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Un figlio di Putin

di Valentina Valota



(pagina 2)

...       Safranov non è né il primo, né il secondo, né il decimo (sempre che ci sia una differenza sostanziale tra ammazzare un essere umano innocente o cento) giornalista caduto sul campo di Russia. La International Federation of Journalists (IFJ) ha stimato che l’ex colonnello cronista ricopre la posizione 250 da quando l’Unione Sovietica si è dissolta. La numero 40 dal 2000, anno in cui Eltsin ha passato il testimone della presidenza a Vladimir Putin.

Nella fossa comune dei numeri, c’è anche una mente nobile, che in qualche modo rappresenta il detonatore dell’attenzione internazionale sulla diffusione della violenza alla parola dei media in Russia. Anna Politovskaja, Giovanna d’Arco della Cecenia sommersa dallo tsunami del programma di lotta al terrorismo del presidente Putin, la donna intrepida che indagava per conto della Novaja Gazeta. Bernard Henri Levy chiede spiegazioni direttamente a Putin e non smette di piangere la morte de “la coscienza della Russia”. A Qualcuno sentire la propria coscienza che blatera sulla spalla dà molto fastidio. Così Qualcuno l’ha schiacciata con il piede, come Pinocchio col Grillo Parlante. Nella hit parade russa degli omicidi su procura di giornalisti lei si posiziona al numero 13. Sui muri di via Lesnaja di Mosca, lì dove lei viveva e moriva il 7 ottobre 2006, oggi si legge “Le mani sporche degli assassini fanno sorridere gli eroi! Onore ad Anna Politovkaja, angelo del coraggio di sempre”. “La giustizia lavora a pieno ritmo ma non vi sono nuove risultanze”, Putin ha risposto alla cancelliera tedesca (e presidente di turno dell’Unione Europea) Angela Merkel, che gli aveva chiesto espressamente a che punto erano le indagini sulla morte della Politovskaja (a differenza del nostro governo che ha beffardamente dichiarato ai giornalisti italiani di aver accolto la richiesta di Putin di non politicizzare un omicidio politico e, in coerenza, nell'incontro di Mosca si è parlato di politica estera e, ora abbiamo visto, anche di contratti. S.car.). È proprio durante quello stesso incontro che la Merkel ci ha tenuto a marcare una forte discontinuità rispetto al predecessore Schroeder, la cui politica estera aveva tratti filorussi. Ma questo si era già capito il giorno in cui aveva battuto i pugni sul tavolo definendo “inaccettabile” il fatto che Mosca avesse sospeso deliberatamente il rifornimento all’Europa di gas e petrolio a causa delle beghe con la Bielorussia. (L’Europa dipende dalla Russia nella misura del 33 per cento per il petrolio e del 50 per cento circa per il gas nella copertura del proprio fabbisogno energetico).

 

 “Due applausi per la democrazia: uno perché ammette la varietà, due perché permette la critica. Due applausi sono perfettamente sufficienti; non c’è nessun motivo di arrivare a tre”. Parole dello scrittore inglese Edward Morgan Forster.

Riflettendo, possiamo tranquillamente sostenere che la critica alle iniziative governative russe non può respirare. I media sono rigidamente controllati (quelli statali da ex agenti del Kgb, amici e allievi di Mr. Putin), le notizie pompate e affievolite a misura di ragion di stato. E, se s’insiste a fare inchieste su casi tabù, la mannaia è puntuale più d’un orologio svizzero.

Quindi eliminiamo il primo requisito – diritto di critica – di un sistema democratico per quanto riguarda la democrazia che fingeva di emergere dalle macerie dell’Unione Sovietica.

...


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