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IL MONDO DOPO BUSH? LO STESSO DI BUSH
Parla il consulente di Obama per la Foreign Policy, Parag Khanna
di Simona Bonfante alla NYC 2008 della Fabian Society


Non c’è think tank europeo che non sia pronto oggi a scommettere che l’America dopo Bush sarà tutta un’altra America. Tra i progressisti, poi, l’entusiasmo finisce con il prevalere sulla cautela, nella convinzione che il cambiamento non solo ci sarà ma sarà un cambiamento radicale; sarà, soprattutto, un cambiamento democratico. 

Sulla futura nuova leadership americana vengono, infatti, riposte le aspettative di quanti credono che, dal prossimo novembre – quando finalmente si andrà al voto negli States – ci risveglieremo tutti in un mondo nuovo in cui le divisioni, le guerre, le insidie globali saranno spazzate via d’un sol colpo dalla nuova faccia presidenziale.

“Purtroppo, però, il mondo dopo Bush continuerà ad essere lo stesso mondo di Bush – con la piaga dell’Iraq, delle alleanze spaccate, del terrorismo imbattuto, dell’antiamericanismo.” 

Una così sconsolante profezia non viene da ambienti repubblicani, ma è quanto ha osservato Parag Khanna, il consulente per la politica internazionale del candidato democratico alle primarie, Barack Obama, in un’intervista rilasciata al New Statesman alla vigilia della Conferenza internazionale organizzata a Londra dalla Fabian Society, sabato 19 gennaio.

Khanna che con il suo intervento ha contribuito a sgonfiare l’ambizione Fabiana a “cambiare i mondo”, ha ammesso che non uno dei problemi globali che oggi si imputano a Bush abbiano in Bush una causa. Per Khanna, infatti, quelli sono fenomeni innescati già negli Anni 90. La colpa di Bush, semmai, è di non aver saputo far nulla per disinnescarli.

Il futuro Presidente degli Stati Uniti, pertanto, chiunque esso sarà, si troverà in dote un edificio eroso dalle fiamme, e prima di costruirne uno nuovo – o promettere di farlo - sarà costretto a soffocare le fonti che continuano ad alimentare i focolai.

Senior Researcher e Direttore della Global Governance Initiative presso la New America Foundation, Parag Khanna è autore di “The Second World: Empires and Influence in the New Global Order”, di prossima pubblicazione anche in Gran Bretagna per i tipi della Penguin.

Reclutato da Obama per contribuire a definire una piattaforma sensibile alla volontà di cambiamento espressa dalla nuova generazione democratica che ne sostiene la candidatura, Khanna ha elaborato, innanzi alla platea laburista, un ragionamento partendo da un punto di vista originale. “Il mondo – sostiene - è già in movimento. L’Unione Europea, in continua espansione, sta già infatti costruendo un ordine post-atlantico, euro-centrico, che va dall’Irlanda all’Azerbaijan ed arriva al Nord Africa attraverso le pipeline, ai paesi del Golfo attraverso accordi di libero scambio, ed alla Cina con gli accordi economici stipulati alla pari”.

Analogamente, anche la Cina ha preso l’iniziativa, promuovendo una “sfera di co-prosperità” che, attraverso l’Asia orientale, arriva con la Shanghai Cooperation Organization (SCO) a lambire l’Asia centrale. 

“In un contesto simile – osserva Khanna – il compito del prossimo leader Americano non è quello di pretendere che gli Usa possano o vogliano continuare a comandare il mondo. Piuttosto – continua – il prossimo Presidente dovrà dedicarsi alla politica interna, all’immigrazione, alla sanità, all’istruzione, alle infrastrutture –  settori, questi, dove mancano il consenso politico, la disponibilità finanziaria e la competenza politica.” 

Da questo punto di vista, sembra dunque delinearsi un ritiro americano dallo scenario internazionale. O meglio, una presenza responsabile che impegni gli Usa quel tanto che basta a contribuire a risolvere i guai cui, negli ultimi anni, si è mancato di trovar rimedio, come l’Iraq.

Secondo lo stratega di Obama, la cosa da fare laggiù è pianificare l’uscita, negoziando una presenza continuata delle truppe statunitensi che, a suo dire, sarà quanto suggerirà il Pentagono.  Poi, naturalmente, c’è l’assoluta necessità di risollevare l’ Afghanistan e contribuire a stabilizzare il Pakistan.

“Il mondo – osserva Khanna – ne ha piene le tasche delle brillanti soluzioni americane. L’obiettivo dunque deve essere recuperare la modestia e calibrare strategie su misura, non sottoscrivere in bianco dottrine globali.”

Solo in tal modo, è il suo ragionamento, si potranno ricostruire le relazioni bilaterali con i paesi europei e dell’America Latina e così rinnovare le motivazioni – politiche, ideali, economiche - per la comune cooperazione ad affrontare le priorità del mondo. E tra queste, vi è senz’altro l’Iran. “La miscela iraniana composta da petrolio, terrorismo, armi nucleari, tecnologia e investimenti, è talmente esplosiva che solo con il bastone europeo e la carota americana, e la volontà della Cina di rimanerne fuori, si potrà sperare in una soluzione.” 

L’Europa as...



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