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IL PD NON E' UNA CASA PER IL SOCIALISMO LIBERALE

PIA LOCATELLI - Le idee di 120 anni di progresso sono un patrimonio nazionale da valorizzare, non da barattare

di Pia Locatelli
(Parlamentare europeo e Vicepresidente dell'Internazionale Socialista)

E' la prima volta dopo molto tempo che qualcosa che dovrebbe essere normale, e che è normale nella vita dei partiti politici in qualsiasi Paese d'Europa, avviene in casa socialista, nel nostro partito: parlo di un congresso vero, un congresso dove si discute, con tre mozioni e due candidature alla segreteria nazionale del partito. Per la verità (con l'eccezione di Rifondazione Comunista, che nella sua vita interna è un esempio di liberalismo) questa mancanza esiste anche per gli altri partiti italiani, ma non ci rallegra. Io credo che già questo, l'avere aperto un dibattito politico trasparente sulla base di tre mozioni, dovrebbe essere un fatto di cui andare fieri: in mezzo a partiti di plastica, partiti azienda, partiti personali, partiti che magari eleggono il leader in "primarie" di grande impatto mediatico ma dal risultato scontato, possiamo dire che il nostro è un partito vero, è un partito di uomini e di donne che, dopo una grande, catastrofica (chiamiamo le cose con il loro nome) sconfitta elettorale, si interroga, discute, si confronta su opzioni diverse e su diversi uomini (o... donne).
Io sono fiera che il nostro sia un partito così: una vera comunità politica, senza proprietari, senza guru, senza azionisti con potere di veto.Qualcuno mi ha chiesto (raramente per la verità, più spesso trovo invece interesse sincero per il nostro congresso così normale, secondo me, ma così inusuale nel panorama politico italiano) se un partito ridotto ad una piccola forza possa "permettersi il lusso" di una discussione politica. Noi lo abbiamo scritto nella nostra mozione, la mozione 2, e lo dico qui ancora con forza: sì, noi abbiamo bisogno proprio di questo "lusso indispensabile": la democrazia.

Basta, compagni, con il "primum vivere". Ricordate certamente che questo motto latino lo lanciò Craxi. Dopo la sconfitta elettorale del 1976 disse che era necessario pensare al "primum vivere" e che le divisioni, le diatribe ideologiche, il "philosophari" dovevano venire dopo. Questo richiamo all'emergenza trovava anche una ragione più profonda nel sistema delle correnti organizzate. La divisione in correnti era stata nel Psi una debolezza che aveva intaccato l'autonomia del partito. Democrazia Cristiana e Partito Comunista avevano interferito nella stessa vita interna dei socialisti. Chi tra noi è meno giovane ricorderà bene la fallita unità socialista del 1966-69. L'unità del partito era quindi la condizione per la sua autonomia, per condurre una politica che davvero cambiasse la politica italiana e il Paese.
Più tardi, dopo la crisi di tangentopoli, l'unità è stata sentita di nuovo come una forma di emergenza. In attesa di ricostruire il Partito, ci siamo detti di nuovo tutti quanti che occorreva l'unità, occorreva ancora il "primum vivere". Ma questa emergenza è durata a lungo, troppo a lungo, ben quattordici anni. E abbiamo sbagliato.

L'unità del partito è diventata negli anni qualcosa di patologico, non l'unione delle diversità, ma la riduzione ad uno: ci sono realtà locali con un consigliere comunale che sostiene uno, al massimo due consiglieri regionali. Spesso qualcuno di questi singoli esige di essere anche segretario locale o regionale, con il risultato che le decisioni di linea politica, o per le candidature, sono nelle mani di pochissime persone, a livello nazionale, regionale, locale, arrivando a far coincidere il partito con un ristrettissimo gruppo dirigente.
Questa non è unità, ma impoverimento. L'asfissia delle risorse umane ha portato anche all'asfissia delle idee. "Primum vivere" per anni, mentre l'attesa ricostruzione non avveniva mai, e il partito rimaneva inchiodato ai suoi dati elettorali anno dopo anno. E come poteva essere altrimenti? Un partito che non si dedica al "philosophari", a produrre idee, ad un certo punto a cosa serve, a chi interessa? Si riduce a un problema dei suoi gruppi dirigenti. Ecco, esiste tra noi l'idea che un partito sia il suo gruppo dirigente.La doccia gelida della sconfitta elettorale di aprile ci ha riportati con i piedi per terra, mi auguro: con lo 0,98% non si può far finta di nulla.

