
6È interessante notare che il Memorandum della CIA su "Il rapimento Moroe la politica italiana" del 27 aprile 1978 (pubblicato dall'"Espresso"del 9 dicembre 1994) non faccia il minimo cenno all'iniziativa di Craxiinsistendo invece (al punto 11) sul fatto che il PSI è indisponibile astaccarsi dal PCI e che "i democristiani non hanno alcuna realisticaalternativa a una collaborazione con i comunisti". Spesso invece si èaffermato che dietro l'assassinio di Moro ci fossero gli americani edin particolare la CIA per colpire la collaborazione tra DC e PCI.
7Francesco Cossiga, che all'epoca avallò la decisione di sostenere chenelle lettere scritte da prigioniero Moro non era più lui, oggiammette: "Sono ormai certo della loro sostanziale autenticitàpsicologica e morale" (Francesco Cossiga, "La passione e la politica",Milano 2000)
8 Circa la discussione nel verticedemocristiano sugli organigrammi del "dopo Moro" mentre il Presidentedella DC era ancora vivo v. Amintore Fanfani, "Diario", "La Stampa", 19marzo 2000. Fanfani ricorda che anche Arnaldo Forlani era a favoredell'iniziativa "umanitaria". Fanfani che si era impegnato a sostenerela "svolta" nella riunione convocata per il 9 maggio fu infatti la solaautorità istituzionale invitata dalla famiglia Moro al funerale privatodi Torrita Tiberina.
9 Le reazioni critiche nascono anchedalla subordinazione di Zaccagnini al PCI: i comunicati della DC primadi essere diffusi vengono approvati da Berlinguer. Sandro Fontanascrive un articolo favorevole a Craxi sul "Giorno". Roberto Mazzottadichiara: "È nato un nuovo regime". Anche le leggi fatte approvare daAndreotti il 21 marzo appaiono anticostituzionali. Beria D'Argentine lecontesta, Luciano Violante, ancora magistrato, le difende. È un "girodi vite" inutile ai fini delle indagini: vengono diffusi elenchi di"ricercati" senza rendersi conto che alcuni si trovano già da tempo incarcere.
10 Ugo Pecchioli, "Tra misteri e verità", Milano, 1995.
11Francesco Cossiga, "La passione e la politica", Milano 2000. Per"Repubblica" (del 6.XII.2001) secondo lo storico dell'UniversitàCattolica di Milano Agostino Giovagnoli che ha visionato i verbalidella Direzione del 9 maggio '78 la riunione sarebbe stata del tuttoinutile e avrebbe confermato il "no" alla trattativa. Per l'esattezzaFanfani (come Craxi) non proponeva la trattativa ma "iniziative" edalle stesse parole di Giovagnoli emergono varie crepe. Donat Cattin -afferma Giovagnoli - "vorrebbe rompere l'alleanza con i comunisti" equindi si era pronunciato per un mutamento di linea. Inoltre anche unantagonista di Moro come Paolo Emilio Taviani sollecita un cambio dilinea in quanto "non chiude del tutto l'ipotesi del contatto con leBR". Secondo Giovagnoli l'ex ministro degli interni disse: "Per Sossinon abbiamo trattato, ma Moro è troppo importante". Va poi tenutopresente che i verbali conclusivi furono redatti dopo che la riunionevenne interrotta dalla notizia del ritrovamento del cadavere in viaCaetani. Sul pericolo reale di una svolta in seno alla DC

 


Data: 2008-03-19







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