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ELEZIONI USA. INTERVISTA A SPENCER DI SCALA
Il punto di vista e le previsioni di un autorevole esponente del mondo culturale americano
di Fabio Lucchini


D: Professor Di Scala, molti guardano  alle prossime elezioni americane (le presidenziali ed il rinnovo parziale del Congresso) come ad una possibile svolta epocale. Dopo un quarantennio sostanzialmente egemonizzato dal Partito Repubblicano, l'Era Conservatrice volge al termine? 

R: Non credo, direi piuttosto che i repubblicani vivono un momento di difficoltà, legato soprattutto al distacco con cui gli evangelici, chiave di volta delle vittorie di Bush, stanno partecipando alla campagna elettorale. Gli evangelici non costituiscono semplicemente un grande serbatoio di voti per i repubblicani, ma sono anche molto efficienti nell'organizzare la propaganda elettorale. Un loro scarso impegno e coinvolgimento potrebbe danneggiare gravemente il Grand Old Party. 

Del resto, i candidati in lizza non entusiasmano certo la base evangelica. Romney, pur presentandosi come conservatore, è penalizzato dal fatto di essere un mormone. McCain è troppo liberal e spaventa per la sua posizione favorevole ad una sanatoria sull'immigrazione irregolare. L'apertura mentale di Giuliani rispetto ai diritti degli omosessuali, la sua posizione favorevole all'aborto e la sua condotta privata (si è risposato), lo allontanano dagli evangelici. Huckabee con il suo background religioso sarebbe il candidato ideale, ma la debolezza di alcune sue posizioni politiche e la scarsità di fondi a disposizione alla lunga potrebbero estrometterlo dalla corsa. Ciononostante, ripeto, non credo siamo alla fine di un'epoca, tanto più che i democratici non paiono avere nulla di particolarmente innovativo da offrire.

Anche i Democrats devono infatti confrontarsi con alcune criticità. Di Hillary Clinton non si può certo dire che rappresenti il nuovo né che sia una leader amata nel Paese. Anzi, è chiaramente la più odiata. L'appoggio del marito non cambierà questo dato di fatto, addirittura potrebbe peggiorare la situazione. In molti ancora ricordano il fallimento dell'Hillary Care, il tentativo di estendere la Sanità Pubblica affidato alla first lady all'inizio della presidenza di Bill. Un rovescio talmente clamoroso da inibire ogni serio intervento sul tema nei successivi 15 anni.

Attualmente, la Clinton pare intenzionata a rilanciare il suo vecchio progetto, ma la portata innovatrice della sua proposta è alquanto limitata. L'ex first lady si ispira alla legge in vigore nel Massachusets, che impone a tutti i cittadini di dotarsi di un'assicurazione privata sanitaria. Lo Stato si impegna a mediare con le assicurazioni per strappare prezzi più bassi, causando però un peggioramento nella qualità del servizio. E' perlomeno sospetto che molte agenzie assicurative attive nel settore sanitario siano contribuenti generosi della campagna elettorale della Clinton.

Il grosso vulnus di Obama riguarda invece la sua mancanza di esperienza. Ad ogni modo, proponendosi come un leader intenzionato a ricomporre le fratture tra le anime del Paese, è difficile aspettarsi grandi svolte da una sua eventuale presidenza. In sostanza, non è il caso di farsi grandi illusioni di cambiamento, anche in caso di trionfo democratico.

D: Sinora la campagna elettorale è stata dominata dagli aspetti mediatici dello scontro fra le diverse personalità. Ma quali saranno le tematiche decisive su cui si giocherà la partita per la Casa Bianca. Al di là dell'apparenza, cosa interessa concretamente agli americani? 

R: L'economia è la big issue. Con lo spettro della recessione che aleggia, sarà importante che i candidati si mostrino credibili ed avanzino ricette convincenti per tutelare la salute dell'economia nazionale (e conseguentemente di quella globale) ed il mantenimento dello stile di vita degli americani. Dato che la “cura Petraeus” sta dando i suoi effetti, la situazione irachena non appare in questo momento in cima all'agenda. Un altro aspetto importante, anche se probabilmente meno decisivo rispetto al 2004, riguarda i valori e la religione. Il dibattito su aborto, diritti dei gay e laicità dell'istruzione avrà sicuramente un suo peso, ma non credo risulterà determinante come lo fu a vantaggio di George W. Bush quattro anni fa.

D: Si è fatto un gran parlare di “primo presidente nero” o di “primo presidente donna”. Che influenza avranno razza e tematiche di genere nella corsa presidenziale? 

R: Davvero non saprei. Molti sostengono che tutto ciò non sarà importante, ma in realtà è prematuro parlarne. Non ci sono precedenti e dunque ritengo complicato fare previsioni al riguardo. Mai prima d'ora vi erano stati né un candidato nero alla presidenziali così accreditato, il caso di Jesse Jackson non è paragonabile, né una pretendente donna con serie possibilità di vittoria.

Piuttosto, preferirei soffermarmi su altri aspetti della questione etnico-razziale. Demograficamente parlando...



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