Certo, la sconfitta elettorale di aprile ha responsabilità che sono fuori dal nostro partito: in primo luogo la scelta - irresponsabile - di Walter Veltroni di cercare una... sconfitta elettorale a spese proprio dei suoi alleati di governo. Ma se ci limitiamo a questo, finiamo per piangere sul destino cinico e baro. E invece quando perdi non puoi piangerti addosso. Noi, compagni, siamo stati poveri di mezzi, circondati dal silenzio dei giornali e delle televisioni, tutto vero... ma siamo anche stati incapaci di proporre con forza adeguata e coraggio le nostre idee. Ed è questa una responsabilità collettiva, non solo di Enrico Boselli, perché la nostra comunità, nel suo complesso, ha balbettato per anni ed ha utilizzato il meccanismo delle coalizioni come una sorta di placenta: siamo rimasti all'interno delle coalizioni senza fare politica in maniera autonoma e siamo stati percepiti, e in parte siamo stati, un alleato che si aggiungeva alle coalizioni di centrosinistra, senza essere decisivo.
 Non è un caso che in Europa la sinistra vincente sia quella di Zapatero, ossia una sinistra che fa il suo mestiere e quindi per prima cosa non segue quello che "vuole la gente". Per quello ci sono Beppe Grillo e la destra populista e leghista alla Savini, che dice che gli immigrati sono peggio dei topi. Occorre invece dire ai cittadini ciò che vuole la sinistra, essere credibili ed essere coerenti. Se rincorriamo la destra sulle sue parole d'ordine, non soltanto subiamo inevitabilmente la sua egemonia, ma i cittadini ci troveranno falsi, insinceri, inutili e, alla fine, una sbiadita copia della destra. E tra la copia e l'originale non c'è partita.

L'esempio classico è la questione sicurezza e immigrazione: di cosa stiamo parlando quando si parla di sicurezza? C'è qualcuno che dice che non si devono reprimere i reati? Nessuno lo dice, e negli ultimi 7 anni ne abbiamo avuto 5 di governo di destra e due di Prodi, vogliamo raccontarci che la criminalità è esplosa per via di Prodi? suvvia… Una donna non può uscire di notte per via degli immigrati, quando le statistiche dimostrano che quasi tutte le violenze sulle donne avvengono in casa o sul posto di lavoro? Quando non a scuola, addirittura.
Se la sinistra stabilisce che i suoi valori "sono fuori corso" e scimmiotta la destra, si crea un cortocircuito vistoso che lascia perplessi i simpatizzanti e sicuramente non convince gli incerti. Insomma, come spiegano gli americani, se accetti l' "agenda" dell'avversario, ossia di discutere soltanto i punti graditi all'avversario, hai già perso, perché hai accettato le sue priorità. O più semplicemente, come dice un proverbio veneto: “se rincorri qualcuno non arriverai mai primo”.

Lo stiamo vedendo ancora in questi giorni:
dopo le polemiche in sede europea, gli unici atti di seria opposizione alla dissennata politica governativa sull'immigrazione sono venuti dal governo spagnolo e ora dal nostro presidente Schulz che ha preteso un dibattito a Strasburgo. Mentre il PD, unica opposizione nel Parlamento italiano, discettava con Berlusconi di sbarramenti elettorali. Davvero è il caso di dire che, se i socialisti sono rimasti fuori dal Parlamento italiano, per lo meno grazie a Dio ancora ci sono al Parlamento Europeo, e si fanno sentire!Noi crediamo che i socialisti servono all'Italia: servono le nostre idee, serve la nostra storia. Specialmente se sapremo, noi per primi, esporle, elaborarle. Se torneremo ad essere un partito di idee avremo anche un futuro, oltre che una storia.Non pensiamo affatto che si debba disarmare, che si debba essere costretti a liquidare il partito perché solo nel Partito democratico ormai c'è spazio. A quelli che dicono (e lo dicono, anche se cercano di non farsi sentire!) che non vogliono fare "la fine di Boselli", io rispondo che tanto meno voglio finire con Di Pietro, e neppure come ospite mal sopportato nel Partito Democratico… questa è una fine anche peggiore per i socialisti!

