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Obama e la questione ebraica

La polemica che ha contrapposto Barack e McCain non è solo una schermaglia elettorale

Voteranno in massa per Barack Obama candidato alla Casa Bianca gli ebrei americani tradizionalmente elettori “liberal” del partito democratico? Non è sicuro. O per lo meno il loro reale atteggiamento figura sino ad ora fra le incognite politiche che l'astro d'origine afro-americana dovrebbe affrontare se sarà lui a battersi, come sembra, contro il repubblicano John McCain nelle presidenziali.  Non è questione di poco conto se si considera - come sottolinea in una sua inchiesta l'International Herald Tribune (22.5.2008) - che l'elettorato   d'origine ebraica negli Usa, sempre molto assiduo alle urne, avrà un ruolo-chiave su scala nazionale per quanto riguarda le “speranze” del senatore nella prova finale di novembre. Fra gli altri stati dell'Unione il loro voto sarà cruciale in quello di New York, in California, nel New Jersey e in Florida dove rappresentano dall'8 al 10 per cento degli aventi diritto di voto.

Non c'è soltanto questa parte importante del corpo elettorale che il “junior senator” dell'Illinois deve accattivarsi. Determinanti per l'esito finale saranno anche i “Latinos”, le donne, i “blue collars” bianchi e gli elettori indipendenti. Ma l'atteggiamento dei votanti ebrei comporta un particolare e influente peso “qualitativo” giacché ha a che fare con la linea in politica estera di Obama e la sua personale credibilità riguardo ad Israele, Paese amico ed alleato degli Stati Uniti. Benchè all'interno delle comunità ebraiche americane vi sia anche chi, per così dire “da sinistra”, denuncia un pregiudizio razziale nei confronti dell'aspirante presidente, due sarebbero le correnti d'opinione su Obama. La prima ne ha un'immagine positiva per le sue posizioni a favore della giustizia sociale e dell'unità morale del Paese. Lontane quindi da alcuni filoni anti-ebraici presenti da tempo in settori  della comunità afro-americana. La seconda è nutrita invece di preoccupazioni e diffidenze sull'atteggiamento reale del giovane senatore verso il mondo ebraico e Israele, alla luce anche dei suoi rapporti (ora pressoché interrotti) con il pastore protestante e padrino spirituale Jeremiah Wright jr. della Trinity United Church a Chicago, un personaggio non alieno da sconcertanti intemerate estremistiche anche anti-Usa. C'è poi la questione, che si presta a polemiche strumentali nelle spietate “primarie” americane, dello scomparso padre kenyota un tempo musulmano di Obama, il quale però è cristiano protestante.

In realtà ciò che ultimamente ha messo in allarme il forte elettorato ebraico americano è la dichiarata apertura del candidato alla “nomination” verso imprecisati negoziati con l'Iran teocratico che sta armandosi nuclearmente e predica la scomparsa dello Stato ebraico. In politica estera l'aspirante ha molto da imparare e in fretta (soprattutto la prudenza). Tutto ciò in definitiva non giova alla sua campagna per la Casa Bianca. E non sembra improbabile che a novembre, se non cambia registro e se non si spiega francamente con i leader ebraici, Obama candidato rischi di perdere molti voti a favore di McCain, ritenuto più affidabile come del resto Hillary Clinton.


Data: 2008-06-01







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