A proposito di PD e del suo leader Veltroni: nella prima assemblea dei 2.800 delegati del PD (sedie in sala per la metà, comunque sala mezza vuota, assemblea conclusa con un giorno di anticipo per evitar un fiasco ancor peggiore), Veltroni ha "incoronato" Riccardo Nencini come segretario del Partito Socialista. Non abbiamo ancora cominciato i congressi e già Veltroni, come Togliatti cinquant'anni fa, incorona, durante l'assemblea del Partito democratico, il segretario del Partito socialista. Capisco che il segretario del Pd sia interessato alla nomina di Riccardo Nencini, vista la propensione di quest'ultimo verso il Partito democratico, ma ci pare che il leader del Pd si sia spinto un po' troppo in là; la stragrandissima maggioranza dei compagni e delle compagne socialisti non si è ancora pronunciata!!! Io credo che Nencini avrebbe dovuto reagire a questo atto di mancanza di rispetto e di arroganza, a meno che... ci sia qualche ragione per questa preferenza di Veltroni verso Nencini e questa acquiescenza di Nencini verso Veltroni.
Tornando ai nostri progetti: c'è spazio per ricostruire una sinistra riformista, che parli dai radicali alla sinistra Arcobaleno non comunista, ai sindacati che per la prima volta nella storia repubblicana non hanno un partito di riferimento (Veltroni l'ha esplicitamente negato), e ai giovani precari veri e reali e non rappresentati da qualche figlia di papà messa in lista perché telegenica. Poiché riteniamo tutt'altro che stabilizzato il quadro della sinistra italiana e pensiamo che l'area delle forze che possono riconoscersi nel Socialismo europeo riguardi gran parte del PD e della ex Sinistra Arcobaleno, il nostro obiettivo è di contribuire a coinvolgerle tutte nella formazione di un grande Partito Socialista in cui possono convivere correnti diverse, come avviene in tutti i Partiti Socialisti europei. E di saldare a questo processo, o in forma organica o in forma federativa, le componenti laiche e liberali di sinistra. Le ragioni dell'esistenza di un Partito Socialista in Italia come organizzazione autonoma stanno in questo nostro obiettivo.Obiettivo chiaro che non è compatibile con la nostra confluenza nel PD. Infatti l'aggiunta di un'altra minuscola frazione di forze socialiste a un Partito che è nato facendo dell'ambiguità ideologica e della non scelta la sua ragion d'essere e che si è dato una struttura organizzativa che non consente una effettiva agibilità democratica, non cambierebbe i termini di una dialettica che deve ancora prendere corpo effettivamente al suo interno. Il Partito Socialista può sollecitare questo processo con un'azione di lotta politica e di stimolo critico. La prospettiva dei Socialisti e quella del PS è di essere il lievito di idee e proposte per una sinistra riformista che oggi non c'è ma che ha nell'adozione delle idee e del metodo socialista europeo la sua sola chance di esistere. Ho riflettuto sulla figura di Giacomo Matteotti, in questi giorni in cui è da poco (10 giugno) ricorso l'anniversario del suo assassinio, che come ogni anno i compagni polesani commemorano nel paese natale. Matteotti, più di ottant'anni fa, fu un riformista che seppe ben avversare il mito sovietico, i rigurgiti rivoluzionari. Ma oggi cosa significa essere riformisti? Il Riformismo è un metodo: serve per realizzare programmi, attuare idee, concretizzare valori. Senza la bussola dei valori socialisti, "riformismo" è vuota tecnica di governo, modernizzazione senza progresso. Oggi che tutti si dichiarano "riformisti" vediamo che si confondono mezzi e fini, metodi e contenuti. Credo che nessuno più di me, che nasco professionalmente imprenditrice, può apprezzare il richiamo alla modernità e all'efficienza economica. Ma questi sono comunque i mezzi con cui il vero riformista attua i suoi fini, che sono la giustizia e la dignità di tutte le persone. Modernizzazione ed efficienza assurti a fini, e non a mezzi necessari, ecco dove la sinistra italiana ha perduto l'anima!

Per questo oggi dobbiamo lasciar cadere assurdi muri e muretti, e riprendere a parlare tra noi, persone di sinistra, provenienti da tradizioni sia riformiste sia radicali. Occorre ricostruire, perché non ha molta importanza davvero se io o qualcun altro non è personalmente in Parlamento, ma in Parlamento oggi sono deboli e mal rappresentate idee, istanze e sensibilità che sono nel Paese, tra i cittadini, e sono quelle che per un secolo hanno fatto andare avanti il Paese. No, non possiamo essere una corrente od una fondazione: abbiamo bisogno del nostro partito, come in tutta Europa, il Partito del Socialismo europeo in Italia.

Non crediamo, francamente, che il socialismo in Italia sia confinato al nostro 1%. Le idee e il bisogno di una società giusta, equa, libera sono molto più diffusi. Dobbiamo essere un catalizzatore, e per questo serve un partito autonomo, libero, che possa fare, come abbiamo scritto nella mozione, una politica "corsara", che vuol dire semplicemente una politica libera, di confronto. Il dibattito che portiamo dentro al partito ancora di più vogliamo portarlo fuori del partito, a tutto campo. Vogliamo fare politica, mettendoci in gioco, senza paura di perdere poltrone o poltroncine. Quelle le perderemo comunque, se non saremo una comunità libera e vitale, capace di interpretare il futuro.
La sinistra e in particolare il nostro Partito hanno segnato la storia del mondo e dell'Italia per quasi 120 anni, individuando soluzioni non conformiste, dando dignità ai lavoratori, rendendoli coscienti dei loro diritti: le conquiste sociali e civili del secolo scorso sono opera nostra. Non possiamo accontentarci del nostro passato glorioso, dobbiamo pensare al futuro, nella consapevolezza che il Partito deve proporsi come portatore sano di innovazione di qualità, pur ben radicato nella sua memoria e nei suoi ideali.Questo Partito o si dà un disegno complessivo di società o resta marginale.Quindi originalità e qualità sui grandi temi: scuola, certamente pubblica ma dove conti il merito degli insegnanti e degli studenti; lavoro, a proposito del quale non è possibile che un servizio flessibile costi meno di un servizio rigido; garanzie al reddito per i lavoratori in un mercato mobile e intermittente; forze dell'ordine, in proporzione ne abbiamo più che in tanti Paesi europei e questo dovrebbe ben dirci qualcosa sulla difficoltà di garantire la sicurezza senza prevenzione sociale; casa, che sia garanzia di mobilità sociale per i giovani e di mobilità geografica per i lavoratori; informazione, e non siamo piazzati bene nella graduatoria mondiale della libertà d'informazione; Europa; parità tra i sessi; e ancora, ancora, tutto quello che il Congresso socialista dovrà esprimere.

Ci vuole la nostra Epinay, come fece nel 1971 in Francia François Mitterrand, dobbiamo rivolgerci a tutti quei socialisti che non sono nel piccolo Partito Socialista, a tutti coloro - e sono molti di più dell'1% - che condividono i nostri ideali ma che non abbiamo saputo convincere sinora a camminare insieme a noi.
 Ho deciso di presentare la mia candidatura alla Segreteria del Partito Socialista nel momento più drammatico della sua storia. Uso il vocabolo "storia" perché noi abbiamo fatto la storia e non possiamo rassegnarci alla cronaca.Porto come bagaglio la mia esperienza di Presidente dell'Internazionale Socialista Donne, di Vicepresidente dell'Internazionale Socialista, di parlamentare europea.  


Data: 2008-07-06







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